Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20277 del 15/07/2021

Cassazione civile sez. III, 15/07/2021, (ud. 25/02/2021, dep. 15/07/2021), n.20277

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36204/2019 proposto da:

S.M., rappresentato e difeso dall’avv.to GIOVANNI ANGELO

MURA, (studiolegalemura.legalmail.it), elettivamente domiciliato in

Roma, Piazza Cavour, presso la cancelleria civile della Corte di

Cassazione);

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 856/2019 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 26/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/02/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. S.M., proveniente dal Senegal, ricorre affidandosi a due motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Cagliari che aveva confermato la pronuncia con la quale il Tribunale aveva rigettato la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, da lui avanzata in ragione del diniego opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato che i fratellastri volevano ucciderlo per impadronirsi delle terre contese per ragioni ereditarie, lamentando che le autorità statali non erano in grado di tutelarlo dalle avverse aggressioni.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia o, comunque, omessa motivazione sulla domanda di protezione sussidiaria relativamente all’ipotesi di danno grave, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).

1.1. Lamenta, al riguardo, che la Corte territoriale aveva negato il riconoscimento della fattispecie invocata, omettendo di motivare sulle ragioni in forza delle quali la protezione fornita dagli organi statali doveva essere ritenuta sufficiente a proteggerlo dai pericoli allegati.

1.2. Segnala, al riguardo, che sussisteva il diritto ad ottenere il riconoscimento della protezione sussidiaria nel caso in cui fosse stata allegata la sussistenza di danni gravi, anche se derivanti da condotte di singoli soggetti privati; ed assume che, in tali casi, il giudice di merito aveva il dovere di accertare l’effettività della tutela che le autorità statali erano in grado di offrire come adeguata protezione dalle minacce subite, avvalendosi dei suoi poteri istruttori, anche ufficiosi, predicati dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.

1.3. Il motivo è inammissibile.

1.4. La Corte territoriale, dopo aver esaminato le criticità complessive del paese di origine del ricorrente ed aver riscontrato un relativo miglioramento delle stesse sulla base di COI attendibili ed aggiornate (report di Amnesty International 2017/2018, richiamato a pag. 5 e segg. della sentenza impugnata), ha escluso che in relazione alla vicenda narrata potessero ravvisarsi i presupposti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), in quanto il ricorrente non aveva affatto allegato di essersi rivolto alle forze dell’ordine, avendo soltanto affermato che “la polizia e le autorità non sarebbero (state) in grado di intervenire e impedire le violenze” dei fratellastri, (cfr. pag. 10 della sentenza impugnata), senza tuttavia spiegare le ragioni di tale convinzione.

1.5. Al riguardo, questa Corte ha affermato il principio, condiviso dal Collegio, secondo il quale “in tema di protezione sussidiaria, e avuto riguardo alla libertà religiosa dello straniero, il diritto a tale forma di protezione non può essere escluso dalla circostanza che il danno grave possa essere provocato da soggetti privati, qualora nel Paese d’origine non vi sia un’autorità statale in grado di fornire adeguata ed effettiva tutela, con conseguente dovere del giudice di effettuare una verifica officiosa sull’attuale situazione di quel Paese e, quindi, sull’eventuale inutilità di una richiesta di protezione alle autorità locali” (cfr. Cass. 26823/2019 ed ancor prima, in termini, Cass. 3758/2018; Cass. 23604/2017; Cass. 16356/2017; Cass. 15192/2015): tuttavia la censura, per essere decisiva e conducente, impone al ricorrente di allegare di aver chiesto tutela o di essere stato impedito, per qualsiasi ragione, a chiederla, risolvendosi diversamente la generica doglianza in una mera lamentazione che si traduce nella inammissibilità del motivo.

1.6. Nel caso in esame, la puntuale affermazione della Corte, sopra riportata, tratta oltretutto dalle evanescenti dichiarazioni rese dal ricorrente in sede di audizione dinanzi alla Commissione Territoriale, consente di escludere che ricorrano i presupposti della fattispecie invocata, non essendo stato affatto allegato né di aver richiesto tutela né le ragioni per le quali essa non era stata domandata né, in ipotesi, il palesato diniego da parte dello Stato o delle forze dell’ordine, a fronte del rischio delle aggressioni temute.

2. Con il secondo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente, deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e degli artt. 19 e 20 T.U.I., per non avere la Corte d’appello di Cagliari effettuato la valutazione comparativa fra l’integrazione raggiunta dal richiedente in Italia e la situazione che egli dovrebbe affrontare in caso di rimpatrio nel suo paese di origine.

2.1. Anche tale censura è inammissibile.

2.2. Il ricorrente, infatti, critica la sentenza impugnata, assumendo che non era stato adempiuto il giudizio di comparazione anche in ragione del mancato adempimento del dovere di cooperazione istruttoria.

2.3. Ha anche aggiunto che non erano state valorizzate le importanti esperienze lavorative da lui svolte in Italia.

2.4. La censura, tuttavia, non si confronta con al ratio decidendi della sentenza impugnata che ha valutato il percorso di integrazione intrapreso, ritenendolo insufficiente anche in relazione al fatto che l’attività lavorativa dedotta non era stata documentalmente provata; e che, alla luce delle condizioni del paese di origine (esaminate attraverso le C.O.I. sopra richiamate), ha escluso che dal giudizio di comparazione potessero configurarsi i presupposti della protezione umanitaria in relazione al livello di tutela dei diritti fondamentali esistente.

2.5. Ne’ il ricorrente ha contrapposto a tali valutazioni circostanze specificamente allegate, riportate nel ricorso in termini di autosufficienza, idonee a consentire a questo Collegio di apprezzare l’errore denunciato.

2.6. La Corte ha espresso, dunque, valutazioni di merito, articolate con una motivazione al di sopra della sufficienza costituzionale, e pertanto incensurabili in questa sede.

3. In conclusione il ricorso è inammissibile.

4. Non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte;

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021

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