Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20242 del 07/10/2016


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Cassazione civile sez. I, 07/10/2016, (ud. 21/06/2016, dep. 07/10/2016), n.20242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27165-2012 proposto da:

COMUNE DI EBOLI, (c.f. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARIANNA DIONIGI 57,

presso l’avvocato CLAUDIA DE CURTIS, rappresentato e difeso dagli

avvocati DOMENICO ROMANO, ALDO STARACE, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

P.G.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

AURELIANA, 63, presso l’avvocato SARA DI CUNZOLO, rappresentato e

difeso dagli avvocati GAETANA MASTROBERARDINO, LUIGI PAOLO GIELLA,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

SOCIETA’ CONSORTILE MISTA P.A. PER L’ATTUAZIONE DEL PIANO PER GLI

INSEDIAMENTI PRODUTTIVI DEL COMUNE DI EBOLI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 781/2011 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 08/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/06/2016 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato D’AMICO GIUSEPPE, con

delega avv. GIELLA, che si riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 30.5.2008 al Comune di Eboli ed alla Società Consortile Mista per l’Attuazione del Piano degli Insediamenti Produttivi, P.G.F., proprietario in località (OMISSIS) – di un terreno (al foglio 24, particelle (OMISSIS)) urbanisticamente ubicato nella zona di localizzazione di quel Piano, adiva la Corte di appello di Salerno e premesso che il convenuto Comune aveva temporaneamente occupato e con decreto prot. n. 15.437 notificato il 5.5.2008 espropriato il suo fondo, chiedeva la determinazione delle giuste indennità di esproprio e di occupazione legittima. in tesi incongruamente c/o erroneamente stimate in via amministrativa (Euro 18,02 al mq).

Sia il Comune di Eboli che la Società Consortile Mista assumevano il loro difetto di legittimazione passiva e finfondatezza delle domande introduttive. La seconda chiedeva che in ogni caso il Comune fosse condannato a rivalerla delle somme eventualmente attribuite all’attore; il primo affermava anche che tutti i poteri e le funzioni connesse all’attuazione del P.I.P., compresi i poteri espropriativi ed i relativi oneri economici, erano stati delegati alla predetta Società Consortile Mista, ed ancora che le indennità erano state determinate in misura congrua e con la decurtazione del 25% essendo l’esproprio finalizzato ad attuare interventi di riforma economico-sociale. Con sentenza de11,8.05-8.10.2011 la Corte di appello di Salerno, anche in base all’esito della CTU ed in accoglimento per quanto di ragione della tempestiva opposizione alla stima proposta dal P., determinava in Euro 79.961.00 la giusta indennità per l’espropriazione del terreno oltre ad Euro 2.418,00 per danni alle colture, nonchè in Euro 9.787.00 l’indennità di occupazione legittima, ordinando al Comune di Eboli di depositare presso la competente Agenzia gli importi differenziali, oltre agli interessi nella misura legale e con le specificate decorrenze.

La Corte territoriale osservava e riteneva che:

l’art. 54 del T.U. sulle espropriazioni aveva allargato la serie dei soggetti legittimati a partecipare al giudizio, attribuendo rilevanza giuridica oltre che al beneficiario dell’esproprio al promotore e ad ogni terzo che vi avesse interesse. Ne derivava che il Comune quale promotore dell’esproprio ed ente espropriate e la Società Consortile quale delegata del Comune per il compimento di atti espropriativi erano legittimati a contraddire alla domanda di determinazione della stima e non potevano essere estromessi dal giudizio.

Altra questione era quella relativa all’individuazione del soggetto tenuto all’effettivo pagamento dell’indennità che andava individuato in colui a cui favore il provvedimento di esproprio e di occupazione risultava adottato. E anche nell’ipotesi di concorso di più soggetti nella gestione dell’opera pubblica dovevasi avere riguardo a colui che nel provvedimento ablatorio risultava beneficiario dell’esproprio, salvo che dal decreto stesso non emergesse che ad altro ente in virtù di legge o di atti amministrativi e mediante ligure sostitutive a rilevanza esterna fosse stato conferito il potere e il compito di procedere all’acquisizione delle aree e di promuovere e curare direttamente in nome proprio le necessarie procedure espropriative ed addossare i relativi oneri (c.d. delegazione intersoggettiva in cui veniva attivato il trasferimento di funzioni e potestà proprie dell’espropriante al cessionario, che cosi diventava titolare di tutte le obbligazioni che ad esso si collegavano). Nella fattispecie il rapporto instaurato tra il Comune di Eboli e la società consortile mista non era certo di concessione traslativa di poteri, dal momento che a quest’ultima veniva attribuita la mera gestione dell’attività correlata all’acquisizione delle aree comprese nel PIP; in sostanza la delega atteneva al compimento di adempimenti connessi alle acquisizioni, attività puramente esecutiva legata al rapporto privo di rilevanza esterna. E la prova dell’assunto scaturiva dalla fondamentale circostanza che gli espropri definitivi erano stati pronunciati dall’organo del Comune di Eboli in Favore di esso ente che ovviamente acquisiva la proprietà del bene. Conseguentemente detto Ente territoriale era destinatario dell’ordine di pagamento.

Comunque ai fini diversi e soprattutto a quello sulla pronuncia delle spese non doveva essere sminuita l’attività svolta dalla Società Consortile, titolare di attività di gestione e assuntrice di obblighi anche nei confronti degli assegnatari, che la rendevano direttamente interessata alle procedure. applicandosi così l’espresso principio giuridico della rilevanza della posizione di tutti i soggetti titolari di interesse all’esproprio.

Ancora doveva essere esaminata per il suo carattere generale la problematica relativa alla riduzione del 25% della indennità di esproprio prevista dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89. Era noto che nei giudizi di determinazione dell’indennità di esproprio pendenti alla data di pubblicazione della sentenza 348/07 della Corte Costituzionale, che aveva dichiarato l’illegittimità della L. n. 359 del 1992, art. 2, comma 89 non era ammissibile riferirsi al criterio previsto da tale norma, ma si aveva reviviscenza della L. n. 2359 del 1865, art. 39 onde doveva essere applicato il criterio del valore venale, d’altra parte riconosciuto dalla successiva normativa. Nè era applicabile per i procedimenti in cui la dichiarazione di pubblica utilità Cosse stata emessa prima del 30.6.03, data di entrata in vigore del D.P.R. n. 327 del 2001, la L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89 della che avendo introdotto modifiche D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37 seguiva la disciplina transitoria dell’art. 57 D.P.R. citato; mentre la norma intertemporale di cui alla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 90 prevedeva la retroattività della nuova disciplina della determinazione dell’indennità espropriativa solo per i procedimenti e non anche per i giudizi.

Ora trattandosi dell’ipotesi di dichiarazioni di pubblica utilità anteriore al 30.6.03 (Piano PIP Delib. 13 ottobre 1989 e sue varianti) non poteva applicarsi la richiesta riduzione e l’indennità andava determinata sulla base del valore venale.

In ordine alla qualificazione dei beni, trattandosi di intervento volto alla realizzazione di Piano di Insediamenti Produttivi. gli stessi dovevano essere qualificati come suoli edificatori, non risultando difformi indicazioni.

Per quanto concerneva le modalità di calcolo dell’indennità di esproprio relativa ad area edificatoria, il criterio sintetico comparativo era quello più apprezzato, fondandosi su elementi certi di valutazione e riguardando contrattazioni avvenute per immobili con caratteristiche analoghe, mentre il criterio analitico poteva valere solo come supporto ulteriore.

Nella fattispecie il CTU aveva diligentemente espresso una serie di accertamenti effettuati nel periodo vicino a quello dei decreti di esproprio, che si riferivano ad aree fabbricabili prossime a quelle in esame, con una valutazione di Euro 44,30 al mq.

I riferimenti erano tutti obiettivi e non contestabili anche perchè provenienti da Enti pubblici; in contrario le allegazioni offerte dalle parti convenute si appalesavano scarsamente rilevanti avendo riguardo ad immobili siti in località diverse meno appetibili ((OMISSIS)).

Pertanto doveva essere definitivamente fissato il valore di Euro 44,30 al mq..

Andava poi affermata l’irrilevanza della posta questione relativa alla validità della dichiarazione ICI. una volta accertato che la ricostruzione del Comune di Eboli non permetteva di risalire agli importi effettivamente corrisposti. In effetti era noto che il diritto all’indennità di esproprio in caso di infedele dichiarazione lei non andava penalizzato. essendo l’evasore unicamente destinato a subire le conseguente per il minor valore dichiarato, potendo il Comune procedere ad accertamento salvo rettifica da parte dello stesso proprietario.

Andava infine dichiarata l’inammissibilità di ogni domanda di regresso posta dalle convenute, considerato che secondo consolidato indirizzo giurisprudenziale l’attuale fase per il suo carattere specialistico atteneva unicamente alla determinazione dell’indennità di esproprio.

I conteggi relativi alla determinazione dell’indennità di esproprio e di occupazione legittima erano stati determinati correttamente ed approfonditamente dal CTU. per cui i relativi calcoli erano di prezioso ausilio per le quantificazioni.

Avverso questa sentenza il Comune di Eboli ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi e notificato alla Società Consortile Mista P.A. per l’attuazione del Piano per gli Insediamenti Produttivi del Comune Di Eboli che non ha svolto difese, nonchè al P. che il 31.12.2012-2.01.2013 ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del ricorso il Comune di Eboli denunzia:

1. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 277 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3). Violazione e falsa applicazione degli artt. 9, 31, 32, e 38 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3). Violazione e falsa applicazione della L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 19 In relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3). Violazione e falsa applicazione del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 54 e succ. mod. ed int. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3). Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5)”.

Il ricorrente si duole che la Corte di appello in unico grado abbia dichiarato inammissibile la sua domanda di garanzia/regresso esperita nei confronti della delegata società consortile mista per azioni, deducendo che questa conclusione avrebbe presupposto l’esperibilità del rilievo officioso d’incompetenza in sede decisoria, invece precluso ai sensi dell’art. 38 c.p.c. (dir Cass. n. 21434 del 2007).

Il motivo non ha pregio perchè non pertinente alla ratio decidendi, prima che per difetto di autosufficienza sul titolo fondante la domanda di garanzia/regresso, la cui allegazione si rendeva necessaria a fare inferire l’interesse alla delibazione delle censure.

La Corte di appello nel valutare l’esperibilità dinanzi a sè di quella domanda e nell’escluderla, in quanto proposta ad un giudice diverso da quello per legge deputato a deciderla, ha inteso ravvisare il difetto di una condizione di relativa ammissibilità e non la propria incompetenza per materia, sicchè inconferenti si rivelano le invocate preclusioni di cui all’art. 38 c.p.c. (In tema cfr anche Cass. n. 22321 del 2015; n. 26735 del 2011).

2. “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 34 e succ. mod. ed integr. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 42 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 277 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, assumendo la non debenza dell’indennità espropriativa in caso di mancata dichiarazione ICI.

Il motivo è inammissibile. Esso, infatti. involge l’applicazione dei criteri riduttivi riferiti al valore dichiarato dall’espropriato ai lini criteri superati dall’intervenuta pronuncia della Corte costituzionale n. 338 del 2001, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità delle norme in forza delle quali l’indennità di espropriazione doveva subire una riduzione in relazione ai valori denunciati ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504.

3. “Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89 e 90 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Il motivo non merita favorevole sorte. La norma del TU del 2001 che prevede quella decurtazione e nella specie inapplicabile ratione temporis, giacchè il procedimento espropriativo in esame risulta promosso sulla base di una dichiarazione di pubblica anteriore al 30.06.2003. Peraltro, a prescindere da tale rilievo di diritto intertemporale, va ribadito che, affinchè sussista il presupposto dell’intervento di riforma economico-sociale, che giustifica la riduzione del 25 per cento del valore venale del bene ai fini della determinazione dell’indennità, esso deve riguardare l’intera collettività o parti geograficamente o socialmente predeterminate ed essere, quindi, attuato in forza di una previsione normativa che in tal senso lo definisca (cfr anche C’ass. n. 11464 del 2016; n. 2774 del 2012; n. 2100 del 2011), presupposti nella specie insussistenti.

4. “Omessa. insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Vizio logico di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Il motivo è infondato, giacchè l’avversata determinazione risulta per un verso sostenuta da esaurienti, logiche e puntuali argomentazioni, considerando anche la natura edificabile del suolo ed il metodo comparativo privilegiato per determinarne il valore venale, e per il resto inammissibilmente contrastata da generiche ed assiomatiche critiche in fatto.

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto. con condanna del soccombente Comune di noli al pagamento. in favore del controricorrente P.G.F., delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Comune di Eboli al pagamento, in favore di P.G.F., delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 5.000,00 per compenso ed in 200.00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2016

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