Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20255 del 22/08/2017
Cassazione civile, sez. VI, 22/08/2017, (ud. 03/05/2017, dep.22/08/2017), n. 20255
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –
Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8736/2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
G.R., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE DELLE
MILIZIE 19, presso lo studio dell’avvocato DANIELA LANIA, che lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati ALDO LUCIO LANIA,
VIRGINIO AZZALINI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 974/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di TORINO, depositata il 02/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 03/05/2017 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Con ricorso in Cassazione affidato a due motivi, nei cui confronti la parte contribuente ha resistito con controricorso, l’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della CTR del Piemonte, relativa a un avviso d’accertamento per Irpef 2006 emesso per una rideterminazione del reddito d’impresa del contribuente (titolare di una ditta individuale artigiana esercente l’attività d’installazione e manutenzione e riparazione d’impianti idraulici e di riscaldamento), con accertamento analitico, sulla base dei ricavi e dei costi dichiarati per l’anno in contestazione, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, lamentando, con un primo motivo, la violazione dell’art. 39 citato, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e con un secondo motivo denunciando il vizio di nullità della sentenza per inosservanza del D.P.R. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, sul medesimo profilo di censura, in quanto, erroneamente, i giudici d’appello avrebbero ritenuto l’esistenza di costi non dichiarati, in assenza di elementi gravi, precisi e concordanti, fissando, con ragionamento apodittico, un rapporto fra costi e ricavi non dichiarati uguale a quello fra costi e ricavi dichiarati, ritenendo, inoltre, che le operazioni economiche ritenute giustificate dai giudici di primo grado, fossero effettivamente provate, richiamando in maniera generica la verifica della documentazione in atti, con motivazione, pertanto, meramente apparente, perchè priva di qualunque vaglio critico.
Il Collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata.
Il secondo motivo, da esaminare prioritariamente in via logica, è da rigettare, poichè la motivazione rispetta il principio del “minimo costituzionale” essendo stata svolta specificamente nella prima parte della sentenza e richiamata nella seconda parte.
Il primo motivo di ricorso, invece, è fondato.
E’, infatti, insegnamento di questa Corte che In tema di accertamento delle imposte sui redditi, e con riferimento all’acquisizione dei movimenti di un conto corrente bancario riconducibili ad un’attività d’impresa, debbono essere considerati ricavi sia le operazioni attive che quelle passive, senza che si debba procedere alla deduzione presuntiva di oneri e costi deducibili, la cui eventuale indicazione e prova è a carico del contribuente” (Sez. 5, Sentenza n. 16896 del 24/07/2014, Rv. 632140 – 01, Sez. 5, Sentenza n. 14675 del 23/06/2006, Rv. 591460 – 01).
Nel caso di specie, i giudici d’appello hanno fissato una proporzione tra costi e ricavi del 70%, sulla base di un ragionamento equitativo non fondato su nessuna presunzione semplice o relativa.
La sentenza merita, pertanto, di essere cassata e la causa rinviata nuovamente alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione, affinchè, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 maggio 2017.
Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2017