Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20278 del 25/09/2020

Cassazione civile sez. I, 25/09/2020, (ud. 15/07/2020, dep. 25/09/2020), n.20278

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12267/2019 proposto da:

F.K.S., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso

la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’Avvocato Anna Lombardi Baiardini, giusta procura in

calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

Avverso la sentenza n. 110/2019 della CORTE DI APPELLO di PERUGIA,

depositata il 20/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/07/2020 dal cons. Dott. TRICOMI LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

F.K.S., nato in (OMISSIS), con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 aveva impugnato dinanzi il Tribunale di Perugia, con esito sfavorevole, il provvedimento di diniego adottato della Commissione Territoriale in merito alla domanda di riconoscimento della protezione internazionale ed umanitaria; la decisione è stata confermata con la sentenza di appello oggi impugnata.

I fatti narrati, non suffragati da prove, sono stati ritenuti non credibili dalla Corte territoriale perchè generici ed incoerenti, oltre che non circostanziati e privi di connotazioni temporali; gli stessi sono stati, altresì, considerati di natura privata ed economica.

La Corte territoriale ha, pertanto, escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento di tutte le forme di protezione richieste.

Avverso detta sentenza, depositata il 20/2/2019, il richiedente propone ricorso per cassazione con tre mezzi, corroborato da memoria.

Il Ministero dell’Interno ha depositato mero atto di costituzione.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5 e 14; al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 3,8,32; al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, commi 1 e 1.1.; al D.P.R. n. 394 del 1999, art. 28, per non avere valutato la Corte di appello di Perugia la credibilità sulla base dei parametri stabiliti nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.

1.2. Con il secondo motivo, riferito alla domanda di protezione sussidiaria, il ricorrer te denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4, 5, 6, e 14, lett. b) e c) e al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 25 e agli artt. 2, 3, 4, 5, 9 CEDU. Ad avviso del ricorrente la Corte ha mancato all’obbligo di effettuare e riportare i dati e gli accertamenti sul paese di origine del ricorrente e non ha citato alcuna fonte di informazione, nè sono state accertate le condizioni del sistema giudiziario e l’effettività della tutela dei diritti soggettivi.

1.3. Con il terzo motivo, riferito alla domanda di permesso di soggiorno per motivi umanitari, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3 e 5; al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 3,8 e 32; al D.Lgs. n. 296 del 1998; art. 5, comma 6 e art. 19, commi 1 e 1.1; al D.P.R. n. 394 del 1999, art. 28, nonchè per omesso esame di un fatto decisivo ai fini dei giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Ad avviso del ricorrente la Corte di appello di Perugia erroneamente aveva ritenuto che la vicenda narrata avesse natura privata e chiarissima connotazione economica, e non aveva considerato che invece egli aveva riferito alla Commissione di essere fuggito dalla (OMISSIS) in ragione di un pericolo diffuso e persistente per anni vissuto dalla comunità cristiana, a fronte delle violenze perpetrate da gruppi islamici per conseguire la conversione coattiva; nè era stata presa in considerazioni la situazione di violenza indiscriminata esistente in Libia, dove aveva soggiornato due mesi, in transito verso l’Italia.

2.1. I motivi, da trattarsi congiuntamente perchè investono l’apparenza della motivazione resa ed il mancato adempimento del dovere di cooperazione istruttoria del giudice di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 sono fondati e vanno accolti.

2.2. Giova ricordare che “Nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente.” (Cass. n. 13897 del 22/05/2019) e che il potere – dovere di cooperazione istruttoria, in deroga all’ordinario principio dispositivo della prova, va attuato “… mediante l’assunzione di informazioni specifiche, attendibili e aggiornate, non risalenti rispetto al tempo della decisione, che il giudice deve riportare nel contesto della motivazione, non potendosi considerare fatti di comune e corrente conoscenza quelli che vengono via via ad accadere nei Paesi estranei alla Comunità Europea.” (Cass. n. 11096 del 19/04/2019; cfr. anche Cass. n. 29056 dell’11/11/2019).

A ciò va aggiunto che “In tema di ricorso per cassazione, è nulla, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, la motivazione solo apparente, che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, attraverso una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame.” (Cass. n. 27112 del 25/10/2018),ciò perchè “La sentenza d’appello può essere motivata “per relationem”, purchè il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicchè dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame.” (Cass. n. 20883 del 05/08/2019).

2.3. Nel caso di specie la motivazione circa la non credibilità del ricorrente è assertiva, perchè non fa riferimento ad alcuno dei fatti che la evidenzierebbero, per cui non consente di valutare la correttezza del ragionamento posto a base della decisione; ed è anche contraddittoria, perchè, dopo aver sintetizzato queste vicende in “gravi atti persecutori a causa del credo (OMISSIS) professato, contrastato da gruppi violenti di matrice (OMISSIS)”, nel periodo immediatamente successivo (primi parr. pag 3) dice che non ricorrono i presupposti “come è dato evincere dallo stesso racconto del ricorrente” e “come correttamente evidenziato dal primo giudice” (che sembra abbia detto altro).

Inoltre la Corte umbra ha incentrato il diniego delle forme di protezione oggetto di censura affermando, da una parte che l’area di provenienza del ricorrente non versava in condizioni di violenza indiscriminata, “come dettagliatamente evidenziato dal Ministero appellato” (fol. 4 della sent. imp.), con ciò decidendo in totale assenza di riferimenti alle COI aggiornate del Paese di provenienza del richiedente asilo, ma attraverso una acritica adesione alla tesi sostenuta dalla controparte; dall’altra sulla considerazione della natura privata della vicenda narrata e della sua connotazione economica (fol. 3 della sent. imp.), senza tuttavia illustrare gli elementi da cui aveva tratto tale conclusione, atteso che il ricorrente aveva dedotto motivazioni della fuga riconducibili al credo professato, e senza procedere ad un esame autonomo delle condizioni di vulnerabilità rilevanti ai fini della protezione umanitaria e senza attivare il dovere di cooperazione istruttoria.

3. In conclusione il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione per il riesame alla luce dei principi espressi e per la statuizione sulle spese anche del presente grado.

P.Q.M.

– Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2020

 

 

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