Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2028 del 24/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 24/01/2022, (ud. 01/07/2021, dep. 24/01/2022), n.2028

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19012-2020 proposto da:

G.R., rappresentato e difeso dagli avvocati SABRINA

VAIARELLI e MATTEO PAVANETTO ed elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE GIULIO CESARE, 71 (STUDIO LEGALE BELLUCCI & PARTNERS),

matteo.pavanetto.ordineavvocatiforlicesena.eu;

– ricorrente –

contro

UNICREDIT LEASING SPA GIA’ LOCAT SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato

CRISTINA DEL ZOPPO ed elettivamente domiciliata presso lo studio

dell’avvocato ALESSANDRO CAPOGRASSI, in ROMA, VIALE CARLO FELICE

103, cristina.delzoppo.milano.pecavvocati.it;

– controricorrente –

contro

FULL SERVICE SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 730/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 05/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata dell’1/07/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MOSCARINI

ANNA.

 

Fatto

CONSIDERATO

che:

1. La società Unicredit Leasing SpA (di seguito Unicredit) con ricorso ex art. 702bis c.p.c. espose: 1) di aver sottoscritto con la società New Media s.r.l. un contratto di leasing immobiliare avente ad oggetto una unità ad uso commerciale sita in Forlì, alla via (OMISSIS); 2) che la New Media aveva ceduto il ramo d’azienda, comprendente il contratto di leasing, alla Full Service s.r.l. (di seguito Full Service), la quale si era resa inadempiente all’obbligazione del pagamento delle rate; 3) che il contratto era stato risolto per inadempimento dell’utilizzatrice e l’immobile restituito; 4) che essa creditrice aveva ottenuto un decreto ingiuntivo di Euro 81.097,45 corrispondente alle rate scadute e non pagate; 5) che nel corso del giudizio di merito, instaurato a seguito di opposizione della Full Service, quest’ultima aveva trasferito tutti i propri beni, con atto di compravendita del 16/12/2014, a G.R..

Ciò premesso la Unicredit agì per sentir dichiarare l’inefficacia dell’atto di trasferimento immobiliare ai sensi dell’art. 2901 c.c. assumendo la sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi della revocatoria.

2. Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 7379 del 2017, accolse la domanda ritenendo sussistere tutti i presupposti oggettivi e soggettivi dell’azione.

3. Il G. propose appello e, nel contraddittorio con Unicredit, contumace la Full Service, la Corte d’Appello di Milano, con sentenza resa in data 5/3/2020, ha rigettato il gravame, ribadendo la sussistenza di tutti gli elementi, soggettivi ed oggettivi, dell’actio pauliana.

Per quanto ancora qui di interesse, la Corte territoriale ritenne che, pur essendo il bene compravenduto gravato da ipoteca, in ogni caso la Unicredit, allegando il valore dell’immobile stimato dall’Agenzia delle Entrate, aveva provato che il danno conseguente al trasferimento del bene era di ammontare tale da coprire sia il mutuo ipotecario sia l’intero credito da essa vantato. Quanto alla conoscenza dello stato di insolvenza in capo all’acquirente, lo stesso fu desunto dal Tribunale non solo dalla stretta successione cronologica degli atti intimanti la risoluzione contrattuale, la diffida ad adempiere, l’emissione del decreto ingiuntivo e l’atto traslativo ma anche dalle anomale modalità di versamento del prezzo, una parte del quale venne versata mediante accollo, da parte dell’acquirente, della residua quota capitale del mutuo ipotecario.

Altra anomalia fu individuata dal Tribunale nella rinuncia, da parte dell’alienante, all’iscrizione di ipoteca legale sul bene per la parte di prezzo non ancora versata all’atto del rogito. Richiamata la motivazione della sentenza di primo grado, la Corte territoriale ritenne non rilevante la convinzione soggettiva del G. che l’atto traslativo non potesse arrecare pregiudizio dal momento che il bene compravenduto era gravato da ipoteca, non potendo, tale sua personale convinzione, escludere la consapevolezza del danno anche solo potenziale che la compravendita avrebbe arrecato rendendo più difficile, per il creditore, il recupero del credito mediante esecuzione forzata.

4. Avverso la sentenza G.R. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

Unicredit Leasing SpA resiste con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in Camera di Consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c.

La proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di Consiglio.

Il ricorrente deposita memoria.

Diritto

RITENUTO

che:

1. Con l’unico articolato motivo del ricorso – violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., comma 2, n. 1, dell’art. 183c.p.c., commi 6 e 7, e degli artt. 115-116 c.p.c., sulla non contestazione e valutazione delle prove – il ricorrente formula tre distinte censure.

1.1 La prima, violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., attinge la sentenza con riguardo alla affermata sussistenza dell’eventus damni: trattandosi di immobile sottoposto ad ipoteca da parte di un creditore terzo rispetto a quello che agisce in revocatoria, la Corte d’Appello di Milano avrebbe dovuto dare corso al giudizio prognostico per capire se, venendo meno o riducendosi nel tempo la garanzia ipotecaria, l’immobile oggetto di revocatoria potesse effettivamente costituire una valida garanzia per il creditore Unicredit Leasing SpA.

1.2 Con la seconda censura – violazione dell’art. 183 c.p.c., commi 6 e 7, il ricorrente assume che Unicredit Leasing SpA avrebbe contestato solo tardivamente, nel secondo termine ex art. 183 c.p.c., comma 6, il valore dell’immobile compravenduto, peraltro sulla base di un documento (dichiarazione dell’Agenzia delle Entrate) estratto da internet e contestato dal G. e che la sentenza non avrebbe, invece, considerato la perizia di parte G. non contestata dalla controparte. La sentenza si sarebbe, pertanto, basata su una eccezione tardiva e su un documento contestato e non anche sulla perizia di parte che non sarebbe stata contestata sempre nei termini dell’art. 183 c.p.c., comma 6.

1.3 La terza censura denuncia il malgoverno degli artt. 115 e 116 c.p.c. per avere il giudice del merito ignorato la perizia di parte prodotta dal G. e per aver, invece, apprezzato il documento estratto da internet relativo al valore dell’immobile e contestato dal G..

1. Preliminarmente si osserva che le diverse censure sono funzionalmente volte ad evocare un inammissibile riesame, da parte del giudice di legittimità, dei presupposti dell’actio pauliana che, come è noto, sono rimessi alla discrezionale valutazione del giudice del merito. Si osserva altresì che l’impugnata sentenza ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa.

Come richiamato nell’esposizione in fatto, la Corte d’Appello ha ritenuto che l’eventus damni possa consistere anche soltanto nel pericolo di un danno alle ragioni del creditore, indipendentemente dalla circostanza che l’immobile trasferito fosse gravato da ipoteca da parte di terzi; che vi fosse la prova del danno, desumibile dalla quotazione dell’Agenzia delle Entrate; che vi fosse la prova del consilium fraudis in quanto il G., amministratore e poi socio della Full Service, era certamente a conoscenza dello stato d’insolvenza della società mentre erano anomale sia le modalità di pagamento del prezzo, sia la rinuncia da parte dell’alienante ad iscrivere ipoteca sul bene per la quota di prezzo non ancora versata all’atto del rogito; che le personali convinzioni del G. circa l’incapienza del bene acquistato e la possibilità che il debito potesse essere recuperato da Unicredit Leasing srl con la vendita del bene, non potessero escludere la consapevolezza del danno, anche solo potenziale, che la vendita avrebbe arrecato al creditore.

1.1 Ciò posto, la pretesa violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., censura che attinge ciò che la Corte d’Appello ha ritenuto integrare l’eventus damni, è palesemente inammissibile.

La tesi del ricorrente, secondo la quale il giudice avrebbe omesso di formulare un giudizio prognostico sulla possibilità futura di riduzione della garanzia ipotecaria, trova puntuale smentita nel consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale, ai fini dell’actio pauliana, non è richiesta la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore ma è sufficiente che l’atto renda incerta o difficile la soddisfazione del credito (Cass., 3, n. 3470 del 15/2/2007, Cass., 2, n. 26331 del 31/10/2008; Cass., 1, n. 8931 del 12/4/2013; Cass., 6-3, n. 27066 del 2021). L’azione revocatoria opera a tutela dell’effettività della responsabilità patrimoniale del debitore, ma non produce effetti recuperatori o restitutori, al patrimonio del medesimo, del bene dismesso, tali da richiederne la libertà e la capienza, poiché determina solo l’inefficacia dell’atto revocato e l’assoggettamento del bene al diritto del revocante di procedere ad esecuzione forzata sullo stesso. Ne consegue che la presenza di ipoteche sull’immobile -trasferito con l’atto oggetto di revoca- non esclude, di per sé, un pregiudizio per il creditore chirografario, (e, dunque, il suo interesse ad esperire l’azione revocatoria) posto che le iscrizioni ipotecarie possono subire vicende modificative o estintive ad opera sia del debitore che di terzi (Cass., 3, n. 16793 del 13/8/2015; Cass., 3, n. 11892 del 10/6/2016, Cass., 3, n. 1593 del 24/1/2020).

1.2 La pretesa violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 6, è anch’essa inammissibile sia per difetto di autosufficienza, e dunque per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto il ricorrente non riporta dove e come la questione sia stata proposta al giudice del gravame, sia in quanto non attinge adeguatamente la ratio decidendi. La Corte d’Appello ha ritenuto provato che il danno si era verificato mediante allegazione della quotazione dell’Agenzia delle Entrate relativa all’immobile compravenduto, basandosi su un documento tempestivamente acquisito al giudizio, peraltro già ritenuto idoneo dalla giurisprudenza di questa Corte a costituire valido strumento di ausilio ed indirizzo per la stima del valore dell’immobile (Cass., 6-5, n. 25707 del 2015; Cass., 5, n. 3197 del 2018). A fronte di tale chiara ratio decidendi, le censure del ricorrente secondo le quali il valore del bene sarebbe stato sollevato in via di eccezione solo tardivamente nella propria memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 2, mentre la Corte avrebbe pretermesso la valutazione della perizia di parte G., non hanno alcun pregio.

Il ricorrente erroneamente qualifica “eccezione” in senso tecnico quella che è una mera difesa: la Corte d’Appello ha basato il proprio convincimento su un documento tempestivamente acquisito (come si desume da p. 14 dello stesso ricorso) mentre la perizia di parte, prodotta dal G., di cui la Corte di merito avrebbe pretermesso la valutazione, era una mera allegazione difensiva, a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, con la conseguenza che spettava al giudice ogni valutazione sulla rilevanza della stessa, senza alcun obbligo di motivare nel caso in cui avesse deciso – come ha deciso nel caso in esame – di disattenderne le conclusioni (Cass., 3, n. 2063 del 29/1/2020; Cass., U, n. 13902 del 3/6/2013, Cass., 2, n. 20347 del 24/8/2017; Cass., 6-2, n. 9483 del 9/4/2021).

1.3 La pretesa violazione degli art. 115 e 116 c.p.c. è anch’essa inammissibile perché è formulata al di fuori del perimetro posto dalla giurisprudenza di questa Corte al sindacato sul prudente apprezzamento delle prove. La doglianza e’, infatti, ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o comunque una risultanza probatoria, non abbia operato secondo il suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale); ovvero, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, che abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento (cfr., da ultimo, Cass., Sez. U., sent. n. 20867/2020).

Orbene, non è dubbio che, nella specie, parte ricorrente si sia posta al di fuori di quel perimetro, essendosi limitata a dedurre che la Corte territoriale abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, sicché la denuncia, così come formulata, non può ritenersi prospettare un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, bensì un errore di fatto, che avrebbe dovuto essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque entro gli stretti limiti consentiti dall’attuale art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito con modificazioni in L. n. 134 del 2012.

2. Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello già versato per il ricorso, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 6000 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 3 della Corte di cassazione, il 1 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2022

 

 

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