Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2024 del 26/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 26/01/2017, (ud. 30/11/2016, dep.26/01/2017),  n. 2024

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6048/2016 proposto da:

C.A., Z.A., R.G.,

M.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA IPPOLITO NIEVO 61,

presso lo studio dell’avvocato BERNETTI, rappresentati e difesi

dall’avvocato ROBERTO ADAMO, in virtù di procure speciali in calce

al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

e nei confronti di:

B.G., + ALTRI OMESSI

– intimati –

avverso il decreto n. 2666/2015 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

emesso il 18/05/2015 e depositato il 02/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ELISA PICARONI;

udito l’Avvocato Roberto Adamo, per i ricorrenti, che si riporta agli

scritti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con decreto depositato in data 2 settembre 2015, la Corte d’appello di Perugia ha rigettato la domanda di equa riparazione proposta da C.A. ed altri nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze, per la durata non ragionevole di due giudizi amministrativi introdotti nel 1995 dinanzi al TAR del Lazio, riuniti e decisi in alcuni casi con sentenza del 2009 e in altri casi con decreto di perenzione per difetto della domanda di fissazione di nuova udienza di discussione;

che la Corte d’appello ha osservato che la pretesa azionata dai ricorrenti, appartenenti alla Polizia di Stato, aveva perso ogni possibilità di essere accolta dopo che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 63 del 1998, si era pronunciata nel senso della non fondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dal TAR nell’ambito del giudizio presupposto;

che, pertanto, dopo la pronuncia del Giudice delle leggi non era configurabile il patema d’animo connesso all’attesa della decisione, là dove il periodo intercorso tra l’introduzione del giudizio presupposto e la suddetta pronuncia era contenuto nel termine di ragionevole durata, sicchè doveva escludersi il diritto all’equa riparazione;

che per la cassazione del decreto hanno proposto ricorso C.A., M.G., R.G. e Z.A., sulla base di un motivo; che il Ministero dell’economia e delle finanze resiste con controricorso;

che sono rimasti intimati gli altri ricorrenti del giudizio di merito, ai quali il ricorso è stato notificato;

che i ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;

che con l’unico motivo di ricorso è denunciata violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e si contesta, per un verso, la sussistenza dell’abuso del processo, come dimostrava l’avvenuto promovimento dell’incidente di costituzionalità da parte del TAR, e, per altro verso, la non configurabilità del giudicato costituzionale sulla non fondatezza della questione sollevata, con la conseguenza che la pendenza del giudizio presupposto successivamente alla definizione dell’incidente di costituzionalità era rilevante ai fini della lesione del diritto alla ragionevole durata;

che la doglianza è infondata;

che la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del principio costantemente affermato da questa Corte secondo cui, a fronte di sopravvenienze normative o giurisprudenziali sfavorevoli all’accoglimento della domanda, viene meno lo stato di incertezza concernente l’esito del giudizio e con esso il patema d’animo che, nel sistema delineato dalla L. n. 89 del 2001, è l’oggetto del risarcimento del danno non patrimoniale da durata irragionevole del processo (ex plurimis e da ultimo, Cass., sez. 6-2, sent. n. 22150 del 2016);

che nel novero delle sopravvenienze che eliminano incertezza sull’esito della lite un posto privilegiato va riconosciuto alla pronuncia che definisce in senso sfavorevole alla pretesa azionata l’incidente di costituzionalità promosso dal giudice del giudizio presupposto, essendo preclusa al suddetto giudice la riproposizione della stessa questione nel medesimo giudizio;

che il ricorso è rigettato e le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

che, risultando dagli atti del giudizio che il procedimento in esame è considerato esente dal pagamento del contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 800,00, oltre spese prenotate e prenotande a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, della Corte Suprema di Cassazione, il 30 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2017

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