Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20282 del 07/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/10/2016, (ud. 21/07/2016, dep. 07/10/2016), n.20282

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25521-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope – legis;

– ricorrente –

nonchè contro

D.M.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 96/08/2011 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di TRIESTE, depositata il 20/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CONTI ROBERTO GIOVANNI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

D.M.M., esercente la professione di rappresentante di commercio, impugnava dinanzi alla CTP di Gorizia il silenzio – rifiuto con cui l’Agenzia aveva rigettato l’istanza di rimborso dell’IRAP versata per gli anni dal (OMISSIS). La CTP rigettava il ricorso ma la CTR, riformando la sentenza di primo grado, riteneva che il contribuente non fosse soggetto IRAP, avendo dimostrato di svolgere la propria attività senza personale dipendente nè collaboratori esterni e con l’ausilio di limitati mezzi istruttori.

L’Ufficio ha proposto ricorso per Cassazione affidato a due motivi. Il contribuente non ha depositato difese scritte.

Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, degli artt. 51 e 55 (ante riforma 2004) e dell’art. 2195 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La CTR avrebbe erroneamente escluso l’esistenza di autonoma organizzazione nonostante il contribuente si avvalesse dell’ausilio del coniuge quale collaboratore familiare.

Con il secondo motivo, l’Ufficio deduce il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. La motivazione della sentenza impugnata era insufficiente, avendo omesso di esaminare il fatto della collaborazione, da parte del contribuente, del coniuge nello svolgimento della propria attività e, sotto altro profilo, era altresì contraddittoria avendo la CTR, nella prima parte della sentenza, constatato pacificamente la presenza di un collaboratore familiare e, in conclusione, affermato che l’attività di rappresentante di commercio venisse svolta “senza personale dipendente”.

I due motivi di ricorso, che vanno esaminati congiuntamente, sono fondati.

Va premesso che l’IRAP afferisce non al reddito o al patrimonio in sè, ma allo svolgimento di un’attività autonomamente organizzata per la produzione di beni e servizi, sicchè ne è soggetto passivo pure l’imprenditore familiare ma non anche i familiari collaboratori atteso che la collaborazione dei partecipanti integra quel “quid pluris” dotato di attitudine a produrre una ricchezza ulteriore (o valore aggiunto) rispetto a quella conseguibile con il solo apporto lavorativo personale del titolare ed è, quindi, sintomatica del relativo presupposto impositivo – cfr. Cass. n. 12616/2016.

Peraltro, la giurisprudenza di questa Corte sotto il vigore dell’art. 360 c.p.c., n. 5, anteriore alla riforma di cui al D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b, ha avuto modo di chiarire che ricorre il vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente dell’insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione (Cass., n. 17477/2007; n. 6787/2012).

Orbene, nella specie la CTR, dopo avere riconosciuto che il contribuente si avvantaggiava nello svolgimento della sua attività della collaborazione del coniuge, ha negato che il predetto svolgesse la propria attività con l’ausilio di personale dipendente, tralasciando di considerare che tale elemento risultava dal quadro RG relativo al reddito d’impresa e, specificamente, dal rigo “quote imputate ai collaboratori dell’impresa familiare o al coniuge di azienda coniugale”.

Orbene, l’omesso esame del fatto anzidetto ha inficiato la logicità e completezza della motivazione della sentenza impugnata, se appunto si consideri che secondo la giurisprudenza di questa Corte l’imprenditore familiare è soggetto ad IRAP, integrando la collaborazione dei partecipanti quel quid pluris dotato di attitudine a produrre una ricchezza ulteriore (o valore aggiunto) rispetto a quella conseguibile con il solo apporto lavorativo personale del titolare (cfr., Cass., n. 1537/2014; Cass. n. 10777/2013; Cass. n. 12616/2016).

Sulla base di tali considerazioni, in accoglimento dei due motivi di ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR Friuli Venezia Giulia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Friuli Venezia Giulia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sesta sezione civile, il 21 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2016

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