Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20273 del 09/10/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 20273 Anno 2015
Presidente: DI AMATO SERGIO
Relatore: DI IASI CAMILLA

SENTENZA

sul ricorso 8312-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2015
2403

TAGLIERI LUIGI;
– intimato
avverso

la

sentenza

n.

37/2009

della

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di PESCARA, depositata il
15/01/2009;

Data pubblicazione: 09/10/2015

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/06/2015 dal Consigliere Dott. CAMILLA
DI IASI;

udito per il ricorrente l’Avvocato MARCHINI che ha
chiesto l’accoglimento;

Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

\i•

R.G.N. 8312/10

SENTENZA

Considerato in fatto
Nel corso di una verifica eseguita dalla Guardia di Finanza presso la ditta “Mobili

documentazione extracontabile sulla base della quale fu ricostruito il reddito del
Taglieri relativo ad alcuni anni ed emessi i relativi avvisi di accertamento. In
relazione alla impugnazione dell’avviso di accertamento relativo all’anno di imposta
1999 -col quale venivano rettificati ricavi e recuperati costi ai fini Irpef, Iva ed Irap-,
la C.T.P. di Pescara rigettava il ricorso, mentre la CTR dell’Abruzzo, in parziale
accoglimento dell’appello del contribuente, riduceva l’entità dei ricavi accertati.
In particolare, per quanto in questa sede rileva, i giudici d’appello, dopo aver
rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione per mancanza di
specificità dei motivi nonchè il primo, secondo e terzo motivo della suddetta
impugnazione, in ordine alla ricostruzione dei ricavi effettuata dalla G.d.F. rilevavano
che gli importi corrispondenti ai numeri progressivi in cui nel predetto prospetto
risultavano riportate unicamente le commissioni non potevano essere considerati
ricavi per mancanza della documentazione attestante il perfezionamento della
promessa di vendita in essi contenuta con la consegna della merce ed il relativo
pagamento. Inoltre, in relazione all’esame di 25 casi di errori denunciati dal
contribuente, i suddetti giudici rilevavano che effettivamente in alcuni di essi la
ricostruzione dei ricavi risultava erronea, concludendo pertanto che il totale dei ricavi
dei quali era stata omessa la contabilizzazione doveva essere diminuito della somma
di £ 405.740.000.
Per la cassazione di questa sentenza l’Agenzia delle Entrate ricorre nei confronti di
Luigi Taglieri, che non ha resistito.
Ritenuto in diritto

Taglieri” di Luigi Taglieri, in un locale chiuso a chiave fu rinvenuta imponente

Con un unico motivo, deducendo violazione degli ara. 112 c.p.c. nonché 56 e 53
d.lgs. 546/1992, l’Agenzia ricorrente si duole del fatto che i giudici d’appello abbiano
preso in considerazione questioni (relative a pretesi errori di quantificazione
nell’accertamento) non accolte in primo grado e non riproposte in appello (essendosi
in tale sede il contribuente limitato ad una generica ed inammissibile censura di
omessa pronuncia), così incorrendo in extrapetizione.

Alla stregua della censura in esame, da interpretarsi in rapporto al contenuto del
relativo quesito di diritto, deve ritenersi che la ricorrente, al di là del generico
richiamo nella epigrafe del motivo all’art. 53 d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’inciso
relativo alla genericità della censura di omessa pronuncia contenuta nell’atto
d’appello, impugni la sentenza della C.T.R. per un vizio di extrapetizione, cioè per
avere i giudici d’appello pronunciato su questioni non accolte in primo grado e non
riproposte in appello, e a tale proposito è opportuno innanzitutto evidenziare che
spetta al giudice dell’impugnazione 1′ interpretazione dell’atto impugnato e dell’atto di
impugnazione al fine di individuare l’ambito censorio (essendo, anzi, il primo dei suoi
doveri) e che il sindacato sulla correttezza di tale interpretazione può essere
sollecitato solo con un’espressa censura, in sede di legittimità, che investa, ai sensi
dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis), l’attività ermeneutica
del giudice d’appello in ordine alla sentenza di primo grado ed all’atto di
impugnazione (v. tra le altre cass. n. 3245 del 2003 e n. 15118 del 2004), mentre nella
specie, come già rilevato, alla stregua del quesito di diritto che conclude il motivo in
esame, non risulta adeguatamente censurata l’interpretazione (implicitamente)
attribuita dal giudice d’appello all’atto di impugnazione e neppure la (espressamente)
ritenuta ammissibilità del suddetto appello in relazione alla presenza di specifici
motivi di impugnazione.
Tanto premesso in linea generale, è in ogni caso da evidenziare che dalla lettura
dell’atto d’appello -direttamente effettuata da questo giudice in relazione alla
deduzione di un error in procedendo- risulta innanzitutto che nelle “premesse” il
contribuente, richiamando quanto dedotto nell’atto introduttivo, afferma di avere, tra

La doglianza è infondata.

”l’altro, proposto eccezioni riferite “alle questioni di merito”, in particolare alla
“erroneità” dei conteggi riportati nel p.v.c., ed afferma altresì di avere chiesto alla
C.T.P. la declaratoria di nullità dell’avviso opposto, tra l’altro perché illegittimo in
quanto, basandosi sul p.v.c., pretende falsamente di dimostrare “conteggi assurdi di
volumi di affari inesistenti” ed inoltre perché “errato” sia per ciò che attiene agli
importi riferiti specificamente ad innumerevoli transazioni commerciali risultanti

conclusioni “generali” del recupero operato, risultando essere stati in alcuni casi
duplicati sia gli importi relativi alle presunte vendite sia le consegne di merce
effettuate.
Sempre nell’atto d’appello, dopo le premesse relative al contenuto del ricorso
introduttivo, il contribuente espone il contenuto della decisione dei primi giudici,
evidenziando che essi, dopo un breve sommario riepilogo solo di alcune delle
questioni in discussione, avevano rigettato il ricorso senza affrontare nessuna delle
eccezioni proposte, così incorrendo in omessa pronuncia.
Infine, dopo avere censurato la sentenza di primo grado anche su altre questioni
(relative al mancato invito al contraddittorio, all’illegittimo ricorso all’accertamento
induttivo in mancanza dei relativi presupposti, all’incidenza dei giudicati civili e
penali sul processo tributario, all’esito di altro accertamento scaturente dal medesimo
p.v.c. e relativo a diverso anno di imposta), il contribuente nelle conclusioni “insiste

nelle stesse richieste già proposte alla C.T.P.” ed in particolare chiede che venga
dichiarata la nullità dell’avviso opposto in quanto illegittimo, tra l’altro perché
“pretende di dimostrare conteggi assurdi di volumi di affari inesistenti” ed errato per
ciò che attiene agli importi, in quanto riferiti a transazioni commerciali non
correttamente individuate né verificate, e addirittura con duplicazioni degli importi
relativi alla presunte vendite e alle consegne di merce alle medesime persone.

Alla stregua di quanto sopra riportato emerge dunque con chiarezza che il
contribuente ha espressamente riproposto ai giudici d’appello la questione dei pretesi
errori di quantificazione nell’accertamento opposto, e lo ha fatto doppiamente, cioè

non correttamente individuate né verificate con controlli incrociati sia nelle

sia in maniera diretta, riproponendo la questione suddetta nelle conclusioni dell’atto
d’appello sia in maniera indiretta denunciando l’omessa pronuncia da parte dei
giudici di primo grado su di una serie di questioni (tra le quali, appunto, quella
relativa alla erroneità, sotto diversi profili, dei conteggi), posto che, avendo l’appello
carattere devolutivo, la denuncia di una omessa pronuncia da parte del giudice di
primo grado investe in ogni caso il giudice d’appello della questione sulla quale i

Alla luce di quanto sopra esposto il ricorso deve essere rigettato.
In assenza di attività difensiva nessuna decisione va assunta in ordine alle spese del
presente giudizio di legittimità.
PQM
La Corte rigetta il ricorso

Roma 26-06-2015
L’E nsore

Il Presidente

primi giudici non si sono pronunciati.

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