Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20260 del 22/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 22/08/2017, (ud. 08/06/2017, dep.22/08/2017),  n. 20260

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13169-2016 proposto da:

COMUNE DI CARAVAGGIO, in persona del Sindaco e legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

268-A, presso lo studio dell’avvocato ALESSIO PETRETTI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIANFRANCO MARCHESI;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ AGRICOLA FRANA E.D.S. & C SS;

– intimata –

avverso la sentenza n. 5346/65/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO, SEZIONE DISTACCATA di BRESCIA, depositata il

09/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/06/2017 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con ricorso in Cassazione affidato a due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente perchè connessi, nei cui confronti la parte contribuente non ha spiegato difese scritte, il Comune di Caravaggio impugnava la sentenza della CTR della Lombardia, sezione di Brescia, in tema di ICI per l’anno 2008, riferita ad alcuni immobili aventi destinazione rurale, denunciando l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per l’effettiva insussistenza nella fattispecie, in esame dei requisiti di ruralità, previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9,comma 3 (convertito nella L. n. 133 del 1994) a prescindere dal contenuto della domanda di variazione della categoria catastale presentata, ai sensi del D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2 bis convertito nella L. n. 106 del 2011, della società contribuente (primo motivo); il Comune ricorrente ha denunciato, altresì, la violazione del D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 14 bis (convertito nella L. n. 214 del 2011), in combinato con il D.M. 26 luglio 2012, art. 1, comma 2 per non avere il giudice d’appello rilevato la non applicabilità di tali disposizioni quantomeno con riferimento ai fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole, oggetto di espressa esclusione normativa, con conseguente riviviscenza, ai fini ICI, del classamento originario e conferma, in parte qua, dell’accertamento impugnato (secondo motivo).

Il collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata.

Il motivo è infondato.

Va in primo luogo, qui ribadito l’orientamento di legittimità in tema di Ici dei fabbricati rurali, non monolitico ma largamente prevalente, secondo cui: per la dimostrazione della ruralità dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, è dirimente l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 per le unità abitative, o D/10 per gli immobili strumentali); sicchè l’immobile che sia stato iscritto come “rurale”, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9 (conv. in L. 26 febbraio 1994, n. 133) non è soggetto all’imposta, ai sensi del D.L. n. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1 bis (conv. in L. 27 febbraio 2009, n. 14) e del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a); – per converso, qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale (di non ruralità), è onere del contribuente, che invochi l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato, restandovi altrimenti quest’ultimo assoggettato; – allo stesso modo, il Comune deve impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’Ici.

Si tratta di orientamento già fissato dalla sentenza SSUU n. 18565/09, secondo cui (in motiv.): “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’immobile che sia stato iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. n. 557 del 1993, art. 9, conv. con L. n. 133 del 1994, e successive modificazioni, non è soggetto all’imposta ai sensi del combinato disposto del D.L. n. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009 e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a). L’attribuzione all’immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all’imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest’ultimo assoggettato ad ICI: allo stesso modo il Comune dovrà impugnare l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta”.

Tuttavia, vanno evidenziati, quale ius superveniens, i seguenti disposti che hanno incidenza per l’esito della presente controversia: 1) il D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, che, all’art. 7, comma 2 bis, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, i contribuenti avessero la facoltà (esercitabile entro il 30 settembre 2011) di presentare all’allora Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione delle categoria A/6 e D/10, a seconda della destinazione, abitativa o strumentale dell’immobile, sulla base di un’autocertificazione attestante che l’immobile possedeva i requisiti di ruralità di cui al D.L. n. 557 del 1993, art. 9, convertito in L. n. 133 del 1994, e modificato dal D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, art. 42 bis, convertito con modificazioni in L. 29 novembre 2007, n. 159, “in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”; 2) dal D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, in L. 22 dicembre 2011, n. 214, che ha quindi previsto, all’art. 13, comma 14 bis, che le domande di variazione di cui al predetto D.L. n. 70 del 2011, producessero “gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità fermo restando il classamento originario degli immobili ad uso abitativo”; 3) il D.M. Economia e Finanze 26 luglio 2012, che ha stabilito, all’art. 1, che “Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività agricola è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una delle categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione. Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralità in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella categoria D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole), è apposta una specifica annotazione. Per il riconoscimento del requisito di ruralità, si applicano le disposizioni richiamate al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133 e art. 2 Presentazione delle domande per il riconoscimento del requisito di rurali”; 4) dal D.L. n. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, in L. 28 ottobre 2013, n. 124, all’art. 2, comma 5 ter, che ha stabilito che “ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 3, comma 14 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione degli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui al D.L. 30 dicembre, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”.

Si tratta infatti di disposizioni che rafforzano l’orientamento esegetico già adottato dalle SSUU nel 2009, in quanto disciplinano le modalità (di variazione-annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione Ici; sulla base di una procedura ad hoc che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme.

Secondo il dettato normativo, su menzionato, di cui al D.L. n. 102 del 2013, art. 2, comma 5 ter, convertito in L. n. 124 del 2013; le domande di variazione catastale, ai fini del riconoscimento del requisito di ruralità, producono effetto “a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”.

Nel caso di specie, risulta che la società agricola contribuente avesse usufruito dell’opportunità di legge, presentando in data 14 ottobre 2011 la relativa domanda (corredata, dalla successiva autocertificazione) – con successivo inserimento agli atti catastali della dichiarazione di sussistenza dei requisiti di ruralità – per il riconoscimento del classamento di ruralità;

con conseguente effetto retroattivo anche a valere per anni d’imposizione oggetto del presente giudizio.

Ciò è conforme agli ultimi orientamenti giurisprudenziali “aggiornati” alla normativa sopra indicata: “In tema d’ICI, le variazioni della categoria catastale D.L. n. 70 del 2011, ex art. 7, comma 2 bis, convertito con modificazioni nella L. n. 106 del 2011, producono effetti, ai fini del riconoscimento del requisito della ruralità degli immobili, dal quinquennio antecedente alla presentazione della domanda, in virtù della norma d’interpretazione autentica di cui al D.L. n. 102 del 2013, art. 2,comma 5 ter, convertito in L. n. 124 del 2013” (Cass. ord. n. 24366/16, 24020/15).

Infine, la produzione documentale allegata alla memoria del comune, ex art. 380 bis c.p.c., è inammissibile, non attenendo alla nullità della sentenza impugnata nè all’ammissibilità del ricorso o del controricorso e inoltre, apre un nuovo tema d’indagine sul diniego di riconoscimento dei requisiti di ruralità che non fatto parte del giudizio di merito.

La mancata costituzione della società contribuente esonera il Collegio dal provvedere sulle spese.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso il Roma, nella camera di consiglio, il 8 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2017

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