Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2027 del 26/01/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2027 Anno 2018
Presidente: SCALDAFERRI ANDREA
Relatore: FALABELLA MASSIMO

ORDINANZA
sul ricorso 1232-2017 proposto da:
TRITICO BARTOLOMEO, elettivamente domiciliato in RONLA, VIA
AMITERNO 2, presso lo studio dell’avvocato MARIA CENTO,
rappresentato e difeso dall’avvocato ANGELA BLANDO;

– ricorrente contro
UNICREDIT SPA, in persona del Procuratore legale, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA IN ARCIONE 71, presso lo studio
dell’avvocato STEFANO D’ERCOLE, che la rappresenta e difende;

– controricorrente nonché contro
1

Data pubblicazione: 26/01/2018

SICILCASSA IN LCA;
– intimata avverso la sentenza n. 1789/2015 della CORTE D’APPELLO di
PALERMO, depositata il 30/11/2015;

partecipata del 28/11/2017 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO
FALABELLA;
dato atto che il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento
in forma semplificata, giusta decreto 14 settembre 2016, n.136/2016 del
Primo Presidente.

FATTI DI CAUSA
1. — Tritico Bartolomeo agiva in giudizio lamentando, con
riferimento al rapporto intrattenuto con Sicilcassa, la nullità della
capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, la nullità della
commissione di massimo scoperto e l’applicazione di interessi usurari;
domandava, così, la ripetizione delle somme indebitamente riscosse
dalla banca in proprio danno.
Si costituiva in giudizio il Banco di Sicilia, avente causa di
Sicilcassa, e quest’ultima.
Il Tribunale di Marsala, sezione distaccata di Partanna, respingeva
la domanda rilevando come la posizione debitoria dell’attore fosse stata
definita in via transattiva.
g. –

Tritico proponeva appello, deciso con sentenza del 30

novembre 2015: tale pronuncia riformava la sentenza di primo grado
limitatamente alle invalidità di cui veniva riconosciuto affetto il rapporto
bancario: veniva così dichiarata la nullità delle clausole con le quali era
stata prevista la capitalizzazione degli interessi debitori e la commissione
2

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

di massimo scoperto. La domanda di ripetizione era invece disattesa in
ragione della intercorsa transazione.
3. — Contro la sentenza resa dalla Corte di appello di Palermo
Tritico propone un ricorso per cassazione articolato in due motivi.

Resiste con controricorso Unicredit s.p.a., società in cui si è fusa per
incorporazione il Banco di Sicilia. Il ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. — 11 primo motivo lamenta la violazione dell’art. 1429 c.c..
Rileva l’istante che i giudici di merito avrebbero dovuto rilevare l’illiceità
dell’accordo transattivo, posto che egli era caduto in errore
nell’apprezzamento degli importi che non avrebbero dovuto essere
corrisposti a titolo di anatocismo e di commissione di massimo
scoperto. In particolare, deduce di essere stato indotto a ritenere valide
ed efficaci le disposizioni contrattuali che prevedevano la
capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori e la nominata
commissione.
Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente, con riferimento all’annullabilità della transazione per
errore o dolo, propone una questione non rilevabile d’ufficio (Cass.
39 marzo 1984, n. 2082) e implicante accertamenti di fatto — di cui la
sentenza impugnata non tratta. Come è ben noto, ove con il ricorso per
cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella
sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una
statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di
allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma
anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di
indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto,
onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di
tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione
3

e

/

(Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675; cfr. pure: Cass. 28 luglio 2008, n.
20518; Cass. 26 febbraio 2007, n. 4391; Cass. 12 luglio 2006, n. 14599;
Cass. 2 febbraio 2006, n. 2270).
2. — Con il secondo motivo è denunciata la violazione dell’art.

avendo ritenuto nulle le clausole del contratto di conto corrente
bancario, non aveva motivato circa l’essenzialità delle predette rispetto
alla transazione.
Anche tale motivo è inammissibile.
La Corte di Palermo ha osservato che dalla nullità della
transazione sul titolo nullo non consegue la nullità di singole clausole del
contratto se di esse non risulti, a norma dell’art. 1419 c.c., l’essenzialità
rispetto al contratto stesso. Ha quindi osservato che Tritico non aveva
neppure allegato l’essenzialità di tali clausole e che, comunque, la stessa
non risultava «in alcun modo».
Detto che il giudice distrettuale ha fatto retta applicazione del
principio di diritto, più volte affermato da questa Corte, secondo cui
l’invalidità di cui al comma 2 dell’art. 1972 c.c. consegue alla nullità di
singole clausole del contratto base solo quando di esse risulti, ai sensi
dell’art. 1419 c.c., l’essenzialità rispetto al contratto stesso(per tutte:
Cass. 8 febbraio 2016, n. 2413; Cass. 11 novembre 2016, n. 23064), va
osservato che il motivo è orientato verso una contestazione che è del
tutto estranea alla censurata violazione di legge e che non può dare
ingresso allo scrutinio previsto dall’art. 360, n. 3 c.p.c..
Infatti, nel ricorso per cassazione il vizio della violazione e falsa
applicazione della legge di cui all’art. 360, n. 3 c.p.c., giusta il disposto di
cui all’art. 366, n. 4 c.p.c., deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto
mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute
nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con
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1972 c.c.. L’istante si duole di ciò: la Corte di appello di Palermo, pur

le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse
fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non
risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio
compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata

25419; Cass. 26 giugno 2013, n. 16038; Cass. 28 febbraio 2012, n. 3010).
Né il motivo potrebbe essere riqualificato come censura
riconducibile alla previsione dell’art. 360, n. 5 c.p.c.. A parte il fatto che,
anche letta in tal modo, l’impugnazione non coglierebbe appieno la ratio

decidendi della sentenza impugnata, dal momento che resterebbe non
censurata l’affermazione, contenuta nella pronuncia, secondo cui «il
Tritico non ha neppure allegato l’essenzialità di tali clausole», è da
osservare che la Corte di merito ha argomentato circa l’insussistenza di
tale essenzialità e che l’istante non indica il fatto decisivo, oggetto di
discussione tra le parti che il giudice di appello avrebbe mancato di
prendere in esame (dovendosi qui ricordare che il ricorrente, nel
proporre la censura di cui all’art. 360, n. 5 c.p.c., deve indicare il «fatto
storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestualc,
da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato
oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività», fermo
restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé,
il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico,
rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal
giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze
probatorie: Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile
2014, n. 8054).
3.

Il ricorso va dichiarato, così, inammissibile.

4. — Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.
5

violazione (Cass. 12 gennaio 2016, n. 287; Cass. 1 dicembre 2014, n.

La Corte
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in
favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità,
che liquida in € 4.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella

accessori di legge; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115
del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della 1. n. 228 del 2012, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 Sezione
Civile, in data 28 novembre 2017.

Il Presidente

misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in E, 100,00, ed agli

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