Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20281 del 23/08/2017


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Cassazione civile, sez. II, 23/08/2017, (ud. 31/05/2017, dep.23/08/2017),  n. 20281

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9012-2013 proposto da:

E.C., ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE

PARIOLI 12, presso lo studio dell’avvocato ENGJELL AGACI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE BONSEGNA;

– ricorrente –

contro

P.G., + ALTRI OMESSI

– intimati –

avverso la sentenza n. 865/2012 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 12/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

31/05/2017 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.F., con atto di citazione del 16 luglio 1996, esponendo di essere proprietario del fondo ERSAP, sito in agro di (OMISSIS), in catasto al foglio (OMISSIS) particella (OMISSIS), e di esserne divenuto proprietario dopo la cessazione del riservato dominio da parte dell’ente di riforma, con atto del 17 ottobre 1984, aggiungeva di aver da sempre posseduto il fondo ed evidenziava, infine, che nel maggio 1995, aveva riscontrato che il fondo era stato arato, a sua insaputa, da tal E.C..

Pertanto, convocava in giudizio E.C. per ottenere la declaratoria del suo diritto di proprietà del fondo ed il suo rilascio.

Si costituiva E.C., contestando l’esposizione dei fatti operata dall’attore, posto che, a suo dire, il fondo per oltre vent’anni e, cioè, sin dal 1974/1975 era stato da lui bonificato, dissodato, arricchito di nuova terra e coltivato ad ortaggi, oltre che utilizzato per pascolo di greggi, eccepiva, pertanto, in via riconvenzionale, l’avvenuto acquisto per usucapione del fondo in questione.

Il Tribunale di Lecce, con sentenza n. 70 del 2008, accoglieva la domanda dell’attore e rigettava la domanda riconvenzionale di usucapione avanzata da E.C.. Secondo il Tribunale, la domanda di usucapione era infondata perchè non era stato provato da parte di E. un possesso utile ai fini dell’usucapione, posto che il fondo di proprietà dell’ERSAP fino al 1984 non era usucapibile, per i trent’anni successivi alla prima assegnazione, avvenuta nel 1962, sicchè un’eventuale godimento del bene da parte di E.C., solo a partire dal 1992, non era sufficiente ad integrare il minimum di possesso utile per usucapire la proprietà del fondo.

La Corte di Appello di Lecce, pronunciandosi su appello di E.C., costituiti gli eredi di C.F., morto nelle more del giudizio ( C.: S., + ALTRI OMESSI

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da E.C. con ricorso affidato a tre motivi. Gli eredi di C., in questa fase, non hanno svolto attività giudiziale. In prossimità dell’udienza camerale, E.C. ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., chiedendo, tra l’altro, che venisse ascoltato all’udienza in camera di consiglio il proprio difensore e/o, comunque, la causa venisse inviata ad un’udienza pubblica.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- In via preliminare il Collegio ritiene che non possa essere accolta l’istanza formulata da parte ricorrente con la memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ. di essere ascoltato all’udienza in Camera di Consiglio e/o, comunque, di rinviare la causa ad un’udienza pubblica. Giova premettere che l’intervento novellatore del giudizio di legittimità recato dalla L. n. 197 del 2016 è ispirato, secondo una linea di tendenza registratasi nell’ultimo decennio, da pressanti esigenze di semplificazione, snellimento e deflazione del contenzioso dinanzi alla Corte di cassazione, in attuazione del principio costituzionale, di cui all’art. 111 Cost. (e convenzionale: art. 6 CEDU), della ragionevole durata del processo e di quello, in esso coonestato, dell’effettività della tutela giurisdizionale; che in siffatta prospettiva il legislatore (attingendo ad indicazioni de iure condendo, provenienti dalle Commissioni ministeriali di riforma del processo civile del 2013 e del 2015, in parte approdate all’esame parlamentare) ha inteso modulare il giudizio di legittimità (incidendo, segnatamente, sugli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., art. 380-bis c.p.c., comma 1 e art. 380-ter c.p.c.) in ragione di una più generale suddivisione del contenzioso in base alla valenza nomofilattica, o meno, delle cause, riservando a quelle prive di siffatto connotato (ossia, il contenzioso più nutrito) un procedimento camerale, tendenzialmente assunto come procedimento ordinario, “non partecipato” e da definirsi tramite ordinanza (in luogo della celebrazione dell’udienza pubblica e della decisione con sentenza, previste essenzialmente per le cause “dalla particolare rilevanza della questione di diritto”).

Ciò premesso, non è proponibile, nè può essere accolta, la richiesta del difensore del ricorrente di essere sentito all’udienza in Camera di Consiglio.

Occorre, altresì, osservare che il principio di pubblicità dell’udienza – di rilevanza costituzionale in quanto, seppur non esplicitato dalla Carta Fondamentale, è connaturato ad un ordinamento democratico e previsto, tra gli altri strumenti internazionali, segnatamente dall’art. 6 CEDU – non riveste carattere assoluto e può essere derogato in presenza di “particolari ragioni giustificative”, ove “obiettive e razionali” (Corte cost., sent. n. 80 del 2011); che una siffatta deroga – anche alla luce dei principi espressi dalla giurisprudenza della Corte EDU (tra le tante e più di recente, sentenza 21 giugno 2016, Tato Marinho c. Portogallo), seguiti da un costante orientamento di questa Corte (tra le altre, Cass., 18 luglio 2008, n. 19947; Cass., 16 marzo 2012, n. 4268; Cass., 9 ottobre 2015, n. 20282; Cass., 5 maggio 2016, n. 9041) – è consentita in ragione della conformazione complessiva del procedimento.

Pertanto, non è neppure proponibile, nè deve essere accolta, la richiesta di una trattazione della presente causa in pubblica udienza.

2.- Con il primo motivo di ricorso E.C. lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1159 cod. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale, nel rigettare la domanda riconvenzionale di usucapione, non avrebbe tenuto conto che E.C. aveva dato prova di aver posseduto il bene di cui si dice per oltre vent’anni necessari per usucapire il relativo diritto di proprietà. Infatti, sempre secondo il ricorrente, anche dall’espletamento della stessa prova testimoniale avversaria è emerso che negli anni 1974-1975 E.C. iniziò a dissodare ed a bonificare il terreno ripulendolo dalle sterpaglie e dal pietrame ed arricchendolo di nuova terra, liberando la parte occupata dalla macchia mediterranea dalle erbacce e comunque salvaguardando il fondo dall’occupazione di altri pastori.

2.1.- La censura non ha pregio, trattandosi di argomentazione che è conseguenza palese di un’inesatta lettura della sentenza impugnata, e, comunque, è inammissibile per mancata autosufficienza. Infatti, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte distrettuale ha avuto modi di evidenziare “(….) il corredo probatorio acquisito attraverso la prova orale era, comunque, orientato decisamente nel senso di smentire l’esistenza di un possesso ultraventennale del fondo da parte dell’ E., in quanto i testi affermano di non aver mai visto l’ E. sul fondo in questione (…)”. Pertanto, a fronte di questa chiara indicazione contenuta nella sentenza impugnata, appare del tutto insufficiente la semplice affermazione del ricorrente secondo cui sarebbe “(….) emerso anche dall’espletamento della stessa prova testimoniale avversaria che negli anni 1974-1975 il sig. E.C. iniziò a dissodare e a bonificare il terreno (….), senza indicare le dichiarazioni testimoniali che comproverebbero quanto è affermato.

Al riguardo, va osservato, com’è giurisprudenza pacifica di questa Corte, che il ricorso per cassazione, in ragione del principio di cosiddetta autosufficienza dello stesso, deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere particolarmente, nel caso in cui si tratti di interpretare il contenuto di fonti estranee allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. 30 agosto 2004, n. 17369; Cass. 13 Agosto 2004, n. 15867; Cass. 10 agosto 2004, n. 15412; Cass. 13 settembre 1999, n. 9734, tra le tante).

2.2.- Senza dire che l’assunta violazione di legge denunciata, si basa e presuppone una diversa valutazione e ricostruzione delle risultanze di causa (interpretazione della prova testimoniale acquisita al processo), censurabile – e solo entro certi limiti – sotto il profilo del vizio di motivazione, secondo il paradigma previsto per la formulazione di detto motivo se ed in quanto proponibile nel giudizio di cassazione in ragione del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134. Infatti, va qui ribadito che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata alla Corte di cassazione dall’art. 65 ord. giud.); viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione; il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (in tal senso essenzialmente cfr. Cass. n. 16698 e 7394 del 2010).

3.- Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della legge di riforma fondiaria cc. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Il ricorrente ripropone la stessa questione già prospettata nel giudizio di merito e, cioè, che, alla luce della normativa vigente (di cui alle L. n. 230 del 1950 e L. n. 841 del 1950), anche i fondi dell’ERSAP sarebbero suscettibili di atti di disposizione da parte degli assegnatari, equiparati ai proprietari, anche prima della cessazione del riservato dominio pubblico sul bene e, quindi, prima del trentennio della prima assegnazione con conseguente possibilità di usucapione da parte di terzi.

3.1.- Il motivo rimane assorbito dal rigetto del primo motivo perchè anche ammesso che la censura fosse fondata, tuttavia, nel caso concreto l’acquisto del bene, di cui si dice, per usucapione, è stato, comunque, escluso per mancato possesso del bene.

4.- Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta Insufficiente motivazione circa un fatto decisivo del giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Secondo il ricorrente la Corte distrettuale non avrebbe offerto adeguata motivazione in ordine al non accoglimento della richiesta di ascoltare i testi indicati dal sig. E.C. in relazione all’indispensabilità della prova ai fini della decisione.

4.1.- Il motivo è infondato. Come ha avuto modo di chiarire la Corte distrettuale: “(…) l’art. 345 c.p.c., comma 3 come modificato dalla L. n. 353 del 1990, nell’escludere l’ammissibilità di nuovi mezzi di prova, ivi compresi i documenti, consente al giudice di ammettere oltre alle nuove prove che le parti non abbiano potuto produrre prima, per cause ad esse non imputabili, anche quelle da lui ritenute nel quadro delle risultanze istruttorie già acquisite, comunque indispensabili, perchè dotate di un’influenza causale più incisiva rispetto a quella che le prove rilevanti hanno sulla decisione finale della controversia; indispensabilità da apprezzarsi necessariamente in relazione alla decisione di primo grado e al modo in cui essa si è formata, in ossequio alla necessità di un apporto probatorio che nel contraddittorio in primo grado e nella relativa istruzione non era apprezzabile come utile e necessario. E’ ovvio, tuttavia, che attraverso la valutazione di indispensabilità della prova non possa comunque consentire l’ingresso di prove in appello rispetto alle quale si sia maturata una decadenza in prime cure (…)”. La Corte distrettuale, pertanto, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, ha ampiamente spiegato le ragioni per le quali ha escluso l’ammissione della prova testimoniale indicata da E.C. e tali ragioni, non solo vanno confermante perchè rispondenti ai principi espressi da questa Corte in altre occasioni (indicate, per altro dalla sentenza impugnata) ma non risulta, neppure, siano state censurate adeguatamente.

In definitiva, il ricorso va rigettato, Non occorre provvedere al regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione posto che gli eredi di C.F. in questa sede non hanno svolto attività giudiziale. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso, dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater sussistono i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione Civile di questa Corte di Cassazione, il 31 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2017

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