Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20280 del 31/07/2018
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20280 Anno 2018
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: DE MASI ORONZO
ORDINANZA
sul ricorso 26271-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro
LOVATO GUIDO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G.
2018
1623
RICCI CURBASTRO 34 A/4, presso lo studio dell’avvocato
ALESSANDRA CARDELLI, rappresentato e difeso
dall’avvocato NICOLA ORSOLATO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 98/2010 della COMM.TRIB.REG. di
VENEZIA, depositata il 27/08/2010;
Data pubblicazione: 31/07/2018
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 15/05/2018 dal Consigliere Dott. ORONZO
DE MASI.
RITENUTO
che la Commissione tributaria provinciale di Vicenza annullava, perché notificato il
29/1/2009, oltre il termine triennale di decadenza, previsto dall’art. 76, comma 2,
lett.c), d.p.r. n. 131 del 1986, l’avviso di liquidazione dell’imposta
di registro,
ipotecaria e catastale, oltre interessi e sanzioni, emesso dall’Agenzia delle
Entrate in
conseguenza della decadenza dalle agevolazioni per l’acquisto della “prima casa” di
nel
d.p.r. 131 del 2003, in quanto il contribuente, Guido Lovato, aveva alienato
quinquennio l’immobile acquistato, senza procedere al riacquisto di altro immobile da
adibire ad abitazione principale, e la decisione veniva confermata dalla
Commissione
tributaria regionale del Veneto, con la sentenza in epigrafe, sul rilievo che,
nel caso di
specie, non trova applicazione la proroga biennale di cui all’art. 11, comma 1
e
comma 1 bis, I. n. 289 del 2002;
CONSIDERATO
che con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce,
in relazione all’art.
360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 11, comma
1 e comma 1 bis, I. n. 289 del 2002, 76, d.p.r. n. 131 del 1986, 3, comma 3, I. n. 212
del 2000 (Statuto del Contribuente), 14 disposizioni sulla legge in generale, in quanto
la sentenza impugnata ha accolto l’eccezione di decadenza ritenendo, erroneamente,
non applicabile la proroga biennale per l’esercizio dei poteri impositivi di
cui al
menzionato art. 11, L. 289 del 2002;
che la censura è fondata in quanto l’assunto della Commissione Tributaria
Regionale
non è in linea con l’indirizzo giurisprudenziale della Corte secondo cui “La proroga di
due anni, di cui art. 11, comma 1, della I. n. 289 del 2002 è applicabile, pur in
assenza di un espresso richiamo, nel successivo comma 1 bis, anche ai termini di
rettifica e liquidazione delle maggiori imposte conseguenti alla decadenza
delle
agevolazioni (nella specie, per l’acquisto della “prima casa”), in ragione della
piena
assimilazione, da parte del legislatore, tra le violazioni delle disposizioni agevolative e
di
quelle relative all’enunciazione del valore degli immobili, sicché non
si
giustificherebbe un diverso trattamento.” (tra le tante, Cass. n. 23222/2015, n.
24683/2014, n. 279/2013, n. 24575/2010, n. 23917/2009);
cui all’art. 1, comma 4, della tariffa, parte prima, e della nota II bis 1, allegata al
che detto orientamento ha trovato conferma nella sentenza n. 18574/2016 delle
Sezioni Unite della Corte, nella quale si legge: “…Giova innanzitutto evidenziare che,
alla stregua del citato articolo 11 siccome interpretato da condivisibile giurisprudenza
di questo giudice di legittimità … non può escludersi la possibilità di fruire della
proroga di due anni dei termini per la rettifica e la liquidazione della maggior imposta
di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni nonché sull’incremento
del valore aggiunto, anche nelle ipotesi di definizione delle violazioni relative
che il ricorso va, pertanto, accolto e non essendo necessari accertamenti in fatto la
causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso del
contribuente;
che il progressivo consolidarsi della richiamata giurisprudenza giustifica la
compensazione delle
spese dei gradi di merito, mentre quelle del giudizio di
legittimità sono poste a carico della parte soccombente e liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito
rigetta l’originario ricorso del contribuente che condanna al pagamento della spese
del presente giudizio, che liquida in Euro 2.500,00, oltre rimborso spese prenotate
a debito. Compensa le spese di giudizio dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 maggio 2018.
all’applicazione di agevolazioni tributarie sulle medesime imposte”;