Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20279 del 31/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 20279 Anno 2018
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: FASANO ANNA MARIA

ORDINANZA

sul ricorso 22429-2012 proposto da:
SCIALDONE ANNA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA
. GIROLAMO DA CARPI 6, presso io studio dell’avvocato
ANDREA PIETROPAOLI, rappresentata e difesa
dall’avvocato ROSA TAGLIAFERRI;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
2018
1400

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI

12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

avverso la sentenza n.

209/2011

controricorrente –

della COMM.TRIB.REG.

di NAPOLI, depositata il 01/07/2011;

Data pubblicazione: 31/07/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 19/04/2018 dal Consigliere Dott. ANNA

MARIA RASANO.

R.G.N. 22429-12

relativo all’anno di imposta 2002, per complessivi euro 40.003,00,
con cui l’Ufficio, non riconoscendo l’efficacia della perizia di stima
redatta dalla contribuente in epoca successiva alla vendita, ai sensi
dell’art. 7 della I. n. 448 del 2001, per la rivalutazione dei terreni
alienati in data 10.6.2002, ricalcolava la plusvalenza. La
contribuente contestava la mancata notifica del documento sul
quale l’accertamento si fondava, ossia una scrittura privata di
vendita, rinvenuta a seguito di un controllo eseguito presso la
società immobiliare Futura s.a.s., dalla quale risultava che la
Scialdone, comproprietaria con i figli, aveva trasferito il terreno alla
suddetta società per l’importo di euro 590.403,00, mentre dal
rogito risultava un prezzo di vendita inferiore di euro 480.000,00.
La CTP rigettava il ricorso. La contribuente spiegava appello e la
CTR della Campania, con sentenza n. 209/51/11, confermava la
decisione di primo grado, ritenendo insussistente la violazione
dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, in quanto l’atto sui cui si
fondava l’accertamento era noto alla ricorrente, essendo stata dalla
stessa sottoscritto, rigettando le eccezioni in merito all’applicazione
della legge n. 448 del 2001, atteso che la norma imponeva la
redazione della perizia di stima prima della stipula della vendita.
Anna Scialdone ricorre per la cassazione della sentenza, svolgendo
due motivi, illustrati con memorie. L’Agenzia delle entrate si è
costituita con controricorso.

RITENUTO CHE:
Anna Scialdone impugnava un avviso di accertamento per Irpef,

CONSIDERATO CHE:
1.Con il primo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata
denunciando violazione dell’art. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973 e
art. 7 I. n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, n. 3 e 5 c.p.c.,
atteso che la CTR avrebbe erroneamente rigettato l’eccezione di
violazione dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, contestando che
l’Ufficio aveva omesso di allegare all’avviso di accertamento l’atto

“controdichiarazione” o scrittura privata, dalla quale risultava un
prezzo di vendita superiore a quello indicato nell’atto pubblico di
compravendita del terreno, sul presupposto che trattavasi di un
atto conosciuto perché sottoscritto dalla contribuente.

1.1. Il motivo di ricorso è inammissibile, per carenza di
a utosufficienza .
In base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione,
sancito dall’art. 366 c.p.c., nel giudizio tributario, qualora il
ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria
regionale sotto il profilo del vizio di motivazione dell’avviso di
accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i
passi della motivazione di detto avviso, che si assumono
erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la
verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricorso
(Cass. n. 16447 del 2017; Cass. n. 9536 del 2013). Onere
processuale a cui non si è ottemperato.

1.2.11 motivo è, altresi, infondato.
Non è controverso che la scrittura privata, da cui è scaturita la
rideterminazione della plusvalenza, è stata rinvenuta nel corso di
una verifica fiscale eseguita dai funzionari dell’Ufficio nei confronti
della Immobiliare Futura s.a.s., e che la stessa era stata
sottoscritta dalla stessa contribuente, nonché dalla società
acquirente. Né è controverso che tale documento attestava la
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su cui si fondava la pretesa impositiva, ossia la c.d.

corresponsione di un prezzo superiore a quello risultante nell’atto di
compravendita, e precisamente euro 590.403,00 a fronte di euro
480.000,00 dichiarato nell’atto notarile.
In tema di motivazione “per relationenn” degli atti di imposizione
tributaria, l’art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, nel
prevedere che debba essere allegato all’atto dell’Amministrazione
finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso,

avuto integrale e legale conoscenza, anche per effetto di
precedente comunicazione (Cass. n. 407 del 2015).
Nella specie, Scialdone Anna non ha contestato di avere
sottoscritto la scrittura privata, né ne ha disconosciuto la
sottoscrizione, ma solo lamentato la mancata allegazione del
documento all’atto impositivo, pur avendone avuto
necessariamente conoscenza, atto che l’atto in contestazione è
stato espressione della sua volontà negoziale.

2. Al rigetto del primo motivo di ricorso, consegue l’inammissibilità
del secondo, con cui si lamenta la violazione dell’art. 7 della I. n.
448 del 2001, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, 5 c.p.c.,
atteso che la CTR avrebbe errato nel ritenere inefficace la perizia
giurata di stima in quanto redatta dopo la stipula del contratto di
compravendita.
Va, infatti, evidenziato che la sentenza impugnata risulta sostenuta
da due “rationes decidendi “distinte, sicchè è sufficiente richiamare
la costante giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale,
qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni,
tra loro distinte ed autonome, singolarmente idonee a sorreggerla
sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure
mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per
sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre
ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste
ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta
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non trova applicazione per gli atti di cui il contribuente abbia già

definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cfr.
Cass. 2108 del 2012, Cass. S.U. n. 7931 del 2013).

3. Da siffatti rilievi, consegue il rigetto del ricorso. Le spese di lite
seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte soccombente alla
rimborso delle spese di lite che liquida in complessivi euro 3000,00
per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso, in Roma, il giorno 19 aprile 2018.

P.Q.M.

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