Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20271 del 25/09/2020

Cassazione civile sez. II, 25/09/2020, (ud. 25/06/2020, dep. 25/09/2020), n.20271

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22064/2019 proposto da:

S.A.H., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G.

MAZZINI, 6, presso lo studio dell’avvocato MANUELA AGNITELLI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

e contro

PREFETTURA DELLA PROVINCIA DI SASSARI;

– intimata –

avverso il decreto n. 111/2019 del GIUDICE DI PACE di SASSARI,

depositata il 13/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/06/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. S.A.H. cittadino del (OMISSIS), ricorre a questa Corte avverso l’epigrafato provvedimento con il quale il Giudice di Pace di Sassari ha rigettato l’opposizione del medesimo avverso il decreto di espulsione del Prefetto di Sassari, ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, e ne chiede la cassazione sulla base dei seguenti motivi: 1) nullità del decreto per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, mancata pronuncia sulla contestazione espulsiva – grave difetto di istruttoria. Il ricorrente censura il provvedimento impugnato nella parte in cui ha ritenuto che alla base dell’espulsione vi fosse la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. c). Al contrario, il decreto di espulsione si fondava sulla violazione dell’art. 13, comma 2, lett. a), del medesimo decreto, ovvero per essere entrato lo straniero nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera. Dunque, il provvedimento impugnato violerebbe il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, individuando una diversa contestazione espulsiva; 2) omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio per non avere il giudice di primo grado considerato l’erronea contestazione espulsiva operata dal prefetto, nonostante le allegazioni del ricorrente. Insufficiente pronuncia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3. e 5. Il ricorrente non si era sottratto ai controlli di frontiera ma era arrivato mediante un barcone approdato sulle coste della Sicilia ed era stato condotto presso il Centro per i richiedenti asilo dove aveva manifestato la sua intenzione di chiedere la protezione internazionale. Dunque, la prefettura avrebbe dovuto contestare del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, lett. b). Perchè il ricorrente non si era sottratto ai controlli di frontiera; 3) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 7, per avere il giudice di pace confermato il decreto di espulsione in pendenza della richiesta di protezione internazionale, pur concedendo la sospensiva per tale ragione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, difetto d’istruttoria. A parere del ricorrente il decreto di espulsione sarebbe illegittimo perchè emesso durante la pendenza del termine per proporre eventuale ricorso per cassazione avverso il rigetto della domanda di protezione internazionale che determina un effetto sospensivo dell’espulsione. Peraltro, a seguito della domanda di protezione internazionale, il giudice di pace sospendeva il provvedimento impugnato salvo poi confermare il decreto di espulsione

2. Il Ministero dell’interno si è costituito tardivamente al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. I tre motivi di ricorso che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

2. La censura relativa al fatto che il decreto di espulsione faceva riferimento al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. a) e che il giudice di pace ha invece motivato il rigetto in relazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, medesimo art. 13, comma 2, lett. c), è inammissibile.

Dalla lettura del ricorso per cassazione (pag. 4) e del decreto del giudice di pace (pag. 2), infatti, si evince che i motivi di opposizione proposti dal ricorrente riguardavano: la mancanza di motivazione L. n. 241 del 1990, ex art. 3, la violazione del diritto di difesa per la mancata traduzione del provvedimento opposto, il divieto di espulsione D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 19, l’omessa applicazione della direttiva Europea del rimpatrio volontario (2008/115/C) e la pendenza della domanda di protezione internazionale, proposta presso la commissione territoriale di Sassari e impugnata dinanzi al Tribunale di Cagliari.

Non vi era, dunque, alcuna censura in ordine all’applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. a) e dunque non si è realizzata alcuna violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c..

D’altra parte, lo stesso ricorrente è consapevole che si tratta di un mero refuso laddove afferma (pag. 5) che ciò che potrebbe apparire come refuso in realtà non lo è per la valutazione sulla pericolosità del ricorrente.

Nel caso di specie, dunque, in disparte il difetto di specificità del motivo, deve affermarsi che il giudice di pace non ha rigettato uno specifico motivo di opposizione, ritenendo la legittimità del provvedimento espulsivo sulla base di una diversa motivazione dell’atto rispetto a quella contestata dall’opponente.

3. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per la novità della censura oltre ad essere manifestamente infondato.

Il ricorrente riferisce di aver proposto nel suo ricorso in opposizione un motivo relativo al difetto di motivazione del provvedimento espulsivo.

La censura che in questa sede propone, invece, si sostanzia in una specifica contestazione del difetto del presupposto espulsivo per non essersi realizzata l’ipotesi contemplata dall’art. 13, comma 2, lett. a), dell’essersi il ricorrente sottratto a ai controlli di frontiera.

Si tratta all’evidenza di un motivo nuovo non proposto con l’atto di opposizione dinanzi al giudice di pace. Deve farsi applicazione del principio consolidato secondo cui: “In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacchè i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito nè rilevabili di ufficio” (ex plurimis Sez. 2, Sent. n. 20694 del 2018, Sez. 6-1, Ord n. 15430 del 2018).

In ogni caso, anche a fini nomofilattici, deve precisarsi che la giurisprudenza richiamata dal ricorrente (Sez. 6-1, Ord. n. 22625 del 2017) si fonda su una precedente pronuncia (Sez. 1, Sentenza n. 20668 del 2005) che riguardava un caso del tutto diverso da quello in esame. Infatti, nel caso richiamato, lo straniero non si era sottratto al controllo di frontiera ma, nonostante la mancanza del visto di ingresso, le autorità preposte non avevano rilevato ostacoli all’ingresso in Italia.

Nell’ipotesi dello straniero che approda sulle coste del Paese, invece, si rientra a pieno titolo nell’ipotesi di cui del D.Lgs. n. 286 del 1998, lett. a), anche qualora vi sia stato un immediato soccorso con manifestazione dell’intenzione di chiedere asilo o protezione internazionale. L’art. 13, comma 2, citata lett. a), infatti, contempla l’ipotesi dello straniero entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera che non è stato respinto ai sensi dell’art. 10.

L’art. 10, a sua volta prevede, che: Il respingimento con accompagnamento alla frontiera è altresì disposto dal questore nei confronti degli stranieri: a) che entrando nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, sono fermati all’ingresso o subito dopo; b) che, nelle circostanze di cui al comma 1, sono stati temporaneamente ammessi nel territorio per necessità di pubblico soccorso.

Il medesimo D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 4, prevede che: L’ingresso nel territorio dello Stato è consentito allo straniero in possesso di passaporto valido o documento equipollente e del visto d’ingresso, salvi i casi di esenzione, e può avvenire, salvi i casi di forza maggiore, soltanto attraverso i valichi di frontiera appositamente istituiti.

Peraltro, nel caso dello straniero che fa ingresso nel territorio dello Stato in violazione delle norme del testo unico del D.Lgs. n. 286 del 1998, successivo art. 10 bis, prevede perfino un’ipotesi di reato sanzionato con la pena dell’ammenda da 5.000 a 10.000 Euro. Tuttavia, nel caso di presentazione di una domanda di protezione internazionale di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, il procedimento penale è sospeso e solo acquisita la comunicazione del riconoscimento della protezione internazionale di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ovvero del rilascio del permesso di soggiorno nelle ipotesi di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3, nonchè nelle ipotesi di cui agli artt. 18, 18-bis, 20-bis, art. 22, comma 12-quater, art. 42-bis del Testo unico e nelle ipotesi di cui alla L. 7 aprile 2017, n. 47, art. 10, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere.

Nessun rilievo, dunque, assume il permesso temporaneo per il richiedente asilo ai fini della motivazione del decreto di espulsione e la fattispecie in esame rientra nell’ipotesi di sottrazione ai controlli alla frontiera di cui del D.Lgs. n. 286 del 1998, lett. a) e non in quella di cui alla successiva lett. b) per la mancanza di un valido titolo di soggiorno.

4. Quanto alla violazione dell’art. 19 il motivo è infondato, dovendosi in proposito richiamare l’indirizzo consolidato di questa Corte secondo il quale: “In tema di disciplina dell’immigrazione, poichè il provvedimento amministrativo di espulsione dello straniero extracomunitario è obbligatorio e a carattere vincolato, il giudice ordinario è tenuto unicamente a controllare l’esistenza, al momento dell’espulsione, dei requisiti di legge che ne impongono l’emanazione, senza che sia possibile configurare un obbligo di sospensione necessaria del relativo procedimento qualora ne sia pendente un altro nel quale si controverta dell’esistenza dei presupposti idonei a legittimare l’adozione del relativo decreto – Nella specie, la S.C. ha confermato il provvedimento del giudice di pace che, in pendenza di altro ricorso volto ad ottenere il riconoscimento dello “status” di rifugiato politico in favore di straniero al quale era stato revocato il permesso di soggiorno, aveva negato che da tale pendenza dovesse derivare l’obbligo di sospensione del procedimento di espulsione” (Sez. 1, Sent. n. 22367 del 2007).

Di recente questa Corte ha ulteriormente ribadito che: “In tema di immigrazione, in virtù del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 7, comma 2 (testo previgente alle modifiche apportate dal D.L. n. 113 del 2018, conv., con modif., in L. n. 132 del 2018) e in conformità alla giurisprudenza della Corte di giustizia UE, la domanda di protezione internazionale non rende invalido il provvedimento di espulsione, ma ne sospende l’efficacia fino a che non interviene la decisione della Commissione territoriale, all’esito della quale, ove la domanda di protezione sia rigettata, la procedura di espulsione riprenderà dal punto in cui era rimasta, mentre, ove la medesima domanda sia accolta, lo straniero acquisirà un autonomo titolo di soggiorno, il quale non ne impedirà comunque l’espulsione, se ricorrono i presupposti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 20 (e cioè quando lo straniero è pericoloso per la sicurezza dello Stato, per l’ordine pubblico o per la sicurezza pubblica), da valutarsi caso per caso” (Sez. 1, Sent. n. 27077 del 2019).

Si è anche precisato che: “nel caso in cui la domanda di protezione internazionale dello straniero sia proposta dopo l’adozione del decreto di espulsione del medesimo, detto decreto non è colpito da sopravvenuta invalidità, restandone soltanto sospesa l’efficacia, con la conseguenza che il giudice di pace adito a norma del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 8, non può, in ragione della proposizione della menzionata domanda, pronunciarne l’annullamento” (Sez. 1, Ord. n. 5437 del 2020).

Nel dare continuità a tale indirizzo interpretativo, deve anche ribadirsi che al richiedente la protezione internazionale è rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta di asilo e che la stessa ricevuta attestante la presentazione della relativa domanda costituisce permesso di soggiorno provvisorio (D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 4, commi 1 e 3 cit.): per il che la previsione dell’art. 7 D.Lgs. n. 25 del 2008 – il quale afferma il diritto del richiedente a rimanere nel territorio dello Stato fino alla decisione della commissione territoriale – si salda con l’acquisizione, da parte dello straniero che abbia presentato domanda di asilo, di un autonomo titolo di soggiorno, il quale cesserà però di produrre i suoi effetti con la pronuncia su tale domanda, salvo quanto previsto, per l’ipotesi di successivo ricorso giurisdizionale, dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 3 e 4.

3. Il ricorso per i motivi esposti dev’essere rigettato. Nulla sulle spese, non avendo svolto attività difensiva il Ministero intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2020

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