Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20253 del 22/08/2017
Cassazione civile, sez. VI, 22/08/2017, (ud. 03/05/2017, dep.22/08/2017), n. 20253
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –
Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24911-2015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
A.H.H.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1198/22/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di MILANO, depositata il 25/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 03/05/2017 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte,
costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), , convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:
Con sentenza n. 1198/22/2015, depositata il 25 marzo 2015, non notificata, la CTR della Lombardia rigettò l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di Varese, nei confronti del sig. A.H.A., per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Varese, che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso avviso di accertamento per IRPEF, IVA ed IRAP relativo all’anno d’imposta 2006, ritenendo non applicabile nella fattispecie in esame la disciplina del raddoppio dei termini, di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 nel testo applicabile ratione temporis.
Avverso detta pronuncia l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.
L’intimato, che ha ricevuto rituale notifica del ricorso, non ha svolto difese.
Con l’unico motivo l’Amministrazione finanziaria denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, introdotto dal D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 24, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 248 del 2006, della L. n. 74 del 2000, art. 4 e dell’art. 331 c.p.p., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto imprescindibile il deposito in atti della denuncia, onde poterne esaminare il contenuto, al fine di accertare se l’amministrazione avesse agito con imparzialità o fatto invece uso pretestuoso della citata disposizione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, al fine di usufruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento.
Va premesso che la censura non investe la pronuncia impugnata nella parte in cui ha confermato la decisione di primo grado in punto di non applicabilità della disciplina del raddoppio dei termini quanto all’accertamento ai fini IRAP, stante la non rilevanza penale di quanto emerso in punto di determinazione del valore della produzione netta. Sul punto, dunque, deve ritenersi formato il giudicato interno.
Nel resto il motivo è manifestamente fondato.
Questa Corte ha avuto modo di precisare (cfr., più di recente, oltre alle pronunce indicate in ricorso dall’Amministrazione ricorrente, Cass. sez. 6-5, ord. 30 maggio 2016, n. 11171) che “in tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3, nei testi applicabili ratione temporis presuppone unicamente l’obbligo di denuncia penale, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, e non anche la sua effettiva presentazione, come chiarito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 247 del 2011”.
E’ dunque erronea l’affermazione del giudice tributario di appello di non poter valutare la sussistenza di siffatto presupposto in ragione del fatto che non fosse stata depositata copia della denuncia, atteso che da quanto contestato nell’avviso di accertamento e riportato dall’Amministrazione a pag. 10 del ricorso per cassazione era emerso che il contribuente, in relazione all’attività di chartering svolta dalla ditta individuale del medesimo, aveva omesso elementi positivi di reddito ed esposto fittizi elementi negativi (ciò che integra il reato d’infedele dichiarazione di cui alla L. n. 74 del 2000, art. 4), superando le imposte IVA ed Irpef evase l’importo di Euro 50.000,00 e risultando l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione superiore alla percentuale del 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, tenuto conto degli elementi passivi fittizi contestati.
Il giudice tributario aveva quindi gli elementi per verificare la sussistenza dell’obbligo di denuncia, senza che occorresse il suo effettivo inoltro o deposito in giudizio.
Ciò posto, avrebbe dovuto quindi la CTR valutare, ai fini della pronuncia sulla decadenza dell’Amministrazione dal potere impositivo, l’applicabilità nella fattispecie in esame della disciplina sul raddoppio dei termini, senza che, con riferimento all’avviso di accertamento in oggetto, relativo a periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, possano comunque incidere le modifiche introdotte dalla L. n. 208 del 2015. In particolare, l’art. 1, comma 132 citata legge ha introdotto un regime transitorio che si occupa delle sole fattispecie non ricomprese nell’ambito applicativo del precedente regime transitorio, non oggetto di abrogazione, di cui al D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, comma 3, in virtù del quale la nuova disciplina non si applica nè agli avvisi notificati entro il 2 settembre 2015, nè agli inviti a comparire o ai processi verbali di constatazione conosciuti dal contribuente entro il 2 settembre 2015 e seguiti dalla notifica dell’atto recante la pretesa impositiva o sanzionatoria entro il 31 dicembre 2015 (cfr. Cass. sez. 5, 16 dicembre 2016, n. 26037; Cass. sez. 5, 9 agosto 2016, n. 16728).
Il ricorso va dunque accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla CTR della Lombardia in diversa composizione, che, uniformandosi ai succitati principi di diritto, provvederà anche all’esame delle questioni rimaste assorbite, oltre che in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 maggio 2017.
Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2017