Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20267 del 09/10/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 20267 Anno 2015
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA

sul ricorso 16122-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrentecontro

2015
2384

TOGNA FIORENZO;
– intimato

avverso la sentenza n. 42/2008 della COMM.TRIB.REG.
di MILANO, depositata il 19/02/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Data pubblicazione: 09/10/2015

udienza del 24/06/2015 dal Consigliere Dott. MARIO
CIGNA;
udito per il ricorrente l’Avvocato FIORENTINO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

raccoglimento per quanto di ragione del ricorso.

Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per

< . ..4<' Ni. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Togna Fiorenzo ha proposto ricorso dinanzi alla CTP di Brescia awerso cartella di pagamento emessa per la riscossione delle sanzioni irrogate nei suoi confronti dall'Amministrazione Finanziaria in esecuzione di due sentenze della CTR Lombardia, passate in giudicato (sentenza 32/55/2003, depositata il 28-4-2003, e 140/66/2003, depositata il 12-1-2004), le quali, in quanto amministratore di fatto della A.D. EUROPA srl, lo avevano considerato responsabile solidale ex art. 98 dpr 602/73 per violazioni tributarie (riguardanti IRPEG L'adita CTP ha accolto il ricorso. Con sentenza depositata il 19-2-2008 la CTR Lombardia, sez. staccata di Brescia, ha rigettato l'appello dell'Ufficio; in particolare la CTR, precisato che non poteva che prendere atto delle dette sentenze passate in giudicato, ha tuttavia evidenziato che, ai sensi dell'art. 3, comma 2, d.lgs 472/97, "nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo la legge posteriore, non costituisce violazione punibile"; nel caso di specie, la violazione accertata in capo al contribuente non era più punibile; il contribuente, infatti, non poteva più essere chiamato a rispondere delle sanzioni applicate alla società, in quanto, ai sensi dell'art. 7 del d.l. 269/03, conv. in L. 326/2003, "le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società ... sono esclusivamente a carico della persona giuridica". Awerso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l'Agenzia, affidato a sei motivi; il contribuente non ha resistito. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo l'Agenzia, denunziando -ex art. 360 n. 4 cpc- vizio di ultrapetizione e violazione dell'art. 112 cpc, ha evidenziato che la Cili aveva d'ufficio rilevato la violazione dell'art. 7 d.l. 269/2003 (applicabile retroattivamente ex art. 3, comma 2 d.lgs 472/1997); violazione non dedotta dal contribuente, che nel ricorso dinanzi alla CTP si era infatti limitato ad eccepire la sopravvenienza sia del giudicato formatosi con una successiva sentenza (101/64/05) della CTR Lombardia (relativa a sanzioni per il 1993) sia della circolare 57E del 27-1-2006, con la quale l'amministrazione Finanziaria aveva ritenuto non applicabile l'art. 98 dpr 602/73 ad ipotesi quale quelle in questione. Con il secondo motivo l'Agenzia, denunziando -ex art. 360 n. 3 cpc- violazione e falsa applicazione dell'art. 7 d.l. 269/2003 e dell'art. 3, comma 2, d.lgs 472/1997, ha dedotto che la CTR aveva erroneamente ritenuto applicabile il cit. art. 7 a sanzioni già irrogate prima della sua entrata in vigore; in base, infatti, all'art.7, comma 2, dl. 269/2003, il nuovo regime sanzionatorio relativo alle persone giuridiche, tale da escludere la corresponsabilità di persone fisiche, doveva ritenersi applicabile unicamente alle violazioni non contesta ‘9 o per le quali la sanzione, alla data di entrata in vigore del detto d.l. (2-10-2003) non era stata anco ed ILOR 1991 e 1992) contestate con specifici avvisi di accertamento alla detta società. irrogata; nel caso di specie, invece, alla detta data le sanzioni erano state contestate, irrogate e confermate da sentenze della CTR in procinto di passare in giudicato. Con il terzo e quarto motivo l'Agenzia, denunziando -ex art. 360 n. 3 e 4 cpc- violazione dell'art. 2909 cc, ha dedotto che con l'impugnata decisione la CTR aveva consentito di fatto al contribuente di ribaltare due sentenze passate in giudicato e, per giunta, sulla base di una norma (di. 269/2003) entrata in vigore prima del formarsi del giudicato; la presunta applicabilità dell'art. 7 al caso di specie poteva e doveva, invece, attraverso ricorso per cassazione avverso le sentenze della CTR, lo ius superveniens di cui al cit. art. 7; il giudicato formatosi sui detti avvisi di accertamento precludeva, invece, ogni ulteriore cognizione in ordine alle sanzioni di cui agli avvisi medesimi. Con il quinto e sesto motivo l'Agenzia, denunziando -ex art. 360 n. 3 e 4 cpc- violazione dell'art. 19 d.lgs 546/92, ha sostenuto l'erroneità* della sentenza della CTR per non avere dichiarato l'inammissibilità del ricorso avverso la cartella, in quanto impugnata non per vizi propri. Il secondo motivo è fondato, con conseguente assorbimento degli altri Appare utile riepilogare le normative che si sono succedute nel tempo. L'art. 98, comma 1, dpr 602/73, concernente "disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito" (e, quindi, rilevante nel caso di specie), prevede, per quanto riguarda la fattispecie in esame, la responsabilità diretta della società contribuente, alla quale si aggiunge, in base alla espressa previsione del comma 6 dello stesso articolo, la responsabilità solidale della persona fisica che ne ha la rappresentanza, obbligata "in solido con il soggetto passivo o con il soggetto inadempiente"; il d.lgs 472/97, applicabile solo per le violazioni commesse successivamente al 1°-1-1998 (come espressamente precisato dall'art. 27 del d.lgs citato), introducendo il diverso principio della personalizzazione delle sanzioni, prevede all'art. 2 la responsabilità diretta della persona fisica che ha commesso o concorso a commettere la violazione, alla quale si aggiunge, in base a quanto disposto dall'art. 11 d.lgs citato, la responsabilità solidale della società, "obbligata solidalmente al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata, salvo il diritto di regresso..."; l'art. 7, comma 1, del d.l. 269/2003, convertito in legge 326/2003 (applicabile, in base a quanto disposto dal comma 2 del detto articolo, solo per le violazioni non ancora contestate o per le quali la sanzione non sia stata irrogata alla data -2/10/2003- di entrata in vigore del detto d.1.), prevede, infine, la responsabilità esclusiva a carico della persona giuridica. Ciò posto, e precisato che le violazioni per cui è causa sono riferite al periodo 1991-1992, va ribadito il principio, già espresso da questa Corte, secondo cui "in tema di sanzioni amministrative per violazi ne ell norme tributarie, il cd. principio di personalizzazione della sanzione, introdotto dagli artt. 2 ed 11 essere dedotta nei giudizi aventi ad oggetto gli avvisi di accertamento, eventualmente facendo valere, 18 dicembre 1997, n. 472 - in virtù del quale le persone fisiche che hanno la rappresentanza di un soggetto passivo d'imposta o di un inadempiente all'obbligo tributario sono divenute direttamente responsabili delle sanzioni connesse alle violazioni delle norme (formali e sostanziali) tributarie commesse ad opera e/o nell'interesse della parte rappresentata (legalmente e/o negozialmente) e/o amministrata, mentre tale parte è obbligata al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata si applica, ai sensi dell'art. 27 del medesimo d.lgs., alle sole violazioni commesse dopo l'entrata in vigore della nuova disciplina, mentre quelle commesse in epoca precedente continuano ad essere riferite alla società, all'associazione o all'ente, settembre 1973, n. 602, senza che possa trovare applicazione il principio del "favor rei", in quanto l'abrogazione della disciplina previgente non ha avuto alcun effetto sulla norma incriminatrice" (Cass. 5714/2013; conf. Cass. 2233/2013); analogamente, senza possibilità anche in tal caso di applicare il favor rei, per quanto concerne il principio della responsabilità diretta della persona giuridica, introdotto (come sopra evidenziato) dal d.l. 269/2603, ma solo con riferimento alle violazioni non ancora contestate o per le quali la sanzione non sia stata irrogata al 2-10-2003, data di entrata in vigore del detto decreto. La CTR, applicando al caso di specie (nel quale le sanzioni, alla data del 2-10-2003, erano state già contestate ed irrogate: circostanza pacifica) il d.l. 269/03 (e la regola ivi esplicitata dell'esclusiva responsabilità della persona giuridica per le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale della società), senza tener conto dell'epoca in cui sono state commesse le violazioni in questione (anni 1991 e 1992) e contestate ed irrogate le relative sanzioni, e senza prendere in considerazione la su riportata disposizione di cui all'art. 7, commi 1 e 2, del d.l. 269/2003, convertito in legge 326/2003 (in base alla quale il detto principio della responsabilità diretta della persona giuridica è applicabile solo con riferimento alle violazioni non ancora contestate o per le quali la sanzione non sia stata irrogata al 2-10-2003), si è discostata dai su esposti principi, sicché sul punto va cassata l'impugnata sentenza. Alla stregua di quanto sopra, pertanto, va accolto il secondo motivo, con conseguente assorbimento degli altri; va, quindi, cassata l'impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 cpc con il rigetto del ricorso introduttivo. In considerazione dell'evolversi della vicenda processuale, si ritiene sussistano giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese di lite relative al giudizio di merito. Le spese di lite relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P. Q. M. con permanenza della responsabilità solidale della persona fisica prevista dall'art. 98 del d.P.R. 29 RORPTE DA REGISTRAZIONE M SENSI DEL D.P.R. 26/4/19e6 N. I3I TAB. ALL. B. - N, 5 MATERIA TRIBUTARI& La Corte, accoglie il secondo motivo; assorbiti gli altri; cassa l'impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo; dichiara compensate tra le parti le spese di lite relative al giudizio di merito; condanna il contribuente al pagamento delle spese relative al presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 900,00, oltre spese prenotate a debito. Così deciso in Roma il 24 giugno 2015.

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