Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20256 del 25/09/2020

Cassazione civile sez. lav., 25/09/2020, (ud. 20/07/2020, dep. 25/09/2020), n.20256

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8809/2017 proposto da:

ARIPS (AZIENDA RISORSE IDRICHE PENISOLA SORRENTINA IN LIQUIDAZIONE),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE 185, presso lo studio

dell’avvocato RAFFAELE VERSACE, rappresentata e difesa dall’avvocato

RAFFAELE PELLEGRINO;

– ricorrente –

contro

A.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALADIER N.

43, presso lo studio degli avvocati PAOLA GENITO, GIOVANNI ROMANO,

che lo rappresentano e difendono;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5817/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 28/09/2016 R.G.N. 115/2012.

 

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza del 28 settembre 2016, la Corte d’Appello di Napoli confermava la decisione resa dal Tribunale di Torre Annunziata e rigettava l’opposizione proposta da ARIPS Azienda Risorse Idriche Penisola Sorrentina in liquidazione avverso il decreto ingiuntivo ottenuto da A.L. avente ad oggetto il pagamento di somme dovute a titolo di differenze retributive conseguenti al riconoscimento per effetto della precedente decisione dello stesso Tribunale del diritto dell’ A. ad un superiore inquadramento;

che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto infondata l’eccezione sollevata dall’Azienda relativamente alla violazione del principio del ne bis in idem, concretantesi nel rilievo per cui, dovendosi qualificare la condanna generica a suo tempo pronunziata dal Tribunale di Torre Annunziata come rigetto nel quantum della domanda l’ A. avrebbe dovuto proporre appello e non promuovere un nuovo giudizio in sede monitoria, inconferente la domanda di sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c., stante il disposto dell’art. 336 c.p.c., comma 2, che sancisce, in caso di riforma sull’an della sentenza di prime cure, utilizzata come titolo esecutivo, l’automatica caducazione della sentenza stessa relativamente al quantum, generiche le contestazioni dell’Azienda sul quantum dedotto dall’ A., del resto sorretto da una precisa indicazione delle fonti normative e redatto dando puntuale conto delle spettanze maturate, del corrisposto e della relativa differenza;

che per la cassazione di tale decisione ricorre l’ARIPS, affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, l’ A.;

che entrambe le parti hanno poi presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, l’Azienda ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., lamenta l’omessa pronunzia in ordine all’eccezione dalla stessa sollevata in sede di gravame relativamente alla violazione del principio del ne bis in idem;

che, con il secondo motivo, denunciando il vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, l’Azienda ricorrente, con riguardo al medesimo capo della sentenza impugnato con il primo motivo, subordinatamente al rigetto di questo, censura il pronunciamento della Corte territoriale per avere la motivazione addotta a fondamento del rigetto dell’eccezione carattere meramente apparente e risultare perciò del tutto privo di motivazione;

che nel terzo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 116 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione sono prospettati con riguardo alla pronunzia resa dalla Corte territoriale sul quantum azionato dall’ A. e ciò sia con riguardo alla ritenuta genericità della contestazione sia in ordine all’esaustività del conteggio, affermandosi addirittura la falsità del rilievo svolto in sentenza dalla Corte medesima per cui il conteggio recava l’indicazione delle differenze retributive spettanti come risultato dell’operazione di sottrazione, ivi riportata, tra il dovuto ed il percepito;

che i primi due motivi, formulati, in via gradata, con riguardo al medesimo oggetto, si rivelano infondati, dovendosi ritenere essersi la Corte territoriale pronunziata sull’eccezione relativa alla violazione del ne bis in idem ed in termini congrui alla stregua della stessa giurisprudenza di questa Corte richiamata nel ricorso de quo, secondo cui deve qualificarsi sentenza di condanna utilizzabile quale titolo esecutivo nell’ambito di un’azione monitoria quella sentenza in cui la mancata indicazione nel suo contesto di una somma di preciso ammontare, costituente il quantum della condanna, possa risultare compensata, come certamente si verifica nel caso di specie, laddove le differenze retributive spettanti sono il risultato dell’applicazione dei diversi importi della retribuzione dovuta per effetto della rivalutazione dell’inquadramento giudizialmente riconosciuta all’ A., dalla determinabilità della somma medesima attraverso operazioni di calcolo aritmetico sulla base degli elementi forniti dalla sentenza stessa;

che, di contro, il terzo motivo deve ritenersi inammissibile, non dando l’Azienda ricorrente in questa sede conto, attraverso la trascrizione o l’allegazione degli atti da cui sarebbe desumibile, dell’affermata falsità del dato poi riportato nella motivazione dell’impugnata sentenza dalla Corte territoriale, dato già in sede di gravame fatto oggetto di contestazione, appunto puntualmente smentita dalla Corte stessa in motivazione, circa la produzione da parte dell’ A. di “…conteggi nei quali contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante – sono indicate le somme dovute, le somme corrisposte e la relativa differenza, con riferimento ai singoli mesi ed anni”.

che il ricorso va, dunque, rigettato;

che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.250,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2020

 

 

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