Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20254 del 25/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 25/07/2019, (ud. 12/03/2019, dep. 25/07/2019), n.20254

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27151-2017 proposto da:

M.S., alias M.I.S., elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato NATALE LUIGI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 762/2017 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 12/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ACIERNO

MARIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La corte d’Appello di Trieste ha rigettato, confermando la pronuncia di primo grado, la domanda di protezione internazionale proposta dal cittadino pakistano, proveniente dal M.S.P..

A sostegno della decisione ha affermato che le dichiarazioni rese non sono credibili. Il ricorrente ha riferito di aver lasciato il proprio paese perchè minacciato violentemente in seguito alla cessione di un terreno di sua proprietà ad una famiglia di religione cristiana. In relazione a queste dichiarazioni non appare credibile, secondo la Corte d’Appello, che una persona di religione sunnita abbia potuto cedere un terreno a persone di religione cristiana per edificare/ampliare un luogo di culto. Inoltre dalle informazioni (Easo Coi) emerge che il P. non presenta caratteristiche di diffusa e pericolosa instabilità.

In conclusioni la Corte territoriale ha escluso la ricorrenza dei presupposti per la protezione internazionale, anche sotto il profilo minima le della protezione umanitaria.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero. Non ha svolto difese il Ministero dell’interno.

Nel primo motivo viene dedotta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5 per avere la Corte d’Appello escluso il riconoscimento di ogni forma di protezione internazionale sulla base della scarsa credibilità, senza considerare che questa valutazione poteva incidere soltanto sulla sussistenza del fumus persecutionis ma non per le altre domande ed inoltre per non aver attivato il dovere di cooperazione istruttoria al fine di verificare l’attendibilità delle dichiarazioni del ricorrente alla luce delle informazioni assunte.

Nel secondo motivo viene dedotta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,7 e 8 per non aver effettuato riscontri in relazione ai fatti narrati, peraltro non smentiti da elementi di segno contrario.

Nel terzo motivo viene dedotta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, per non aver svolto correttamente propria indagine officiosa. L’attuale situazione del Pakistan è caratterizzata dalla grave violazione dei diritti umani come emerge dalle informazioni Easo che la Corte assume di aver consultato (nel corpus del motivo vengono riprodotte le fonti Easo riferite ad un rapporto del 2014) e dalle informazioni provenienti dalla Commissione nazionale del diritto d’asilo relative agli anni 2015 e 2016 nel quale è evidenziata la grave situazione del P.. Viene, inoltre, censurato che la Corte non abbia consultato altre fonti quali Amnesty International che evidenziano situazioni di particolare gravità (i reports sono riprodotti nel ricorso), ed il sito Viaggiare Sicuri del Ministero degli Esteri pubblicato il 2/5/2017 che riferisce di un elevato rischio terrorismo (anche questo report è riprodotto nel ricorso). L’esclusione della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), è stata fondata sull’applicazione non corretta del parametro legislativo alla luce delle contrastanti informazioni provenienti sia dalle fonti citate che da altre, ugualmente qualificate.

Nel quarto motivo viene dedotta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per non essere stato considerato che la riscontrata situazione oggettiva giustifica quanto meno la protezione umanitaria, espressamente richiesta dal ricorrente.

I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto logicamente connessi. In essi si censura, in primo luogo, la non applicazione del parametro legislativo, stabilito nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, relativo alla credibilità delle dichiarazioni del richiedente. Al riguardo la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che l’esame della vicenda narrata deve essere svolto attraverso gli indicatori di credibilità stabiliti nella norma, con la conseguenza che la valutazione “non è affidata alla mera opinione del giudice ma è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione da compersi alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, (Cass. 26921 del 2017) tenuto contro della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente. Non possono essere ritenuti indicatori esclusivi o prevalenti, eventuali discordanze su elementi secondari (Cass. 26921 del 2017) o la non corrispondenza di supporti documentali ai criteri di tipicità propri del nostro ordinamento (Cass. 25534 del 2016). Nella specie la valutazione di non credibilità non soltanto si è posta del tutto ad di fuori della “procedimentalizzazione legale” da seguire nell’esame dei criteri descritti dalla norma ma si è fondata su un giudizio drimplausibilità, espressamente fondato su “fatti notori”, e non su riscontri qualificati acquisiti D.Lgs. n. 25 del 2008,ex art. 8. La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato la censurabilità del ricorso al “fatto notorio” quando non ne ricorrano le condizioni ed il giudice fondi il suo giudizio su valutazioni soggettive, invece che su “fatti acquisiti alla conoscenza della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabili ed incontestabili”(Cass. 7726 del 2019; conf. 3550 del 2019). Nella specie la qualificazione di notorio è stata fornita in relazione ad un quadro fattuale di attualità storico-politica per il quale il legislatore ha predeterminato la necessità di una cooperazione istruttoria officiosa mediante accesso diretto a fonti qualificate, indicate dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, ancorchè non escludendo il ricorso ad indagini ulteriori. Risulta, pertanto, davvero residuale l’applicazione della nozione del “fatto notorio” nella materia della protezione internazionale, essendo centrale proprio un accertamento di natura complessa fondato sulla valutazione di credibilità soggettiva integrata dalla ricerca officiosa di fonti informative, quando ciò si renda necessario per completare il quadro allegativo e probatorio da porre a base della decisione. Ha precisato al riguardo questa Corte che “opinioni sociologiche meramente soggettive e regole di parziale valutazione della realtà costituiscono fatti a valenza solo suggestiva, sicchè non posseggono un grado di univocità e sicura percezione da parte della collettività da risultare indubitabili e incontestabili e, dunque, non integrano un fatto notorio” (Cass.22950 del 2014). Nella specie la riconduzione soltanto al notorio della implausibilità della cessione immobiliare e della conseguente vis persecutoria è del tutto fuori non solo dai parametri di credibilità stabiliti nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, ma anche dalla nozione, fatta propria dalla giurisprudenza, di legittimità di “fatto notorio”. Ne consegue l’accoglimento per quanto di ragione dei primi due motivi di ricorso.

Anche il terzo motivo risulta manifestamente fondato. Il cittadino straniero, secondo quanto precisato nel ricorso, aveva proposto specificamente tra i motivi d’appello una censura volta ad una valutazione approfondita della situazione attuale del P., ritenendo carente l’accertamento svolto in primo grado, precisando le ragioni della pericolosità. La risposta alla censura è risultata del tutto generica (in contrasto con gli orientamenti più recenti di questa Corte cfr. Cass. 11314 del 2019), sia in relazione alle fonti consultate, meramente indicate senza alcuna precisazione cronologica, pur dovendosi svolgere ex lege un’indagine all’attualità, sia in relazione ai contenuti delle fonti esaminate.

Il quarto motivo è assorbito dall’accoglimento del terzo.

In conclusione il ricorso deve essere accolto, con accoglimento dei primi due motivi per quanto di ragione; accoglimento del terzo ed assorbimento del quarto. La pronuncia impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Trieste in diversa composizione.

PQM

Accoglie i primi tre motivi per quanto di ragione. Assorbito il quarto. Cassa la pronuncia impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Trieste in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, ol 12 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2019

(Dott.ssa Rosa Maria Di Virgilio)

Ric. 2017 n. 27151 sez. M1 – ud. 12-03-2019 -6-

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

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