Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20245 del 31/07/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 20245 Anno 2018
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: DE MASI ORONZO

SENTENZA
sul ricorso 24313-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente contro

2618
853

ZUCCHI MASSIMILIANO, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA MONDRAGONE 10, presso lo studio dell’avvocato
PAOLA MASTRANGELI, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ETTORE BONTEMPI giusta delega
a margine;

Data pubblicazione: 31/07/2018

- controricorrente nonchè contro

BENZI ADRIANA, BENZI ALFREDO, BENZI ANGELA, BENZI
LIDIA, BENZI MARISA, IMOLA ANNUNZIATA;
– intimati –

BOLOGNA, depositata il 05/07/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/06/2018 dal Consigliere Dott. ORONZO DE
MASI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato TIDORE che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato MASTRANGELI
che ha chiesto il rigetto e deposita n. 2 avvisi A/R.

avverso la sentenza n. 59/2010 della COMM.TRIB.REG. di

FATTI DI CAUSA
l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi,
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna,
indicata in epigrafe, che ha respinto l’appello erariale e confermato l’annullamento
dell’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro con il quale era stato
elevato il valore degli immobili venduti da Adriana, Alfredo, Angela, Lidia, Marisa Benzi

notaio Ciacci, stipulato il 13/6/2005 e registrato il 14/6/2005.
Il giudice di appello ha motivato la decisione ritenendo che, come poteva desumersi
dall’atto impositivo, il valore attribuito nel rogito di compravendita unitariamente ai
tre immobili compravenduti, due appartamenti ed un locale ad uso negozio, aventi
medesimi moltiplicatori (A/4 x 120 e C/1 x 40,60), “non pregiudica il controllo
dell’Ufficio che è in grado di operare le inerenti operazioni aritmetiche”, e che non
poteva effettuare la rettifica di valore, ai sensi dell’art. 52, comma 4, d.p.r. n. 131 del
1986, “poiché nessuna norma stabilisce che il valore degli immobili debba essere
singolarmente indicato”.
Resiste con controricorso e memoria la intimata società ZCH, ora KLAN s.r.I.,
unitamente a Massimiliano Zucchi.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c.,
primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 52, comma 4, d.p.r. n. 131
del 1986, e del d.m. 14 maggio 1991, giacché la CTR non ha considerato che per
l’esercizio del potere di accertamento dell’Amministrazione finanziaria, qualora
nell’atto sia indicato un valore non inferiore a quello ottenibile con il procedimento di
valutazione cosiddetta automatica, è necessario che il contribuente indichi uno
specifico valore o corrispettivo riferito alla singola unità immobiliare dotata di rendita
catastale, e che nel caso di specie si tratta di beni diversi per destinazione d’uso,
riconducibili a categorie catastali diverse, i quali vanno assoggettati a parametri
diversi, secondo quanto previsto dal d.m. 14 dicembre 1986, non essendo altrimenti
verificabile in concreto la sussistenza del presupposto della dichiarazione di valore,
che per ciascun cespite deve essere non inferiore a quello risultante dai parametri di
legge.
Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 5,
insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il
giudizio, giacché la CTR non ha considerato che, per quanto previsto dal d.m. 14

e Annunziata Imola, a favore di Massimiliano Zucchi e ZCH s.r.I., con atto a rogito del

dicembre 1986, diverso è il moltiplicatore per gli immobili riconducibili alla categoria
catastale A/4, rispetto a quello previsto per gli immobili riconducibili alla categoria
C/1, (vedi d.m. 14 dicembre 1991 – Determinazione dei moltiplicatori da applicare, a
partire dal 1992, alle rendite catastali dei fabbricati e dei terreni per stabilire il valore
minimo da dichiarare ai fini dell’imposta di registro, dell’imposta sulle successioni e
donazioni, e delle connesse imposte ipotecarie e catastali, e dell’imposta comunale

Con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 5, omessa o
insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, giacché la
CTR afferma la illegittimità della rettifica in aumento senza esporre le ragioni della
decisione, avendo l’Ufficio evidenziato che i valori accertati corrispondono a quelli
indicati nelle tabelle dell’osservatorio immobiliare FIAIP, relativamente al primo
semestre 2005, allegate al ricorso originario dagli stessi contribuenti.
Va, preliminarmente, disattesa la eccezione di inammissibilità del ricorso proposta
dalla intimata atteso il principio secondo cui la notificazione dell’atto di impugnazione,
compreso il ricorso per cassazione, a più parti e presso un unico procuratore, eseguita
mediante consegna di una sola copia (o di un numero di copie inferiore rispetto alle
parti destinatane), non è inesistente ma nulla, per cui il relativo vizio è sanato – con
efficacia ex tunc – con la costituzione in giudizio di tutte le parti cui l’atto è destinato o
con la rinnovazione della notificazione nei confronti di quelle non costituite da
eseguirsi in un termine perentorio assegnato dal giudice a norma dell’art. 291 c.p.c.
(Cass. n. 9859/1997, n. 2501/2002, n. 6820/2004).

E’, altresì, infondato l’ulteriore profilo di inammissibilità del ricorso prospettato dalla
intimata, in quanto le censure, per come formulate (corredate dal relativo quesito di
diritto ancorché non richiesto, avuto riguardo alla data di pubblicazione della decisione
impugnata), assolvono pienamente al requisito dell’autosufficienza, indicando la
statuizione della sentenza oggetto di censura, ed evidenziano l’errore in cui sarebbe in tesi – incorso il giudice di secondo grado nell’escludere la sussistenza dei
presupposti del potere di rettifica che la legge attribuisce all’Amministrazione
finanziaria.
Le suesposte censure sono fondate, e meritano accoglimento, per le ragioni dì seguito
esposte.
Per quanto è dato ricavare dagli scritti difensivi, l’atto di compravendita registrato il
14/6/2005, riguardante un fabbricato costituito da tre distinte unità immobiliari ed
intercorso tra Adriana, Alfredo, Angela, Lidia, Marisa Benzi e Annunziata Imola, unica
2

sull’incremento ‘di valore degli immobili).

parte venditrice, e Massimiliano Zucchi e ZCH s.r.I., unica parte acqUirente, è
senz’altro riconducibile alla vendita cumulativa (art. 1540 c.c.), avendo questi ultimi
contraenti inteso acquistare i beni in comunione (Zucchi, per la quota di proprietà del
90%, la società ZCH, per la residua quota del 10%), dietro corresponsione di un
prezzo unitario, da ripartire poi all’interno della parte venditrice plurisoggettiva.
Il giudice di appello ha accertato, tra l’altro, che tutti gli immobili compravenduti

rendita attribuita prima dell’atto registrato, mentre non è contestata la circostanza che
siano stati riportati, nell’atto medesimo, gli estremi catastali necessari ad effettuare le
necessarie operazioni di calcolo puramente matematico devolute all’Ufficio, sicché ha
concluso nel senso che fosse del tutto ininfluente l’indicazione di un unico
corrispettivo, e non corrispettivi distinti per ciascuna unità immobiliare trasferita,
considerato che la base imponibile è data, per tutti i cespiti, dal valore catastale e dal
corrispondente moltiplicatore (nella impugnata sentenza “A/4 x 120 e C/1 x 40,60”).
Secondo le deduzioni di parte ricorrente la CTR avrebbe erroneamente escluso, mal
motivando sul punto, la sussistenza del presupposto del potere di rettifica che la
norma attribuisce all’Ufficio, in considerazione dei valori catastali rivalutati nell’atto
registrato attribuiti ai beni in compravendita (valore dichiarato euro 58.000,00, valore
determinato ex art. 52, comma 4, d.p.r. n. 131 del 1986, euro 57.471,52, valore
rettificato ex artt. 51 e 52, d.p.r. n. 131 del 1986, euro 346.000,00), non essendo
sufficiente che il contribuente dichiari di avvalersi della valutazione automatica di cui
al d.p.r. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4, in quanto l’Ufficio deve procedere ad una
verifica circa l’effettiva rispondenza del valore dichiarato a quello automaticamente
determinabile in base all’applicazione dei coefficienti catastali ed ai loro moltiplicatori,
verifica impossibile in presenza, come nella fattispecie in esame, di una dichiarazione
cumulativa dei valori, senza precisazione nell’atto del prezzo/valore attribuito a
ciascuno dei tre cespiti immobiliari alienati, con diversa destinazione d’uso,
riconducibili a diverse categorie catastali, con diverso moltiplicatore applicabile.
Il sistema della valutazione automatica del valore degli immobili pone all’Ufficio un
limite al potere di accertamento per valori diversi, ma ciò non esclude affatto la
doverosità di un riscontro della presenza, nei beni oggetto dell’atto, dei requisiti che
rendano possibile una sicura corrispondenza del valore dichiarato a quello
automaticamente determinabile in base ai coefficienti moltiplicatori delle rendite, sia
singolarmente che nel totale.

3

possedevano i requisiti richiesti dalla norma invocata, essendo iscritti in catasto con

Incombe, infatti, sul contribuente che, essendosi

avvalso della valutazione

automatica, intenda poi contestare la legittimità dei controlli dell’Ufficio, l’onere di
dimostrare, per ciascun bene, di aver dichiarato nell’atto un valore non superiore a
quello risultante dalla applicazione dei parametri di legge.
Questa Corte ha già avuto occasione di affermare, che l’art. 52, d.p.r. n. 131 del
1986, non può trovare applicazione quando nell’atto da registrare, riguardante più

dei quali non muniti di rendita (tra le tante, Cass. n. 1309/2015, n. 5543/2013, n.
22207/2011), e, sia pure in tema di imposta sulle donazioni, che “il contribuente che
presenti una dichiarazione cumulativa, avente ad oggetto una pluralità di cespiti, e
intenda avvalersi della disposizione di cui al d.p.r. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4,
riguardante l’accertamento della stima dei beni con criterio automatico, ha l’onere di
indicare analiticamente il valore dei singoli cespiti, in modo da consentire
all’Amministrazione finanziaria di controllare la corrispondenza dei singoli valori
indicati ai parametri di valutazione automatica. In difetto di tale adempimento, in
presenza dell’indicazione – da parte del contribuente – di un unico valore globale,
l’Amministrazione ha il potere di rettifica, attraverso il ricorso al criterio del valore di
mercato” (Cass. n. 7417/2003, n. 14409/2013).
Il ricorso è fondato anche in relazione alla determinazione dei valori attribuiti con
l’avviso impugnato, in quanto nella sentenza di appello si afferma – apoditticamente che “illegittima (…) appare la rettifica in aumento operata dall’Ufficio anche in
considerazione che si tratta di immobile posto in posizione centrale in Rimini, di buona
consistenza e di alto valore in comune commercio”, ma non si rinviene alcun
riferimento a dati concreti o ad acquisizioni probatorie, e nemmeno indirettamente ai
criteri di determinazione della base imponibile di cui agli artt. 51 e 52, d.p.r. n. 131
del 1986; troppo poco perché la frase possa considerarsi “motivazione”.
Conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio al giudice
“a quo”, che provvederà anche per le spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad
altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Emila Romagna.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 giugno 2018.
Il Consigliere estensore
(Or.,rì o De asi)

Il Presidente
(Ca

Di Iasi)

immobili, il contribuente abbia dichiarato un valore complessivo per tutti i beni, alcuni

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