Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20259 del 25/09/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 20259 Anno 2014
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: ABETE LUIGI

SENTENZA
sul ricorso 28623 – 2008 R.G. proposto da:
VITA ELENA – c.f. VTILNE7OR60C632K – VITA ANNA – c.f. VTINNA70R60C632I VITA EDOARDO – c.f. VTIDRD64B14C632M – VITA LORENZO – c.f.
VTILNZ62M l 0D763S – rappresentati e difesi in virtù di procura speciale a mar gine del
ricorso dall’avvocato Giancarlo Tittaferrante ed elettivamente domiciliati in Roma, alla via
Sesto Rufo, n. 23, presso lo studio dell’avvocato Giovanni Moscarini.
RICORRENTI
contro
CARACCIOLO MARIA EMILIA – c.f. CRCMML26C48C632C – rappresentata e difesa in
virtù di procura speciale in calce al controricorso dall’avvocato Antonio Palazzone,
unitamente al quale elettivamente domicilia in Roma, alla via Para guay, n. 3/5, presso lo
studio dell’avvocato Lorenzo Coleine.
CONTRORICORRENTE – RICORRENTE INCIDENTALE
e
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Data pubblicazione: 25/09/2014

BASSINO CASAMARTE AGOSTINO, BASSINO CASAMARTE BEZZI MARIA
BEATRICE, BASSINO CASAMARTE GIOVANNI, BASSINO CASAMARTE LUCA,
BASSINO CASAMARTE ILARIA, DI GIOVANNI VIVIANA
INTIMATI
Avverso la sentenza n. 729 dei 20.6/8.10.2007 della corte d’appello de L’Aquila,

dott. Luigi Abete,
Udito l’avvocato Giovanni Moscarini per i ricorrenti,
Udito l’avvocato Francesco Di Mauro, per delega dell’avvocato Antonio Palazzone, per la
controricorrente,
Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Aurelio Golia,
che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e per la declaratoria di
inammissibilità del ricorso incidentale,
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto in data 27.11.1974 Augusto Bassino e Maria Geltrude Bassino citavano a
comparire innanzi al tribunale di Chieti Adelaide Bassino ed Elena De Mauro, quali eredi di
Lorenzo Bassino, nonché Giacomo Bassino.
Esponevano che in data 24.3.1950 era deceduto il padre, Agostino Bassino; che il de cuius
aveva lasciato a sé quali eredi ex lege essi attori e gli ulteriori figli Lorenzo e Giacomo nonché
la moglie, Adelaide Ciavolich, madre di essi eredi, per l’usufrutto uxorio; che si era
provveduto alla bonaria assegnazione dei beni relitti conformemente alle indicazioni del
perito agrario Giuseppe Tarquinio e ciascun erede aveva posseduto per oltre venti anni in
modo pacifico ed ininterrotto i beni in tal guisa attribuitigli; che essi attori avevano posseduto
i terreni in agro di Chieti riportati in catasto al fol. 13, partt. 21, 22, e 23, ed al fol. 12, partt.
59, 57, 23, 44, 22, 90 e 91, nonché talune porzioni del fabbricato in Chieti, alla piazza
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Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 12 giugno 2014 dal consigliere

Umberto I, n. 6; che i fratelli Lorenzo e Giacomo avevano a loro volta posseduto i terreni in
agro di Chieti riportati in catasto al fol. 7, partt. 63, 62, 60, 82, 39, 37, 40b, 79b, 78b e 69b,
nonché talaltre porzioni del medesimo fabbricato.
Chiedevano che l’adito giudice dichiarasse l’avvenuto acquisto per usucapione da parte
loro dei cespiti oggetto del loro pacifico ed ininterrotto possesso.

convenuto Giacomo Bassino chiedeva in via riconvenzionale la declaratoria di apertura della
successione di Agostino Bassino e lo scioglimento della comunione ereditaria.
A seguito del decesso di Maria Geltrude Bassino si costituiva, quale suo unico erede
testamentario, Augusto Bassino.
A seguito del decesso di Giacomo Bassino si costituivano, quali suoi eredi, Giovanni,
Maria Beatrice, Agostino e Lorenzo Marino Casamarte Bassino.
All’esito dell’istruttoria, con sentenza non definitiva n. 21/1996 il tribunale dichiarava e
dava atto dell’apertura, in data 24.3.1950, della successione di Agostino Bassino; rigettava la
domanda di usucapione di parte attrice; dichiarava che in forza di scrittura privata in data
8.3.1951 era intervenuto parziale scioglimento della comunione ereditaria di Agostino
Bassino, sicché ad Augusto Bassino e a Maria Geltrude Bassino era stata assegnata la
porzione di terreno con casa colonica in contrada San Martino di Chieti ed a Giacomo e
Lorenzo Bassino erano state assegnate altre porzioni rustiche; disponeva con separata
ordinanza per la divisione degli ulteriori beni caduti in successione.
Nel prosieguo del giudizio decedevano Adelaide Bassino ed Elena De Mauro (eredi di
Lorenzo Bassino); si costituivano in loro luogo Mario Vita, Elena Vita, Anna Vita, Lorenzo
Vita ed Edoardo Vita.
Nel prosieguo del giudizio decedeva altresì Lorenzo Marino Bassino; nessuno si
costituiva in suo luogo.
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Costituitisi, i convenuti instavano per il rigetto delle avverse domande; unicamente il

Nel prosieguo del giudizio decedeva inoltre Augusto Bassino, in luogo del quale si
costituiva la moglie Maria Emilia Caracciolo.
Nel prosieguo del giudizio decedeva ancora Mario Vita; in suo luogo si costituivano Elena,
Anna, Edoardo e Lorenzo Vita.
Disposta ed espletata c.t.u. onde individuare i beni tutti compresi nella massa ereditaria di

scioglimento della comunione ereditaria del fabbricato sito in Chieti, in piazza Umberto I, n. 6
e, per l’effetto, faceva luogo all’assegnazione di una prima quota in favore di Maria Emilia
Caracciolo (quale erede di Augusto Bassino, a sua volta erede di Maria Geltrude Bassino) ed
all’assegnazione di una seconda quota in favore di Elena Vita, Anna Vita, Lorenzo Vita ed
Edoardo Vita (quali eredi di Mario Vita ed, unitamente a costui, quali eredi di Adelaide
Bassino ed Elena De Mauro, eredi, costoro, a loro volta, di Lorenzo Bassino) nonché di
Giovanni Casamarte Bassino, Maria Beatrice Casamarte Bassino, Agostino Casamarte
Bassino e degli eredi di Lorenzo Marino Casamarte Bassino (tutti quali eredi di Giacomo
Bassino).
Interponevano appello sia avverso la sentenza non definitiva n. 21/1996 sia avverso la
sentenza definitiva n. 1100/2003 Elena, Anna, Edoardo e Lorenzo Vita.
Si costituiva unicamente Maria Emilia Caracciolo, vedova di Augusto Bassino.
Con sentenza n. 729 dei 20.6/8.10.2007 la corte d’appello de L’Aquila, in parziale riforma
di ambedue le statuizioni di prime cure, così provvedeva:
“dichiara sciolta la comunione sui beni facenti parte dell’eredità di Bassino Agostino
mediante assegnazione:
A) a Caracciolo Maria Emilia: – terreno con casetta colonica in territorio di Chieti censiti al
fol. 13 part. 23, al fol. 13 part. 22, al fol. 13 part. 21, al fol. 7 part. 60, al fol. 7 part. 44, al fol.
7 part. 37, al fol. 7 part. 40b, al fol. 7 part. 69b, al fol. 7 part. 78b, al fol. 7 part. 79b, per
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Agostino Bassino, con sentenza definitiva n. 1100/2003 il tribunale adito dichiarava lo

complessivi ettari 11.91.20; porzioni del fabbricato sito in Chieti piazza Umberto I n. 6
censito al fol. 35 part. 135 del N.C.E.U. costituite da: (a) unità immobiliare al piano terreno
della superficie utile di mq. 28…; (b) appartamento al primo piano della superficie utile di
circa mq. 94…;

B) in comunione fra loro a Vita Elena (1/8 della porzione), Vita Anna (1/8), Vita Edoardo

in territorio di Chieti censiti al fol. 13 part. 39b, al fol. 7 part. 62, al fol. 7 part. 63, al fol. 12
part. 22, al fol. 12 part. 23, al fol. 12 part. 57, al fol. 12 part. 59, al fol. 12 part. 90, al fol. 12
part. 91, al fol. 7 part. 39, al fol. 7 part. 82, per complessivi ettari 9.10.00; porzioni del
fabbricato sito in Chieti piazza Umberto I n. 6 censito al fol. 35 part. 135 del N.C.E.U.
costituite da: (a) locale al piano seminterrato di circa mq 50…, (b) ambienti scantinati al piano
seminterrato, adiacenti al locale predetto, della superficie utile di circa mq 32, (c) porzioni del
vano scala ed annessi, (d) appartamento al piano secondo, della superficie di circa mq 106 con
piccolo balcone…, (e) soffitti e sottotetti dell’intero fabbricato;
condanna Vita Elena, Vita Anna, Vita Edoardo e Vita Lorenzo, in solido fra loro, alla
rifusione in favore di Caracciolo Maria Emilia, delle spese del grado…” (così sentenza
d’appello, pagg. 24 25) .

In particolare — e tra l’altro – il giudice del gravame evidenziava,
in ordine alla doglianza riguardante la mancata considerazione del terreno a fol. 13, part. 21,
che con atto per notar Franchi in data 9.7.1959 il coerede Augusto Bassino aveva alienato
incassandone integralmente il prezzo, con impegno ad imputare alla propria quota il valore,
che “l’imputazione di tale valore nella quota del coerede Augusto Bassino era stata già
considerata dal Tribunale.., attraverso l’inclusione del bene nella quota assegnatagli con la
scrittura privata in data 8 marzo 1951…, scrittura cui la sentenza non definitiva n. 21/96
aveva riconosciuto efficacia divisoria” (così sentenza d’appello, pagg. 17 – 18);
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(1/8), Vita Lorenzo (1/8), Bassino Casamarte Giovanni (1/8)…: – terreno con casetta colonica

in ordine alla doglianza “riguardante lo scarso valore delle porzioni immobiliari incluse nella
quota di Lorenzo Bassino dopo l’esclusione dalla sua quota della sopraelevazione, già di sua
esclusiva proprietà” (così sentenza d’appello, pag. 21), che “irrilevante al riguardo è la
mancata formulazione di coefficienti di adeguamento fra i vari piani ben potendo ciascuna
valutazione essere espressa autonomamente senza il richiamo ed il conseguente adeguamento

difformità, in assenza di qualsiasi indicazione sulle stesse e sugli errori del secondo progetto
che se ne ricaverebbero, resta priva di significato e irrilevante ai fini della ripartizione dei
beni” (così sentenza d’appello, pag. 21); che erano “infondate… le generiche considerazioni
sulla inidoneità dei soffitti, del sottotetto e degli spazi adiacenti la scala a compensare il minor
valore dei locali al piano seminterrato, di complessivi mq 82, assegnati in sostituzione
dell’unità immobiliare, di mq 56, erroneamente inclusa, nel primo progetto, all’interno della
quota degli eredi di Lorenzo Bassino” (così sentenza d’appello, pag. 21); che “a equilibrare i
valori… sta (a) la maggiore superficie di tali locali, (b) la loro possibile destinazione ad
autorimessa (o anche a negozio), (c) l’inclusione nella quota B, e la conseguente esclusione
dalla quota A, di ulteriori spazi, costituiti da soffitte, sottotetti e spazi adiacenti alla scala,
tutt’altro che privi di rilievo economico, specie in considerazione dei diritti di sopraelevazione
inerenti la proprietà dell’ultimo piano” (così sentenza d’appello, pagg. 21 22).

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso Elena, Anna, Edoardo e Lorenzo Vita; ne
chiedono sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in
ordine alle spese di lite.
Maria Emilia Caracciolo, vedova di Augusto Bassino, ha depositato controricorso,
contenente ricorso incidentale condizionato fondato su due motivi; ha chiesto rigettarsi
l’avverso ricorso ed, in caso di suo pur parziale accoglimento, ha chiesto cassarsi la

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alla valutazione di altro bene” (così sentenza d’appello, pag. 21); che “la mera deduzione di

statuizione di seconde cure solo e limitatamente al capo che si correla alla decisione non
definitiva del tribunale di Chieti; il tutto con il favore delle spese del giudizio di legittimità.
Gli intimati Agostino Casamarte Bassino, Maria Beatrice Bezzi Casamarte Bassino,
Giovanni Casamarte Bassino, Viviana Di Giovanni, Luca Casamarte Bassino ed Ilaria
Casamarte Bassino non hanno svolto difese.

incidentale condizionato.
I ricorrenti principali e la ricorrente incidentale hanno depositato memoria ex art. 378
c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti principali deducono, in relazione all’art. 360, 10 co., n. 3),
c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 726 e 727 c.c.; altresì il vizio di
contraddittoria motivazione.
Adducono che sia il primo che il secondo giudice “concordano nel ritenere che la stima
degli immobili oggetto di divisione possa prescindere dal valore venale dei medesimi… ed
effettuarsi secondo criteri elastici” (così ricorso principale, pagg. 11 – 12); che “ai sensi
dell’art. 726 c.c. l’unico criterio per la stima dei beni immobili oggetto di divisione è
costituito dal loro valore venale, ovvero dal relativo prezzo di mercato” (così ricorso

principale, pag. 12); che “deve ritenersi censurabile la sentenza impugnata laddove… non ha
disposto il rinnovo della c.t.u. al fine di procedere alla stima dei cespiti da ripartire” (così

ricorso principale, pag. 12) e ciò tanto più che col gravame alla corte di merito “sono stati
richiesti in via preliminare il rinnovo della c.t.u. e nel merito la declaratoria di nullità delle
sentenze impugnate per violazione anche degli arrtt. 726 e 727 c.c.” (così ricorso principale,

pag. 13); che “parimenti alle unità immobiliari site in Chieti alla piazza Umberto I… i terreni
e i rustici… non sono stati sottoposti a stima” (così ricorso principale, pag. 13)

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I ricorrenti principali hanno proposto controricorso onde resistere all’avverso ricorso

Il motivo non merita seguito.
E’ fuor di dubbio che in materia di divisione ereditaria la stima dei beni per la formazione
delle quote va compiuta con riferimento al loro stato ed al loro valore venale al tempo della
divisione (cfr. Cass. 31.10.2006, n. 23496; Cass. 10.11.1980, n. 6035).
Nondimeno, questa Corte spiega che la scelta del criterio tecnico da utilizzare in ciascuna

della divisione, con riguardo alla natura, ubicazione, consistenza e possibile utilizzazione di
ciascun bene, tenuto conto anche delle condizioni di mercato, rientra nello esclusivo potere
del giudice del merito, ma siffatto potere trova il suo limite in una motivazione razionale (cfr.
Cass. 12.5.1979, n. 2747; cfr. altresì Cass. 10.11.1980, n. 6035, secondo cui la scelta del
criterio tecnico da adottare per determinare il valore dei beni che formano oggetto della
divisione rientra nel potere esclusivo del giudice del merito, salvo il limite di una motivazione
adeguata e scevra da vizi logici).
In questo quadro, allorché si tratta, così come nella fattispecie, di formare due porzioni di
eguale consistenza quantitativa e qualitativa, nulla osta a che il giudice assuma come
medesimo il complessivo valore venale delle costituende porzioni – non già propriamente dei
singoli beni che concorrono a costituirle – mercé una mera operazione di parificazione di
quantità di entità patrimoniali che, in quanto aventi eguale natura, eguale ubicazione ed
eventualmente anche eguale suscettibilità di utilizzazione, abbiano in rapporto alla loro
basilare unità di misura — se del caso il mq. — più che verosimilmente lo stesso valore di
mercato ovvero valori di mercato allineabili.
Del resto, si è premesso che la proprietà edilizia (“il pomo della discordia è stato sempre
e solo il palazzo di piazza Umberto I° di Chieti”.. così controricorso, pag. 23; invero la
controricorrente ha puntualizzato che “la chiesta riforma della sentenza di II° grado per
quanto attiene al denegato rinnovo della consulenza tecnica dei beni rustici… è del tutto

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fattispecie per determinare il valore venale delle varie quote dei beni che formano oggetto

improponibile con il ricorso in esame, non essendo una tale richiesta mai ritualmente
avanzata e, comunque, coltivata nel corso dei precedenti due gradi di giudizio”: così
controricorso, pagg. 22 — 23) è integralmente sita alla piazza Umberto I, n. 6, di Chieti; che la
proprietà fondiaria è integralmente ubicata in agro di Chieti e le singole particelle che la
riproducono catastalmente, ineriscono o al medesimo foglio di mappa (il fol. 7) o a fogli di

E ciò tanto più allorquando, siccome nella fattispecie, risulti siglata seppur tra taluni
soltanto dei condividenti una scrittura divisionale che, quantunque inopponibile agli altri (è il
caso, appunto, della scrittura privata in data 8.3.1951, inopponibile al coerede Lorenzo
Bassino ed, evidentemente, ai suoi eredi), è priva, sì, di “efficacia divisoria”, ma non è certo
obliterabile e, dunque, è ben sussumibile quale parametro di riferimento ai fini della
formazione delle porzioni (non è per nulla censurabile, pertanto, l’indicazione della corte di
merito secondo cui la scrittura privata in data 8.3.1951 “introduce un criterio preferenziale
per la ripartizione dei beni e per la soluzione di eventuali contrasti tra i sottoscrittori cui il
giudice può e deve attenersi”: così sentenza d’appello, pag. 16; invero — ed in rapporto alle
deduzioni dei ricorrenti principali di cui alle pagg. 13 e 14 del ricorso – unicamente in questi
termini il secondo giudice ha inteso recepire il contenuto della scrittura).
Ebbene al summenzionato modus operandi va di certo ascritto l’iter seguito della corte
distrettuale (“a equilibrare i valori… sta… la maggiore superficie dei locali, … l’inclusione
nella quota B, e la conseguente esclusione dalla quota A, di ulteriori spazi, costituiti da
soffitte, sottotetti e spazi adiacenti alla scala”: così sentenza d’appello, pagg. 21 – 22), sicché
va senz’altro condiviso il postulato – cui la medesima corte aquilana è pervenuta – “di
sostanziale equivalenza fra le porzioni, formulato sulla base di criteri necessariamente elastici
ma del tutto conformi alla realtà dei valori immobiliari, che la Corte non ritiene possa essere
modificato nel caso di nuova stima” (così sentenza d’appello, pag. 22).
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mappa contigui (il fol. 12 ed il fol. 13).

In questo quadro i ricorrenti principali non hanno ragione alcuna per ritener “censurabile la
sentenza impugnata laddove… non ha disposto il rinnovo della c.t.u. al fine di procedere alla
stima dei cespiti da ripartire” (così ricorso principale, pag. 12).
D’altronde, questa Corte di legittimità spiega che il ricorso all’ausilio di un consulente
tecnico costituisce espressione di una prerogativa del giudice, ancorché il medesimo organo

adeguata d’aver potuto risolvere, sulla base di corretti criteri, tutti i problemi tecnici connessi
alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione (cfr. Cass. 25.5.1984, n. 3232;
Cass. 23.11.2000, n. 15136).
Non ha ragion d’essere, per altro verso, l’ulteriore profilo che concorre ad integrare il
primo motivo di censura di cui al ricorso principale (i ricorrenti principali hanno addotto che,
in relazione al terreno venduto da Augusto Bassino con atto per notar Franchi in data
9.7.1959, la corte di merito “ha ritenuto legittimo formare una quota nella quale viene
compreso un bene già venduto, piuttosto che assegnare agli altri eredi, come avrebbe dovuto,
un bene di valore equivalente”: così ricorso, pag. 13).
E’ sufficiente al riguardo reiterare l’insegnamento di questo Giudice del diritto secondo
cui, nell’ambito delle operazioni di divisione ereditaria, il sistema dei prelevamenti
compensativi, a favore dei coeredi nei cui confronti altro coerede siasi reso debitore in
dipendenza dei rapporti di comunione, non ha carattere obbligatorio, potendo conseguirsi un
risultato analogo mediante una ripartizione proporzionale del credito ed il suo
soddisfacimento in sede di formazione delle porzioni (cfr. in tal senso Cass. 16.3.1993, n.
3118).
Con il secondo motivo i ricorrenti principali deducono, in relazione all’art. 360, 1° co., n.
3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 724, 2° co., e 725, 1° co., c.c.; altresì il
vizio di contraddittoria e insufficiente motivazione.
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giudicante sia tenuto, qualora abbia ritenuto di non avvalersene, a dimostrare con motivazione

Adducono che, in ordine al disconoscimento della pretesa di essi appellanti — ora
ricorrenti — circa l’imputazione alla quota di Augusto Bassino del prezzo di vendita del
terreno in Francavilla a Mare, la corte distrettuale “non fornisce alcuna motivazione in merito
a tale incredibile conclusione” (così ricorso, pag. 15).
Il motivo è propriamente inammissibile.

del prezzo, versato dall’acquirente mediante effetti cambiari intestati pro quota a ciascun
coerede, era stato a lei (Maria Geltrude Bassino: n.d.e.) corrisposto solo dopo lo sconto di tali
effetti, sconto che, implicando l’intervento del beneficiario del titolo, aveva comportato la
previa percezione da parte di quest’ultimo del netto ricavo e la successiva disposizione da
parte sua della somma così percepita” (così sentenza d’appello, pag. 17); che “ne derivava la
mancata costituzione di qualsiasi comunione sul prezzo di vendita del bene, risultando tale
somma sin dall’inizio percepita pro quota da ciascun alienante e solo successivamente versata
alla Maria Geltrude Bassino per atto di liberalità o altra ignota causa estranea alla comunione”

(così sentenza d’appello, pag. 17).
In tal guisa il motivo in disamina è privo di specificità e non si correla, censurandola in
modo puntuale, alla ratio decidendi (cfr. Cass. 17.7.2007, n. 15952, secondo cui i motivi

fondanti il ricorso per cassazione devono connotarsi, a pena di inammissibilità, in conformità
ai requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata).
Segnatamente non risulta in alcun modo censurata l’affermazione per cui gli effetti
cambiari erano intestati a ciascun coerede e l’affermazione ulteriore secondo cui lo sconto dei
titoli non poteva – e non può – che richiedere l’intervento del beneficiario del titolo e la
preventiva percezione del relativo importo da parte sua.
Né evidentemente a tal proposito è bastevole la prospettazione dei ricorrenti principali,
secondo cui “l’avv. Maria Geltrude Bassino d’altronde non ha riferito in alcun modo che tale

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Al riguardo la corte territoriale ha esplicitato che “era in realtà emerso che l’equivalente

attribuzione le fu fatta dai fratelli per spirito di liberalità o per altri motivi estranei alla
comunione” (così ricorso principale, pag. 16).
Infatti non può che condividersi la prospettazione della controricorrente secondo cui
nessun rilievo può acquisire in questa sede l’ “uso fatto dai coeredi delle somme loro spettate
a seguito di vendite congiunte dei cespiti ereditari” (così controricorso, pag. 32).

dell’art. 91 c.p.c.; il vizio di omessa motivazione sul punto relativo alla condanna degli
appellanti alla spese di lite.
Adducono che la corte di merito non fornisce alcuna motivazione circa la condanna degli
appellanti alla rifusione delle spese del secondo grado; che “l’accoglimento di alcuni motivi di
appello e la parziale riforma delle sentenze di primo grado non giustifica la statuizione qui
impugnata” (così ricorso principale, pag. 18).
Va dato atto, previamente, che nella fattispecie – fattispecie in cui per giunta il grado di
appello è stato introdotto nell’anno 2005 – rileva il dettato dell’art. 92 c.p.c. nella
formulazione antecedente alla novella di cui alla legge n. 263/2005

(applicabile ai

procedimenti instaurati successivamente all’ 1.3.2006) ed, a fortiori, alla novella di cui alla
legge n. 69/2009 (applicabile ai procedimenti instaurati successivamente al 4.7.2009).
In questo quadro è sufficiente reiterare l’insegnamento di questa Corte, secondo cui in
tema di spese processuali la valutazione dell’opportunità della compensazione totale o
parziale delle stesse, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia in quella della ricorrenza di
altri giusti motivi, rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito e non richiede
specifica motivazione; ne consegue che tale valutazione, quale espressione di un potere
discrezionale attribuito dalla legge, è incensurabile in sede di legittimità, salvo che non risulti
violato il principio secondo cui le spese non possono essere poste a carico della parte
totalmente vittoriosa, ovvero che la decisione del giudice di merito di compensare le spese sia
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Con il terzo motivo i ricorrenti principali deducono la violazione e falsa applicazione

accompagnata dalla indicazione di ragioni palesemente illogiche e tali da inficiare, per la loro
inconsistenza o palese erroneità, lo stesso processo formativo della volontà decisionale
espressa sul punto (cfr. Cass. sez. lav. 14.3.1995, n. 2949; cfr. inoltre Cass. 11.11.1996, n.
9840, secondo cui in tema di regolamento delle spese processuali, il sindacato di legittimità è
limitato alla violazione del principio secondo cui le spese non possono essere poste a carico

tale sindacato e rientra, invece, nei poteri del giudice del merito, la valutazione
dell’opportunità di disporre o meno la compensazione, con la conseguenza che è
inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si contesti il provvedimento del
giudice che abbia posto l’onere delle spese a carico totale della parte pur non totalmente
soccombente).
Su tale scorta si rimarca che i ricorrenti principali ebbero ad interporre appello avverso le
statuizioni di prime cure sulla scorta di nove motivi, dei quali unicamente i primi tre – quelli
esperiti avverso la sentenza non definitiva n. 21/1996 — hanno avuto buon esito; gli ulteriori,
correlati essenzialmente alla sentenza definitiva n. 110/2003, si sono rivelati tutti destituiti di
fondamento.
In ogni caso la corte aquilana ha avuto cura di esplicitare le ragioni — ragioni tutt’altro che
illogiche – della disposta condanna degli appellanti — ora ricorrenti principali — individuandole
nella “soccombenza insita nella sostanziale conferma degli assetti economici previsti nelle
due pronunce” (così sentenza d’appello, pag. 23) di prime cure.
Il rigetto del ricorso principale assorbe e rende vana la disamina del ricorso incidentale
condizionato.
Il rigetto del ricorso principale giustifica la solidale condanna dei ricorrenti al rimborso
delle spese del giudizio di legittimità.
La liquidazione segue come da dispositivo.
13

della parte totalmente vittoriosa; pertanto, nella ipotesi di soccombenza reciproca, esula da

Nessuna statuizione va assunta in ordine alle spese, nonostante il rigetto del ricorso, nel
rapporto tra i ricorrenti e gli intimati che non hanno svolto difese.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso; dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna in solido i
ricorrenti a rimborsare a Maria Emilia Caracciolo le spese del giudizio di legittimità che

generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di

liquida in euro 3.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese

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