Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2027 del 24/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 24/01/2022, (ud. 01/07/2021, dep. 24/01/2022), n.2027

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18934-2020 proposto da:

O.M.F., rappresentata e difesa dall’avvocato NICOLA

QUINTO ed elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DI VILLA

PAMPHILI, 44, presso lo studio dell’avvocato LUCA VOLPE,

avvnicolaquinto01.pec.ordineavvocatitrani.it;

– ricorrente –

contro

ITALFONDIARIO SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANNA PUTIGNANO ed elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA LUIGI LILIO 95, presso lo studio

dell’avvocato TEODORO CARSILLO, pec: anna.putignano.legaimail.it;

– controricorrente –

contro

O.G., C.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 426/2020 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 24/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata dell’1/07/2021 da Consigliere Relatore Dott. MOSCARINI

ANNA.

 

Fatto

CONSIDERATO

che:

1.La società Italfondiario SpA (di seguito Italfondiario) in qualità di procuratrice della società Castello Finance s.r.l. (di seguito Castello Finance), allegando di essere creditrice dei coniugi O.G. e C.A. per un saldo debitore di un conto corrente intestato ad O. e garantito da fideiussione della moglie, convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Bari, i due coniugi (debitori alienanti) e la figlia O.M.F. (terza acquirente) per sentir dichiarare la simulazione assoluta o, in subordine, l’inefficacia ex art. 2901 c.c. dell’atto di compravendita del suolo edificatorio sito in (OMISSIS) di mq 116.

2. Il Tribunale di Bari, con sentenza del 9/12/2016, accolse la domanda subordinata e, per l’effetto, dichiarò l’inefficacia del suddetto atto di trasferimento immobiliare nei confronti del creditore. La Corte d’Appello di Bari, adita con distinti atti di appello da O.M.F. e dai coniugi O.- C., con sentenza del 24/2/2020, ha rigettato entrambi i gravami ritenendo, per quanto ancora qui di interesse:

a) la sussistenza dei presupposti dell’azione ex art. 2901 c.c. in quanto l’atto aveva pregiudicato le ragioni creditorie indipendentemente dal fatto che i creditori avessero svolto un’azione esecutiva sull’intero patrimonio immobiliare dei debitori senza interessare la particella oggetto di revocazione;

b) l’eventus damni era da considerarsi in re ipsa perché l’atto dispositivo aveva reso impossibile procedere alla vendita del fabbricato pignorato;

a) Quanto all’elemento soggettivo, atteso che il credito era anteriore all’atto dispositivo, era sufficiente la sola consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio agli interessi creditori, non rilevando, viceversa, il consilium fraudis del terzo ma la sola partecipatio fraudis, desumibile in via presuntiva, dal vincolo di parentela tra le parti, dalla loro coabitazione, dalla divergenza tra prezzo pattuito e prezzo di mercato nonché dalla tempistica dell’atto dispositivo rispetto all’espropriazione forzata; l’esaurimento, con l’atto impugnato, della consistenza del patrimonio immobiliare dei debitori.

3. Avverso la sentenza O.M.F. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

Ha resistito la società Italfondiario SpA, nella già indicata qualità, con controricorso.

4. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in Camera di Consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c.

La proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di Consiglio.

Parte resistente ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso – violazione e falsa applicazione degli artt. 2901 e 2902 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente assume che la sentenza impugnata abbia erroneamente collegato l’atto revocato con l’espropriazione forzata promossa da altro creditore e nell’ambito della quale l’Italfondiario aveva svolto intervento. A dire della ricorrente tale collegamento era erroneo perché sulla particella oggetto di disposizione non era stato effettuato alcun pignoramento, a riprova del fatto che i creditori avevano consapevolmente limitato la procedura esecutiva ad altri beni perché stimata sufficiente a soddisfare le ragioni creditorie. Dunque mancava l’eventus damni e la scientia fraudis dei debitori, così come il consilium fraudis, non potendo ipotizzarsi in capo alla figlia, terza acquirente, un’intenzione speculativa mancante nei genitori.

2. Con il secondo motivo – illogicità e contraddittorietà della motivazione di cui alla sentenza n. 426/2020 della Corte d’Appello di Bari per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 -la ricorrente prospetta la illogicità e contraddittorietà della motivazione per aver posto il collegamento tra l’espropriazione forzata su altri beni e l’atto di disposizione patrimoniale sulla particella venduta, senza avvedersi che proprio quella circostanza di fatto – avvenuta esecuzione su beni diversi da quelli oggetto di disposizione patrimoniale – avrebbe dovuto condurre la Corte di merito ad escludere la sussistenza di alcun pregiudizio alle ragioni creditorie.

3. Con il terzo motivo – violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma quater, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente si duole della condanna alle spese del grado.

1-3 Il ricorso e’, nel suo complesso, inammissibile.

I primi due motivi hanno carattere fattuale e sono volti a sollecitare questa Corte ad un riesame dei presupposti dell’actio pauliana, rimessa alla valutazione del giudice del merito. Le censure neppure attingono adeguatamente le rationes decidendi dell’impugnata sentenza la quale, considerata la conseguenzialità anche temporale tra la procedura di espropriazione forzata promossa su altri beni dei debitori e l’atto di disposizione patrimoniale, ha correttamente rilevato che quest’ultimo, di fatto, aveva impedito il pignoramento su una parte del complesso immobiliare e dunque aveva paralizzato l’azione esecutiva, da ciò traendo conferma circa il carattere pregiudizievole del trasferimento, la consapevolezza, da parte dei debitori, di ledere la garanzia patrimoniale del credito e la indefettibile consapevole partecipazione anche della figlia, terza acquirente. A fronte di tale puntuale accertamento la ricorrente si limita a prospettare una ricostruzione alternativa dei fatti, senza invero sottoporre a critica l’impugnata sentenza. Ulteriore profilo di inammissibilità è da ravvisarsi nel secondo motivo di ricorso là dove la ricorrente prospetta vizi di illogicità e di contraddittorietà della motivazione che non sono più presenti nel perimetro dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1 lett. b), convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis.

Il terzo motivo, relativo alla statuizione di condanna alle spese, è anch’esso palesemente inammissibile, perché non costituisce idoneo esercizio del diritto di impugnazione: la ricorrente si limita a censurare, in modo del tutto generico, la statuizione di condanna alle spese, che il giudice del merito ha correttamente correlato alla soccombenza, senza neppure indicare, con ciò violando l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, le ragioni per i quali si chiede la cassazione (Cass. 3, n. 359 dell’11/1/2018, Cass., 3, n. 17330 del 31/8/2015; Cass., 1, n. 22478 del 24/9/2018) e facendo con lo stesso riferimento non al regolamento delle spese disposto con la sentenza impugnata, ma a quello, in ipotesi, conseguente all’esito sperato della lite (Cass. 29/11/2019, n. 31).

4. Conclusivamente il ricorso è dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento a parte della ricorrente di una somma, a titolo di contributo unificato, pari a quella versata per il ricorso, se dovuta.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 5.600 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello eventualmente versato per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 3 della Corte di cassazione, il 1 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2022

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