Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20274 del 23/08/2017


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Cassazione civile, sez. II, 23/08/2017, (ud. 09/03/2017, dep.23/08/2017),  n. 20274

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22881-2012 proposto da:

ALMA IMMOBILIARE SRL IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS), IN PERSONA DEL

LIQUIDATORE, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CASSIA 35,

presso lo studio dell’avvocato BRUNO PICCAROZZI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato CINZIA TAIT;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SRL P.I. (OMISSIS) IN PERSONA DEL CURATORE,elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA L. ANDRONICO 24, presso lo studio

dell’avvocato ILARIA ROMAGNOLI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MONICA DOSSI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 292/2011 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 03/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2017 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO LUCIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Trento, con sentenza depositata il 3 ottobre 2011 e notificata il 21 giugno 2012, ha rigettato l’appello proposto da Alma Immobiliare s.r.l. in liquidazione avverso la sentenza del Tribunale di Rovereto n. 213 del 2010 e nei confronti del (OMISSIS) s.r.l..

1.1. Il Tribunale aveva dichiarato la risoluzione di tre contratti di appalto, aventi ad oggetto la ristrutturazione di immobili di proprietà di Alma Immobiliare, per decorso del termine essenziale; aveva accertato il diritto della stessa società a rimanere nel possesso degli immobili; aveva rigettato le ulteriori domande di Alma Immobiliare e, in accoglimento della riconvenzionale formulata dal Fallimento (OMISSIS), aveva condannato la predetta Alma al pagamento del residuo credito per i lavori eseguiti.

2. La Corte d’appello ha confermato la decisione.

L’ATP prima e la CTU poi avevano accertato le opere realizzate dall’appaltatore e quantificato il residuo credito del Fallimento sulla base del criterio a misura e del prezziario PAT, come concordato tra le parti. Erano generiche, inoltre, le contestazioni dell’appellante riguardo ai lavori eseguiti nel cantiere di Vallagarina.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Alma Immobiliare s.r.l. in liquidazione sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso il (OMISSIS).Alovisi (OMISSIS) s.r.l..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato.

1.1. Con il primo motivo è denunciata violazione degli artt. 1321,1322,1362,1363 e 1372 cod. civ. nonchè omesso esame del fatto decisivo costituito dal contenuto dei tre contratti di appalto, nei quali era previsto il corrispettivo a corpo, chiavi in mano, e si contesta che la Corte d’appello abbia quantificato i lavori a misura.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 1655 e 1657 cod. civ., anche in relazione agli artt. 1321,1322,1362,1363 e 1372 cod. civ., nonchè omesso esame del fatto decisivo per il giudizio, costituito dalla sussistenza dei contratti a corpo, documentalmente provati.

3. Le doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente in quanto entrambe contestano il sistema di quantificazione delle opere a misura, sono infondate.

3.1. Correttamente la Corte d’appello non ha tenuto conto delle previsioni contrattuali ai fini della quantificazione del credito residuo dell’appaltatore, giacchè si trattava di accertare il contenuto dell’obbligazione restitutoria gravante sul committente, che è conseguenza della risoluzione.

Ad integrazione della motivazione della Corte territoriale, va osservato che, una volta dichiarati risolti i contratti di appalto con statuizione non investita dall’appello, e quindi divenuta incontrovertibile, il pagamento delle opere eseguite non è avvenuto a titolo di corrispettivo – ipotesi in cui le previsioni contrattuali sarebbero state vincolanti -, ma a fini di riequilibrio delle posizioni dei contraenti, non essendo possibile la restituzione in natura, e a tal fine occorreva accertare il valore dell’opus realizzato.

Non a caso la sentenza impugnata fa riferimento al “giusto valore” delle opere realizzate, e sottolinea che entrambe le parti avevano individuato il criterio per determinare il valore delle opere, sulla base del prezziario al quale si è conformato l’accertamento giudiziale.

3.2. Come ripetutamente affermato da questa Corte Suprema, in caso di risoluzione del contratto di appalto per inadempimento del committente e non sia configurabile la restituzione in natura all’impresa appaltatrice della costruzione parzialmente realizzata, il committente è obbligato a reintegrare la situazione patrimoniale dell’altro contraente attraverso la corresponsione del valore venale dell’opus con riferimento al momento della pronuncia di risoluzione, nella quale l’obbligo trova la sua fonte, e non con riferimento ai prezzi contrattuali delle opere eseguite (ex plurimis, Cass. 24/05/2007, n. 12162).

4. Con il terzo motivo è denunciato omesso esame di un fatto decisivo e, specificamente, delle emergenze dell’ATP, delle deposizioni testimoniali, della documentazione fotografica, nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 112,113 e 115 cod. proc. civ..

4.1. La doglianza è inammissibile.

La ricorrente sollecita la rivalutazione di tutte le risultanze istruttorie (quelle testimoniali neppure integralmente riportate, in spregio del principio di autosufficienza del ricorso), e cioè un’attività estranea al sindacato di legittimità, per inferire una diversa consistenza delle opere realizzate, a fronte di motivazione esaustiva e congrua con cui la Corte d’appello ha giustificato l’accertamento svolto, tenendo conto anche del tempo trascorso tra la realizzazione delle opere e la riconsegna dei cantieri.

5. Al rigetto del ricorso segue la condanna della società ricorrente alle spese del presente giudizio, nella misura indicata in dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2017

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