Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20248 del 25/09/2020

Cassazione civile sez. lav., 25/09/2020, (ud. 25/06/2020, dep. 25/09/2020), n.20248

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 256/2020 proposto da:

S.A., alias S.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato ENRICO VILLANOVA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VERONA – SEZIONE

DI TREVISO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e

difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. 9995/2019 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata

il 21/11/2019 R.G.N. 8858/2018.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– S.M. propone ricorso per cassazione avverso il decreto del Tribunale di Venezia, depositato il 21 novembre 2019, di reiezione dell’opposizione dal medesimo proposta avverso la decisione della Commissione Territoriale che aveva respinto la sua domanda per il riconoscimento della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria;

– dall’esame del decreto impugnato emerge che a sostegno della domanda il richiedente aveva allegato che era originario del Mali, di (OMISSIS) nella regione di Kayes ma di essersi trasferito da piccolo nella città di (OMISSIS) (regione di Gao) da cui era stato costretto a fuggire trascinato dal fratello maggiore prima in Algeria e poi, con l’aiuto di una guardia, in Italia, in seguito all’irruzione militare effettuata a (OMISSIS) da un gruppo di (OMISSIS);

– il Tribunale ha disatteso l’opposizione evidenziando che non sussistevano le condizioni per il riconoscimento delle protezioni sussidiaria e umanitaria richieste;

– il ricorso è affidato a tre motivi;

– il Ministero dell’Interno non ha spiegato alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con i primi due motivi parte ricorrente fa valere la questione di legittimità costituzionale del D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, per violazione dell’art. 77 Cost., nonchè dell’art. 6, per contrasto con gli artt. 3,10,24,111 e 113 Cost. nonchè art. 117 Cost., per contrasto con gli artt. 6 e 13 CEDU e art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea;

– questo Collegio intende dare continuità all’orientamento di questa Corte, che ha già ritenuto infondata la prima questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 13 del 2017, art. 21, comma 1, conv. con modifiche in L. n. 46 del 2017, per difetto dei requisiti della straordinaria necessità ed urgenza poichè la disposizione transitoria che differisce di 180 giorni dall’emanazione del decreto l’entrata in vigore del nuovo rito – è connaturata all’esigenza di predisporre un congruo intervallo temporale per consentire alla complessa riforma processuale di entrare a regime (Cass. n. 17717 del 05/07/2018);

– la medesima pronunzia n. 17717/2018 ha poi ritenuto manifestamente infondata anche la questione di legittimità costituzionale, per violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 1, poichè il rito camerale ex art. 737 c.p.c., che è previsto anche per la trattazione di controversie in materia di diritti e di “status”, è idoneo a garantire il contraddittorio anche nel caso in cui non sia disposta l’udienza, sia perchè tale eventualità è limitata solo alle ipotesi in cui, in ragione dell’attività istruttoria precedentemente svolta, essa appaia superflua, sia perchè in tale caso le parti sono comunque garantite dal diritto di depositare difese scritte. con il primo motivo la parte deduce la violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. A) e D.L. n. 13 del 2017, art. 35 bis, allegandosi la violazione della normativa in materia istruttoria in ordine alle istanze del richiedente asilo;

– il terzo motivo di ricorso, con cui si deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, con riguardo al diniego di protezione umanitaria, è infondato e richiede a questa Corte una valutazione di merito sottratta al giudice di legittimità;

– il Collegio ha ritenuto insussistente la condizione di vulnerabilità del ricorrente per non essere credibile il suo racconto, evidenziando come lo spostamento dal Kayes al Gao sarebbe stato introdotto per la mera opportunità di collocare il racconto in una zona sottoposta a violenza generalizzata ed indiscriminata, escludendo, altresì, che ricorresse una peculiare situazione di fragilità quando aveva lasciato il Paese di origine per la propria minore età;

– in particolare è anche sul requisito della minore età che il ricorrente non viene ritenuto credibile nel suo racconto così in ordine alla circostanza che egli avesse lasciato il Mali nel 2012 e fosse rimasto in Algeria per tre anni;

– la Corte sottolinea, peculiarmente, come già la Commissione territoriale avesse ritenuto atta a minare irrimediabilmente la credibilità del ricorrente, la circostanza che egli riferisse che la citta di (OMISSIS) si trovi tra Gao e Niger ma non fosse in grado di raccontare quale fosse il fiume che scorre vicino alla città e presso cui era solito pescare con il proprio fratello;

– infine, il Collegio ha escluso il rischio per le esigenze di tutela minime per effetto del reimpatrio e la rilevanza del contratto stagionale – ai fini dell’integrazione sociale – prodotto non essendo stata data alcuna prova del rapporto;

– il Collegio ha quindi escluso l’esistenza degli estremi per la protezione umanitaria di cui al T.U. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.Lgsn. 25 del 2008, art. 32, comma 3, nella formulazione anteriore alle modifiche apportare dal D.L. n. 113 del 2018, art. 1, che ha ritenuto applicabile alla fattispecie, escludendo una situazione grave personale oggettiva che non consenta l’allontanamento dal territorio nazionale trattandosi di rimedio residuale ed estremo da valutarsi alla luce di un esame comparativo fra le condizioni di vita riconosciute dai due Paesi (sul punto, ex plurimis, Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455);

– tale valutazione, di merito, è sottratta al sindacato di legittimità;

– il ricorso, pertanto, non può essere accolto;

– nulla va disposto in ordine al governo delle spese del giudizio, in assenza di attività difensiva della parte vittoriosa;

– sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-bis, se dovuto

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2020

 

 

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