Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20261 del 31/07/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 20261 Anno 2018
Presidente: CRISTIANO MAGDA
Relatore: BALSAMO MILENA

SENTENZA

sul ricorso 11100-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

LISI DANILO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA A.
BROFFERIO 6, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO
SILVESTRI, rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO
PIZZUTELLI giusta delega a margine;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 31/07/2018

avverso

la

sentenza

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST.

di

n.
LATINA,

301/2010

della

depositata

il

12/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/06/2018 dal Consigliere Dott. MILENA

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione;
udito per il ricorrente l’Avvocato GAROFOLI che si
riporta al ricorso;
udito per il controricorrente l’Avvocato LORETI per
delega dell’Avvocato PIZZUTELLI che ha chiesto
l’inammissibilità e il rigetto.

BALSAMO;

ESPOSIZIONE DEL FATTO
§1. L’Agenzia delle Entrate propone quattro motivi di ricorso per la
cassazione della sentenza n. 301/39/10 del 12.03.2010 con la quale la C.T.R. di
Roma ha ritenuto l’illegittimità dell’applicazione dell’imposta regionale sulle
attività produttive (IRAP) relativamente agli anni 2001-2004, in assenza del
requisito dell’autonoma organizzazione dell’attività, riconoscendo il diritto del

In particolare, ha ritenuto la commissione tributaria regionale che: –

il

professionista si avvaleva di una collaborazione non indispensabile alla
prestazione intellettuale;- che ricorreva all’uso di beni strumentali minimi
indispensabili per l’esercizio dell’attività professionale.
Resiste con controricorso il contribuente.

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI DIRITTO
§

Il ricorso assume, con il primo motivo, concluso con quesito di diritto,

la violazione dell’art. 122 c.p.c. ex art. 360 n. 4 c.p.c., censurando la sentenza
dei giudici di secondo grado per non aver esaminato l’eccezione di
inammissibilità del ricorso avverso il diniego di rimborso in presenza di adesione
al condono previsto dall’art. 9 L. 2002/289 già dedotta in primo grado.
§.3 Con il secondo mezzo, l’amministrazione finanziaria lamenta la violazione
dell’art. 9 L. 289/2002, censurando la sentenza impugnata per aver valutato i
presupposti dell’imposizione Irap, nonostante l’adesione ex art. 9 cit. che
preclude al contribuente la possibilità di contestare in radice la sussistenza del
debito di imposta.
I

§.4 Con la terza censura, anch’essa conclusasi con relativo quesito di diritto,
l’Agenzia lamenta la violazione degli artt. 2 e 3 d.lgs 446/97 ex art. 360 n. 3
c.p.c., lamentando l’erronea interpretazione dei presupposti per l’applicazione
dell’IRAP e ritenendo che anche l’ausilio di un collaboratore che non presta
attività intellettuale analoga a quella del contribuente determina un
potenziamento dell’attività e della produttività.
§.5 Con l’ultimo motivo, l’amministrazione finanziaria deduce motivazione
insufficiente in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art.
i
I

contribuente al rimborso dell’imposta versta per gli anni in questione.

360 n. 5 c.p.c., individuando il punto controverso ” nello stabilire se l’attività
professionale svolta dal contribuente poteva qualificarsi autonomamente
organizzata”, lamentando una inadeguata motivazione rispetto alle ragioni della
esclusione dell’imposta.
Preliminarmente giova osservare che l’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto
dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, e contenente la previsione della

per cassazione, si applica “ratione temporis” ai ricorsi proposti avverso sentenze
e provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 (data di entrata in
vigore del menzionato decreto), e fino al 4 luglio 2009, data dalla quale opera la
successiva abrogazione della norma, disposta dall’art. 47 della legge 18 giugno
2009, n. 69( Cass. n. 24597/2014)
La sentenza impugnata risulta depositata il 24.02.2010, con conseguente
inapplicabilità della disciplina relativa alla necessaria formulazione dei quesiti di
diritto.
§.Q La prima censura è fondata, assorbito il secondo motivo.
I giudici territoriali difatti hanno omesso di pronunciarsi sull’appello
incidentale proposto dall’amministrazione finanziaria – pur enunciato nello
svolgimento del fatto – secondo la quale l’imposta pagata non era più ripetibile
in presenza dell’adesione al condono ex art. 9 cit.per le annualità 2001-2002, in
quanto il condono – determinando la formazione di un titolo giuridico nuovo in
forza del quale il contribuente volontariamente sceglie di versare le somme
risultanti dall’applicazione di parametri predeterminati – costituisce una modalità
di definizione transattiva della controversia, da cui consegue l’azzeramento delle
pretese ulteriori del fisco e delle eventuali richieste di rimborso del contribuente.
Setondo il consolidato orientamento di questa Corte, il vizio di omessa
pronuncia ricorre ove manchi qualsivoglia statuizione su un capo della domanda
o su una eccezione di parte, così dando luogo alla inesistenza di una decisione
sul punto della controversia, per la mancanza di un provvedimento
indispensabile per la soluzione del caso concreto (Cass. n. 7472/2017; n.
6835/2017; n. 4605/2017).

2

formulazione del quesito di diritto, come condizione di ammissibilità del ricorso

I

§.7 Con riferimento alla terza e all’ultima censura, in relazione alle annualità
2003-2004 non coperte dal condono, con la dedotta insufficiente motivazione
relativa alla erronea valutazione da parte del decidente in ordine ai presupposti
per la sussistenza dell’autonoma organizzazione dell’attività professionale, si
intende sottoporre al vaglio di questa Corte una rivisitazione della valutazione
dei presupposti per l’imposizione Irap; in altri termini un nuovo giudizio di fatto

profestionale ai fini Irap.
Sennonchè, il difetto di motivazione, nel senso di sua insufficienza, legittimante
la prospettazione con il ricorso per cassazione del motivo previsto dall’art. 360,
comma primo, n. 5), cod. proc. civ., è configurabile soltanto quando dall’esame
del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla sentenza
stessa impugnata emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero
condurre ad una diversa decisione ovvero quando è evincibile l’obiettiva
deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che
ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo
convincimento, ma non già, invece, quando vi sia difformità rispetto alle attese
I

ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal
giudice di merito agli elementi delibati, poiché, in quest’ultimo caso, il motivo di
ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e
dei convincimenti dello stesso giudice di merito che tenderebbe all’ottenimento
di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità
del giudizio di cassazione. In ogni caso, per poter considerare la motivazione
adottata dal giudice di merito adeguata e sufficiente, non è necessario che nella
stessa vengano prese in esame (al fine di confutarle o condividerle) tutte le
argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi (come
accaduto
i nella specie) le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in tal caso
ritenere implicitamente disattese tutte le argomentazioni logicamente
incompatibili con esse (Cass. n. 2018/4070; Cass. n. 186665/2017; Cass. n.
27272007, n. 15264/2007).
In conclusione, il ricorso va accolto con riferimento alla prima censura, assorbito
il secondo, dichiarati inammissibili la terza e la quarta censura.
3

in merito ai requisiti che connotano l’autonoma organizzazione dell’attività

La sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR del Lazio, in altra
composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q. M
La Corte
– Accoglie il ricorso con riferimento al primo motivo, assorbito il secondo

impugnata e rinvia alla C.T.R. del Lazio, in altra composizione, anche per la
regolanentazione delle spese del presente giudizio.
Cosi deciso nella camera di consiglio della quinta sezione civile in data
8.06.2018

ed dichiarati inammissibili il terzo ed il quarto motivo; cassa la sentenza

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