Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20260 del 15/07/2021

Cassazione civile sez. lav., 15/07/2021, (ud. 04/02/2021, dep. 15/07/2021), n.20260

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20015-2016 proposto da:

CONSERFRUTTA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore

elettivamente, domiciliata in ROMA, VIA ADDA 111, presso lo studio

dell’avvocato GERMANA HOBER, rappresentata e difesa dall’avvocato

NICOLA ROSATO;

– ricorrente principale –

contro

EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO MADARO;

– controricorrente –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI,

ESTER ADA SCIPLINO, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, EMANUELE DE

ROSE, GIUSEPPE MATANO;

– controricorrenti – ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 1501/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 17/06/2016 R.G.N. 1005/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/02/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. Con sentenza del 17.6.16 la Corte di Appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza del 25.3.13 del tribunale di Brindisi, ha rigettato l’opposizione della società in epigrafe a intimazione di pagamento per Euro 162.514 relativa a contributi 2004/2005 portati da cartella di pagamento inopposta, ritenendo che il decorso del termine prescrizionale successivo alla notifica della cartella era stato interrotto da tre istanze di rateizzazione e riduzione delle sanzioni presentata dalla debitrice o per suo conto.

2. Avverso tale sentenza ricorre la società per due motivi, cui resistono con controricorso l’INPS ed Equitalia concessionario della riscossione; l’INPS propone ricorso incidentale condizionato per un motivo.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3. Con il primo motivo si deduce violazione degli artt. 2944,2943,2937,1988 e 2697 c.c. e della L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10, per avere la sentenza impugnata trascurato che mai erano state pagate le somme relative all’istanza di rateizzazione presentata.

4. Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione della sentenza impugnata, per avere – erroneamente interpretando la documentazione prodotta – ritenuto la valenza interruttiva di atti che, pur riferendosi a richiesta di rateizzazione, non recavano tale richiesta.

5. Con il motivo di ricorso incidentale condizionato, l’INPS deduce la decennalità del termine di prescrizione.

6. Il primo motivo del ricorso principale è infondato.

7. Questa Corte ha già affermato in linea generale che il riconoscimento dell’altrui diritto, al quale l’art. 2944 c.c. ricollega l’effetto interruttivo della prescrizione, non ha natura negoziale ma costituisce un atto giuridico in senso stretto, di carattere non recettizio, il quale non richiede, in chi lo compie, una specifica intenzione ricognitiva, occorrendo solo che esso contenga, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell’esistenza del debito e riveli i caratteri della volontarietà. (Cass. Sez. L, Sentenza n. 18904 del 07/09/2007, Rv. 598868 01).

8. Il riconoscimento del diritto può, quindi, anche essere tacito e concretarsi in un comportamento obiettivamente incompatibile con la volontà di disconoscere la pretesa del creditore. La relativa indagine, in quanto rivolta alla ricostruzione di un fatto e non all’applicazione di specifiche norme di diritto, è riservata al giudice del merito (Sez. 6 3, Ordinanza n. 24555 del 02/12/2010, Rv. 614860 – 01).

9. Con specifico riferimento all’istanza di rateazione del debito, poi, questa Corte (Cass. Sez. L, Sentenza n. 10327 del 26/04/2017, Rv. 644036 01) ha affermato che la domanda di rateizzazione del debito contributivo proposta dal debitore, D.L. n. 78 del 1998, ex art. 1, comma 2-ter, conv., con modif., dalla L. n. 176 del 1998, benché corredata dalla formula di salvezza dei diritti connessi all’esito di accertamenti giudiziali in corso unitamente ai pagamenti trimestrali effettuati secondo le previsioni della norma citata, la quale ha previsto solo modalità agevolate di estinzione di quel debito, configurai” un riconoscimento di quest’ultimo, con conseguente interruzione della prescrizione quinquennale, il cui nuovo termine decorrerà dalla scadenza delle singole rate.

10. Nella specie, la corte territoriale ha valutato diversi atti provenienti sia dalla società che dal patronato dalla stessa incaricato, ed in particolare le richieste (accolte peraltro dall’INPS) di rateazione L. n. 296 del 2006, ex art. 1, comma 1086 e di riduzione delle sanzioni perché ditta colpita da calamità naturale, presentate dal patronato EPACA per conto dell’azienda in questione, reiterate in due occasioni ulteriori, nonché la nota del legale rappresentante della società ricorrente di adesione alla proposta di soluzione a stralcio formulata da Unicredit Management bank, cessionario dei crediti INPS in questione: la corte territoriale ha attribuito valenza di riconoscimento del debito ai detti atti.

11. Al riguardo, si osserva, quanto alla provenienza dell’atto delle richieste in questione, che l’atto del 2007 (con il quale si richiede la rateizzazione dei debiti e la riduzione delle sanzioni) proviene da patronato e risulta effettuato in nome e per conto della azienda in questione.

12. Giova ricordare in proposito il potere di rappresentanza generale attribuito ai patronati dal D.Lgs.C.P.S. n. 804 del 1947, art. 1 sicché si ammette che gli istituti di patronato possono compiere qualsiasi atto -con la sola esclusione delle conciliazioni e delle transazioni- in nome del lavoratore assicurato o dei suoi aventi causa a prescindere da un esplicito mandato, per il conseguimento e la liquidazione in sede amministrativa delle prestazioni previdenziali, ivi compresi gli atti interruttivi della prescrizione di diritti relativi alle prestazioni medesime (Cass. Sez. U, Sentenza n. 15661 del 27/07/2005, Rv. 583492 – 01, e Sez. L, Sentenza n. 16523 del 21/08/2004, Rv. 576060 – 01), non occorrendo allo scopo uno specifico mandato ed essendo ricostruibile il potere di rappresentanza con ogni mezzo di prova, comprese le presunzioni (Sez. L, Sentenza n. 17997 del 16/12/2002 (Rv. 559282 01).

13. Considerata, per altro verso, la natura non negoziale dell’atto ricognitivo del debito (da cui deriva l’effetto interruttivo della prescrizione), atteso che il soggetto che riconosca l’altrui diritto compie una dichiarazione di scienza (e non una dichiarazione negoziale) avente ad oggetto il diritto della controparte, dagli effetti esclusivamente interruttivi della prescrizione, non sussistono ostacoli per ravvisare tale effetto all’atto del patronato, essendosi peraltro già affermato da tempo (Sez. 3, Sentenza n. 813 del 25/03/1970, Rv. 346138 – 01) che l’ambito del mandato deve intendersi esteso a tutti gli atti il cui compimento e necessario per la sua attuazione, sicché il mandatario con poteri di ordinaria amministrazione può validamente riconoscere un debito.

14. In tale contesto, deve ritenersi irrilevante la circostanza che il debitore non abbia dato seguito alle istanze di rateazione e non abbia pagato le rate, essendo decisiva la valutazione del contenuto obiettivo dell’atto di richiesta di rateazione (per il quale del resto nessuna contestazione è mai stata sollevata dal debitore in sede amministrativa) come riconoscimento del debito e non occorrendo il pagamento delle somme relative alle rate perché l’effetto interruttivo della prescrizione si produca.

15. Per altro verso, proviene invece direttamente dal legale rappresentante la nota del 2009 richiamata nella sentenza impugnata- con la quale la società dichiara che essa “intende definire la propria posizione in sofferenza, aderendo alla proposta di soluzione a stralcio formulata dal cessionario dei crediti INPS” in questione, chiedendo la “sospensione della riscossione esattoriale” al fine di definire la questione con la banca cessionaria, ribadendo la necessità di “contabilizzazione di alcuni pagamenti a deconto”.

16. Corretta appare dunque – ed insindacabile in questa sede di legittimità – la valutazione della corte territoriale circa la portata interruttiva della prescrizione delle note in questione, atteso che in ciascuna di esse è sotteso un chiaro riferimento ai debiti verso l’INPS e comunque vi è un comportamento obiettivamente incompatibile con la volontà di disconoscere la pretesa del creditore, sicché ciascuna nota ha portata interruttiva della prescrizione (il cui termine peraltro sarebbe potuto decorrere solo in mancanza di entrambe le dette note).

17. Il secondo motivo del ricorso principale è inammissibile.

18. Questa Corte ha già precisato (tra la tante, Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016, Rv. 640194 – 01; Sez. 1 -, Ordinanza n. 23153 del 26/09/2018, Rv. 650931 – 01) che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante. Si è anche detto (Sez. L, Sentenza n. 21439 del 21/10/2015, Rv. 637497 – 01) che nel giudizio di cassazione è precluso l’accertamento dei fatti ovvero la loro valutazione a fini istruttori, tanto più a seguito della modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, operata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv. con modif. in L. n. 134 del 2012, che consente il sindacato sulla motivazione limitatamente alla rilevazione dell’omesso esame di un “fatto” decisivo e discusso dalle parti.

19. Il sindacato della corte di legittimità non si estende dunque alla valutazione della correttezza dell’interpretazione di un documento fatto dalla corte di merito, in quanto l’omesso esame della questione relativa all’interpretazione del contratto non è riconducibile al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto l’interpretazione di una clausola negoziale non costituisce “fatto” decisivo per il giudizio, atteso che in tale nozione rientrano gli elementi fattuali e non quelli meramente interpretativi (Sez. 3, Sentenza n. 5795 del 08/03/2017, Rv. 643401 – 01; Sez. 2, Ordinanza n. 20718 del 13/08/2018, Rv. 650016 – 02). In altri termini, l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato – come nella specie – comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti.

20. Il ricorso principale deve dunque essere rigettato.

21. Il ricorso incidentale condizionato resta assorbito.

22. Spese secondo soccombenza.

23. Sussistono i requisiti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto, a carico del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore di ciascuno dei controricorrenti delle spese del presente giudizio che liquidano in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 6000 per compensi professionali, oltre spese al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 4 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021

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