Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2027 del 26/01/2017
Cassazione civile, sez. VI, 26/01/2017, (ud. 30/11/2016, dep.26/01/2017), n. 2027
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. MANNA Felice – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 8895/2016 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrente –
contro
A.P., A.A., elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA CASSIODORO 1/A, presso lo studio dell’avvocato MARCO ANNECCHINO,
rappresentati e difesi dall’avvocato ANNA RITA FRAU, giusta procura
speciale a margine del ricorso;
– controricorrenti –
avverso il decreto n. cron. 12628/2015 della CORTE di ROMA, emesso il
27/10/2014 e depositato il 12/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
30/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ELISA PICARONI;
udito l’Avvocato Anna Rita Frau, per i controricorrenti, che si
riporta agli scritti.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che, con decreto depositato il 20 ottobre 2015, la Corte d’appello di Roma ha accolto l’opposizione proposta da A.A. e A.P., ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5-ter, avverso il decreto del Consigliere designato che aveva riconosciuto il diritto degli istanti all’equa riparazione per la durata irragionevole del giudizio introdotto dinanzi al Tribunale di Cagliari nel 2001 e concluso con sentenza del 2012, sulla base dell’accertamento della durata complessiva del giudizio presupposto in 7 anni;
che, secondo la Corte d’appello, la durata del predetto giudizio era pari a 10 anni, 10 mesi e 26 giorni, ai quali dovevano essere detratti 3 anni per il giudizio di primo grado, con il risultato che l’eccedenza era pari a 7 anni, 10 mesi e 26 giorni;
che la Corte d’appello ha quindi liquidato l’importo di Euro 10.000,00 in favore di ciascuno dei ricorrenti, con interessi legali dalla domanda;
che il Ministero della giustizia, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, ricorre per la cassazione del decreto sulla base di due motivi; che A.A. e A.P. resistono con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;
che con entrambi i motivi di ricorso, il Ministero della giustizia denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4, contestando l’applicazione della disciplina della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale al termine sostanziale di decadenza, previsto dall’art. 4 citato;
che a sostegno della tesi, più volte respinta da questa Corte come lo stesso ricorrente non manca di evidenziare, sono richiamate la sentenza delle Sezioni Unite n. 16783 del 2012 – che ha escluso il decorso della prescrizione estintiva decennale in pendenza del processo presupposto -, e la nuova formulazione della L. n. 89 del 2001, artt. 3 e 4, che hanno configurato il procedimento monitorio connotato da speditezza e urgenza, che il ricorrente reputa non conciliabile con la proroga dei termini cui dà luogo la sospensione ex L. n. 742 del 1969;
che le doglianze sono manifestamente infondate alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte, che non è messa in discussione dagli argomenti sopra indicati;
che, infatti, come chiarito da tempo (Cass., sez. 1, sent. n. 5895 del 2009), poichè fra i termini per i quali la L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, prevede la sospensione nel periodo feriale vanno ricompresi non solo i termini inerenti alle fasi successive all’introduzione del processo, ma anche il termine entro il quale il processo stesso deve essere instaurato, allorchè l’azione in giudizio rappresenti, per il titolare del diritto, l’unico rimedio per fare valere il diritto, detta sospensione si applica anche al termine di sei mesi previsto dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, per la proposizione della domanda di equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo;
che viene dunque in rilievo il diritto di azione, come puntualmente evidenziato nella motivazione della richiamata sentenza n. 5895 del 2009 di questa Corte, sicchè la lettura sollecitata dal ricorrente presenta profili di potenziale contrasto con la giurisprudenza costituzionale in quanto ostativa all’attuazione del diritto alla ragionevole durata del processo in ambito nazionale;
che la conclusione non muta alla luce della nuova configurazione bifasica dell’unico procedimento, la cui ratio acceleratoria si realizza con la previsione della idoneità del provvedimento assunto all’esito della fase monitoria a definire il giudizio, nel caso di mancata proposizione dell’opposizione (ex plurimis, Cass., sez. 6-2, sent. n. 19348 del 2015);
che il ricorso è rigettato e il Ministero ricorrente è condannato al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente Ministero della giustizia al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 800,00, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, della Corte Suprema di Cassazione, il 30 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2017