Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20241 del 22/08/2017
Cassazione civile, sez. lav., 22/08/2017, (ud. 21/04/2017, dep.22/08/2017), n. 20241
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25586/2011 proposto da:
P.L., C.F. (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato
VINCENZO DI PALMA, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR, PRESSO LA
CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, giusta delega in
atti;
– ricorrente –
contro
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 8191/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 25/10/2010 R.G.N. 2747/07.
Fatto
RILEVATO
che con sentenza in data 25 ottobre 2010 la Corte di Appello di Roma ha respinto l’appello proposto da P.L. nei confronti di Poste Italiane Spa avverso la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda della lavoratrice volta a far dichiarare la nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra le parti nel periodo dal 10.7.2002 al 30.9.2002, per esigenze tecniche, produttive ed organizzative, in attuazione di accordi sindacali del 2001/2002, congiuntamente alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie;
che la Corte territoriale ha innanzitutto rilevato che nell’atto introduttivo della lite la stessa parte ricorrente aveva sostenuto che il contratto era disciplinato dall’art. 25 del CCNL del 2001; che il Tribunale aveva rigettato la domanda ritenendo applicabile al rapporto il richiamato art. 25; che nell’atto di gravame tale statuizione non era stata espressamente contestata, benchè la sentenza fosse stata censurata per ragioni connesse alla mancata applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001; che pertanto la Corte ha limitato la propria indagine alla norma collettiva, fondata sulla L. n. 56 del 1987, art. 23, ritenendo l’assunzione a termine alla stregua della norma richiamata;
che avverso tale sentenza P.L. ha proposto ricorso affidato a due motivi, cui ha opposto difese la società con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che con il primo motivo del ricorso si denuncia, ai sensi dell'”art. 360 c.p.c., n. 3″, “violazione e falsa applicazione dell’art. 1 disp. gen., di cui al R.D. n. 262 del 1942, in relazione all’art. 113, c.p.c.”, assumendo che sia nel ricorso di primo grado sia in quello di appello era stata posta la questione dell’applicabilità del D.Lgs. n. 368 del 2001;
che il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di legge, censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto legittimo il contratto a termine perchè conforme all’art. 25 del CCNL 2001, in riferimento alla L. n. 56 del 1987, art. 23, quando invece avrebbe dovuto trovare applicazione il D.Lgs. n. 368 del 2001;
che i motivi, congiuntamente scrutinabili per connessione, sono fondati;
che infatti il principio iura novit curia, di cui all’art. 113 c.p.c., comma 1, lascia salva la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite nonchè all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame e ponendo a fondamento della sua decisione le norme disciplinatrici della fattispecie diverse da quelle erroneamente richiamate dalle parti (cfr. in tali sensi: Cass. n. 10009 del 2003; Cass. n. 7620 del 2006; Cass. n. 11470 del 2004; volte peraltro a ribadire che il principio generale dell’esclusione dello ius novum nel giudizio di appello comporta la preclusione del mutamento in secondo grado degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa, e non della diversa qualificazione giuridica del rapporto dedotto in giudizio in relazione a quelli già acquisiti al processo; per il coordinamento di detto principio con l’art. 112 c.p.c., v. Cass. n. 25140 del 2010);
che questa Corte ha affermato (Cass. n. 25558 del 2015) che “in tema di contratti a termine e nell’ambito del sistema delineato dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11,che prevede in via transitoria il mantenimento dell’efficacia delle clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23,fino alla data di scadenza dei contratti collettivi stessi, costituisce questione di diritto anche la questione della cessazione degli effetti di un contratto collettivo di lavoro aziendale che – come quello stipulato tra le OO.SS. e la s.p.a. Poste Italiane in data 11.1.2001 – sia abilitato a dettare la normativa derogatoria sulle stipulazioni a termine L. n. 56 del 1987, ex art. 23; conseguentemente la questione è rilevabile anche d’ufficio dal giudice e può essere dedotta per la prima volta anche in sede di legittimità allorchè l’applicazione al rapporto controverso del D.Lgs. n. 368 del 2001, abbia formato oggetto di questione dibattuta nei precedenti gradi di merito”;
che la medesima pronuncia ha altresì statuito il principio di diritto secondo cui: “l’art. 74, comma 1, CCL 11 gennaio 2001 per il personale non dirigente di Poste italiane s.p.a., stabilisce il 31 dicembre 2001 quale data di scadenza dell’accordo, onde i contratti a termine stipulati successivamente a tale data non possono rientrare nella disciplina transitoria prevista dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 11 e sono interamente soggetti al nuovo regime normativo di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1 e segg.”.
che conseguentemente erra la sentenza impugnata laddove, nonostante l’appellante – come riportato nello storico della lite – avesse espressamente gravato la pronuncia di primo grado per ragioni connesse alla mancata applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, ha deciso la lite sulla base di norme disciplinatrici della fattispecie non più applicabili ad un contratto a termine stipulato nel periodo dal 10.7.2002 al 30.9.2002;
che conclusivamente il ricorso deve essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio al giudice indicato in dispositivo che si uniformerà a quanto statuito, regolando anche le spese.
PQM
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, rinvia, anche per la regolazione delle spese, alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 21 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2017