Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20284 del 25/09/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 20284 Anno 2014
Presidente: CECCHERINI ALDO
Relatore: MERCOLINO GUIDO

Data pubblicazione: 25/09/2014

nistrativa – accerta-

SENTENZA

mento dei crediti

sul ricorso proposto da
BONI MAURO, elettivamente domiciliato in Roma, alla via Tagliamento n. 14,
presso l’avv. CARLO MARIA BARONE, dal quale è rappresentato e difeso in
virtù di procura speciale a margine del ricorso
RICORRENTE

contro
C.E.P. – COMPAGNIA EUROPEA DI PREVIDENZA S.P.A. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, in persona dei commissari liquidatori
p.t. avv. Carlo D’Acunti e rag. Alfio D’Urso, elettivamente domiciliata in Roma, al
largo Gen. Gonzaga n. 2. presso l’avv. ALESSANDRO PAZZAGLIA, dal quale è
rappresentata e difesa in virtù di procura speciale in calce al controricorso
CONTRORICORRENTE

avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 1224/07, pubblicata il 13

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i’ARG 29833-07 Boni-CEP Spa in lei’ – Pag. I

marzo 2007.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27 maggio
2014 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Umberto APICE, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. — Con sentenza dell’8 ottobre 2002, il Tribunale di Roma accolse l’opposizione proposta dalla C.E.P. – Compagnia Europea di Previdenza S.p.a. in liquidazione coatta amministrativa avverso il decreto ingiuntivo emesso il 25 maggio
2000 su ricorso dell’arch. Mauro Boni, dichiarando improponibile la domanda di
pagamento del compenso da quest’ultimo richiesto per prestazioni professionali
rese su incarico del commissario liquidatore.
2. — L’impugnazione proposta dal Boni è stata rigettata dalla Corte d’Appello di Roma con sentenza del 13 marzo 2007.
Premesso che il credito azionato, riguardante il compenso dovuto per attività
finalizzate alla concessione del condono edilizio, in vista del conseguimento di un
maggior ricavo in sede di liquidazione degl’immobili della società, traeva origine
da un incarico conferito all’appellante con lettera del 20 marzo 1986, non essendo
stato provato che le medesime prestazioni fossero state in precedenza commissionate anche dalla società in bonis, la Corte ha ritenuto che l’attività prestata dall’appellante fosse riferibile alla procedura concorsuale. Ciò posto, ha affermato che la
temporanea improponibilità delle domande di accertamento dei crediti nei confronti della società posta in liquidazione coatta si estende anche ai crediti sorti dopo l’apertura della procedura concorsuale, i quali, pur facendo capo alla gestione

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udito l’avv. Pazzaglia per la controricorrente;

commissariale ed essendo prededucibili ai sensi dell’art. 111 del regio decreto 16
marzo 1942, n. 267, sono assoggettati alla previa verifica in sede amministrativa,
demandata al commissario liquidatore, e non possono quindi essere fatti valere di-

3. — Avverso la predetta sentenza il Boni propone ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo. I commissari liquidatori resistono con controricorso, illustrato anche con memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. — Con l’unico motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione
e la falsa applicazione degli artt. 112 e 345 cod. proc. civ., dell’art. 12 disp. prel.
cod. civ., e degli artt. 52, 93, 95, 111, 201, 202, 207 e 209 della legge fall., osservando che in materia fallimentare la regola della sottoposizione dei crediti all’accertamento concorsuale si estende anche ai crediti prededucibili, ma solo a condizione che gli stessi siano stati contratti per l’amministrazione ed il funzionamento
della procedura, e non trova pertanto applicazione per i crediti meramente occasionati dalla procedura. Aggiunge che, nonostante il rinvio dell’art. 201 all’art. 52
della legge fall., la predetta regola non può essere estesa ai crediti sorti nei confronti del commissario liquidatore dell’impresa posta in liquidazione coatta amministrativa, non essendo tale organo identificabile con il fallito, al quale fa espressamente riferimento la norma richiamata, e determinandosi altrimenti uno squilibrio in favore del commissario liquidatore, che resterebbe unico arbitro della sorte
dei propri debiti. Afferma che nella liquidazione coatta amministrativa non opera
la vis attractiva del tribunale che ha dichiarato lo stato d’insolvenza, non trovando
applicazione la deroga all’ordinaria disciplina della competenza prevista dall’art.
24 della legge fall. in ragione dei poteri d’impulso, direzione e controllo spettanti

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nanzi al Giudice ordinario finchè tale verifica non sia stata compiuta.

al tribunale fallimentare. Sostiene infine che la disciplina del concorso ed il procedimento di verificazione del passivo si applicano esclusivamente ai crediti concorsuali, ovverosia a quelli sorti anteriormente alla dichiarazione di fallimento o

fronti del commissario liquidatore, i quali, in caso di contestazione, devono essere
fatti valere in sede contenziosa secondo le ordinarie regole di competenza.
1.1. — Il motivo è infondato.
La questione in esame è stata già affrontata da questa Corte in riferimento ad
un analogo giudizio promosso dal medesimo ricorrente, ed è stata risolta in senso
contrario alla tesi da quest’ultimo sostenuta, mediante la riaffermazione del principio di diritto, già enunciato in precedenza, secondo cui, nella liquidazione coatta
amministrativa, tutti i crediti, ivi compresi quelli che hanno titolo nell’amministrazione della procedura, devono essere fatti valere esclusivamente nelle forme previste dagli artt. 201, 207 e 209 della legge fall., con la conseguente preclusione di
forme di tutela differenti dall’accertamento endofallimentare. L’art. 201 cit., richiamando gli art. 51 e 52 della legge fall., che disciplinano il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito, stabilendo il divieto di azioni esecutive individuali
sui beni compresi nel fallimento, senza distinguere tra i creditori della massa e
quelli concorsuali, prevede infatti la concentrazione presso un unico organo giudiziario delle azioni dirette all’accertamento del passivo, con l’inderogabile osservanza di un rito funzionale alla realizzazione del concorso di tutti i creditori; pertanto, anche i crediti che godono del trattamento di prededuzione non possono essere fatti valere in via ordinaria, mediante la proposizione di azioni di condanna o
di azioni di accertamento, prodromiche a quelle di condanna, ma devono essere
accertati secondo le disposizioni dettate per la verificazione dello stato passivo, le

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fondati su una causa anteriore, e non sono invece riferibili ai crediti sorti nei con-

quali, d’altronde, non comportano la perdita della tutela giurisdizionale, restando
consentita l’opposizione ai sensi dell’art. 98 della legge fall., richiamato dall’art.
209. A tale rito devono quindi ritenersi assoggettati, in funzione delle esigenze di

mento in sede concorsuale, anche i crediti di massa, i quali non sono una categoria
diversa dai crediti concorsuali, trovandosi anch’essi in posizione di concorso, coerentemente con la regola desumibile dall’art. 111 della legge fall., secondo cui la
fase satisfattiva è comune a tutti i crediti, ivi compresi quelli aventi la loro genesi
nel corso e nell’interesse della procedura, ai quali è assegnato il primo posto nell’ordine di distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo (cfr.
Cass., Sez. I, 9 gennaio 2013, n. 339; 17 gennaio 2001, n. 553).
In virtù di tale principio, che il Collegio condivide ed intende ribadire anche
in questa sede, la configurabilità del credito fatto valere dal ricorrente quale credito di massa, in conseguenza della sua riconducibilità ad un incarico professionale
conferito in epoca successiva all’apertura della procedura concorsuale, non può
essere considerata di per sé sufficiente a sottrarre il creditore alle regole del concorso, le quali impongono la preventiva proposizione della domanda dinanzi al
commissario liquidatore, consentendo il ricorso alla tutela giurisdizionale soltanto
all’esito della formazione dello stato passivo (cfr. Cass., Sez. I, 25 maggio 2001, n.
7114; Cass., Sez. lav., 11 agosto 2000, n. 10654; Cass., Sez. III, 17 dicembre
1999,n. 14231).
2. — Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

P. Q .M.
La Corte rigetta il ricorso, e condanna Boni Mauro al pagamento delle spese pro-

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economia e speditezza processuale cui risponde la concentrazione dell’accerta-

cessuali, che si liquidano in complessivi Euro 9.200,00, ivi compresi Euro
9.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli
accessori di legge.

ma Sezione Civile

Così deciso in Roma, il 27 maggio 2014, nella camera di consiglio della Pri-

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