Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20236 del 03/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 03/10/2011, (ud. 06/07/2011, dep. 03/10/2011), n.20236

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20837-2009 proposto da:

R.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA FASANA 16, presso lo studio dell’avvocato RAO ROSARIO,

rappresentato e difeso dagli avvocati CATANIA SALVATORE, CUCINOTTA

FRANCESCO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 85/2 008 della Commissione Tributaria

Regionale di PALERMO – Sezione Staccata di MESSINA del 19.6.08,

depositata il 18/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE CIRILLO.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE

CENICCOLA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

ritenuto che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione a sensi dell’art. 380 bis c.p.c.: Il 18 luglio 2008 la commissione tributaria regionale di Palermo, sez. staccata di Messina, ha accolto l’appello dell’agenzia delle entrate nei confronti di R. R., confermando la legittimità del silenzio/rifiuto sull’istanza di rimborso per IRAP (1998, 1999, 2000).

Ha proposto ricorso per cassazione, affidato a unico motivo, il contribuente; l’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.

Preliminarmente si rileva che il ricorso è confezionato, facendo seguire all’epigrafe introduttiva n. 18 facciate (da fg. 3 a fg. 20) riproducenti, mediante scanner, gli atti relativi procedimento amministrativo e al processo tributario, dall’istanza di rimborso sino alla sentenza di secondo grado, giustapposti con mere proposizioni di collegamento; al tutto segue l’enunciazione dell’unico motivo.

Si osserva:

1. E’ inammissibile il ricorso per cassazione nel quale l’esposizione sommaria dei fatti sia compiuta attraverso l’integrale trascrizione degli atti del giudizio di merito; tale modalità, infatti, equivale nella sostanza a un mero rinvio agli atti di causa e viola, di conseguenza, il principio di autosufficienza del ricorso (cfr. Sez. U, Ordinanza n. 19255 del 09/09/2010).

2. La prescrizione contenuta nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, secondo la quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena d’inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, non può ritenersi osservata quando il ricorrente non riproduca alcuna narrativa della vicenda processuale, nè accenni all’oggetto della pretesa, limitandosi ad allegare l’intero ricorso di primo grado ed il testo integrale degli atti successivi, rendendo particolarmente indaginosa l’individuazione della materia del contendere e contravvenendo allo scopo della disposizione, preordinata ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura (cfr. Sez. U, Sentenza n. 16628 del 17/07/2009, v. anche Sez. 5, Sentenza n. 15180 del 23/06/2010).

Si osserva, inoltre, che la sentenza della CTR è fondata su due diverse “rationes decidendi”. Il ricorso è rivolto, invece, soltanto contro una di esse “Dica la ecc.ma Corte, se debba essere assoggettato ad IRAP il reddito prodotto da un consulente del lavoro che, privo di una autonoma organizzazione, esercito in via esclusiva la propria attività professionale nei confronti di una società di servizi di contabilità e paghe, delle quale è anche socio, utilizzando la struttura organizzativa (beni strumentali, locali e dipendenti) della società medesima?” e non attinge l’altra “…

risulta la deduzione di costi correlati alìutilizzo di un ammontare di beni strumentali (se pure della società), eccedente il minimo normalmente indispensabile per l’esercizio della specifica attività di consulente del lavoro”. Ciò determina che il giudice di legittimità (ove non sussistano altre ragioni di rito ostative all’esame dell’impugnazione) deve rilevare che la sentenza resta fondata sulla “ratio decidendi” non criticata e desumere che il ricorso non è ammissibile (Sez. U, Sentenza n. 16602 del 08/08/2005).

Conseguentemente il ricorso può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1.

Rilevato che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti costituite;

considerato che l’amministrazione ha depositato memoria e che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi della manifesta inammissibilità del ricorso, per tutte le ragioni sopra indicate nella relazione;

osservato, sui rilievi contenuti nella memoria della parte ricorrente, quanto segue:

a. Il dettaglio di atti puramente giustapposti nel confezionamento del ricorso per cassazione non inficia la valutazione d’inammissibilità per violazione della prescrizione contenuta nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, atteso che la tecnica della interposizione (materiale o informatica) degli atti del giudizio di merito tra le pagine del ricorso allevia, indebitamente, la parte ricorrente dalla necessaria rappresentazione sintetica dei fatti sui quali vuole che la Corte stessa eserciti il suo magistero e, nel contempo, grava la Corte di legittimità di un compito che non le appartiene (cfr. Sez. 5 n. 15180 del 2010, cit.; v. anche Sez. 3 n. 12955/2011 e Sez. 6-3 n. 6279/2011).

b. Inoltre, il principio dell’autosufficienza vuole che il ricorso, in sede di legittimità, rappresenti le questioni con la tecnica del cd. flash-back processuale, mentre “il momento della verifica degli atti viene soltanto dopo la esposizione autosufficiente e non può essere anticipata, se non eludendo e snaturando la tecnica della riproposizione in chiave retrospettiva di una questione già affrontata” (sent. n. 15180 del 2010, cit.).

c. Quanto alla circostanza che la giurisprudenza riportata nella relazione si sarebbe formata dopo la proposizione del ricorso, è sufficiente rilevare che essa non ha fatto altro che dare continuità a tesi ben presenti in pronunce di legittimità (es. Sez. 5, Ordinanza n. 19100 del 05/09/2006; Sez. 1, Sentenza n. 4823 (del 27/02/2009; Sez. U, Sentenza n. 16628 del 17/07/ 2009) anteriori alla proposizione del ricorso, il che esclude che la parte contribuente possa invocare alcun errore scusabile per aver adito la S.C. facendo affidamento su diverse regole giurisprudenziali del processo, successivamente travolte da un. mutamento di orientamento interpretativo (cfr. Sez. 5, Ordinanza n. 2799 del 05/02/2011; Sez. 2, Ordinanza interlocutoria n. 14627 del 17/06/2010; Sez. 2, Sentenza n. 3030 del 07/02/2011).

d. Infine, e per mera completezza, quanto alla seconda ratio decidendi non impugnata, essa riguarda palesemente “la deduzione di costi correlati all’utilizzo di un ammontare di beni strumentali (se pure della società), eccedente il minimo normalmente indispensabile”, mentre nel quesito manca, finanche graficamente, qualsiasi riferimento specifico alla deduzione di detti costi.

Ritenuto che le spese del giudizio di legittimità devono seguire il principio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 700 per onorario oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2011

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