Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2027 del 29/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 29/01/2020, (ud. 22/10/2019, dep. 29/01/2020), n.2027

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30033-2018 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALDINIEVOLE,

11, presso lo studio dell’avvocato ESTER FERRARI MORANDI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA, 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA

PULLI, MANUELA MASSA, PATRIZIA CIACCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2810/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

10/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LEONE

MARGHERITA MARIA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Il Tribunale di Roma in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c. con sentenza n. 2810/2018 aveva rigettato la domanda di S.A. diretta al riconoscimento della indennità di accompagnamento ed aveva condannato quest’ultimo a pagare in favore dell’inps le spese processuali nella misura di tre quarti dell’intera somma determinata in Euro 2.000,00. Il Tribunale aveva ritenuto non applicabile al caso di specie le disposizioni di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c., in quanto la dichiarazione inserita in atti al fine dell’esenzione, non conteneva l’indicazione in termini numerici del reddito.

Avverso tale ultime statuizione lo S. aveva proposto ricorso affidato ad un solo motivo cui aveva resistito con controricorso l’Inps e con successiva memoria.

Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1) Con unico motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver, il tribunale affermato che non era, la dichiarazione presentata, idonea ai fini della esenzione dal pagamento delle spese di lite e di ctu. A riguardo il Tribunale aveva rilevato che nella dichiarazione non era indicato in termini numerici il reddito.

Deduce parte ricorrente che nel ricorso introduttivo del giudizio era presente la dichiarazione in questione, non necessitante di particolari formalità espressive, anche accompagnata da dichiarazione sostitutiva sottoscritta personalmente dallo stesso circa le condizioni di cui al D.Lgs. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, così risultando errata la statuizione del tribunale.

Il motivo risulta fondato.

Questa Corte ha chiarito che “Ai fini dell’esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari, nei giudizi per prestazioni previdenziali, la dichiarazione sostitutiva di certificazione delle condizioni reddituali, da inserire nelle conclusioni dell’atto introduttivo ex art. 152 disp. att. c.p.c., sostituito dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, conv. nella L. n. 326 del 2003, è inefficace se non sottoscritta dalla parte, poichè a tale dichiarazione la norma connette un’assunzione di responsabilità non delegabile al difensore, stabilendo che “l’interessato” si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito” (Cass. n. 22952/2016).

Ha poi soggiunto che “è del pari consolidato il principio secondo cui va ritenuta efficace la dichiarazione sostitutiva che, pur materialmente redatta su foglio separato, sia espressamente richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e ritualmente prodotta con il medesimo – v. tra le altre, Cassazione civile, sez. VI, 26/07/2011, n. 16284; 29/11/2016, n. 24303 cit. -” (Cass. n. 23424/2018).

Nel caso di specie la dichiarazione sostitutiva allegata al ricorso risulta sottoscritta dalla parte interessata e pertanto riveste i criteri della idoneità ai fini della invocata esenzione. Quanto al suo contenuto deve evidenziarsi che questa corte ha rilevato che: “In tema di esenzione dal pagamento delle spese nei giudizi per prestazioni previdenziali, l’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, conv., con modif., dalla L. n. 326 del 2003, e risultante dall’aggiunta operata dalla L. n. 69 del 2009, art. 52, comma 6, stante il richiamo limitato al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 79, commi 2 e 3, con esclusione del comma 1, che disciplina il contenuto dell’istanza per il gratuito patrocinio, non impone alla parte ricorrente l’indicazione specifica dell’entità del reddito nella prescritta dichiarazione sostitutiva, in un’ottica di semplificazione delle condizioni di accesso alla tutela giurisdizionale, coerente con la “ratio” ispiratrice della disciplina di favorire l’effettivo accesso alla tutela di diritti costituzionalmente garantiti, benchè diretta ad evitare e punire gli abusi” (Cass. n. 24303/2016; Cass. n. 8478/2017).

In ragione degli esposti principi, il motivo deve quindi essere accolto e cassata la sentenza con riguardo al motivo accolto. Non risultando necessari ulteriori accertamenti istruttori, decidendo nel merito, deve dichiararsi il ricorrente non tenuto al pagamento delle spese processuali della fase di merito ponendo le spese di ctu interamente a carico dell’Inps. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della parte ricorrente nella misura di cui al dispositivo.

Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza con riguardo al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara il ricorrente non tenuto al pagamento delle spese processuali relative alla fase di merito, ponendo le spese di ctu a carico dell’Inps.

Condanna l’Inps al pagamento delle del giudizio di legittimità liquidate in Euro 1.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Con distrazione al procuratore antistatario.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2020

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