Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20231 del 15/07/2021

Cassazione civile sez. II, 15/07/2021, (ud. 16/02/2021, dep. 15/07/2021), n.20231

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25718/2019 R.G. proposto da

F.O., rappresentato e difeso dall’avv. Davide Verlato, con

domicilio presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

avverso il decreto del tribunale di Venezia n. 6112/2019, depositato

in data 24.7.2019;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16.2.2021 dal

Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.O., cittadino del (OMISSIS), ha proposto domanda di protezione internazionale, esponendo di aver abbandonato il paese perché il padre lo aveva indotto con violenza a frequentare la scuola coranica, dalla quale si era allontanato poiché costretto a lavorare e a chiedere l’elemosina.

Nel respingere la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato il giudice di merito ha osservato che, anche a voler ritenere credibili le dichiarazioni del ricorrente, mancava l’attualità del pericolo, poiché i fatti si riferivano a vicende vissute allorquando F.O., ormai ventottenne, era ancora ragazzo, fermo poi che nulla era stato allegato circa la conversione del ricorrente al cristianesimo.

Non sussistevano inoltre le condizioni di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) per la concessione della protezione sussidiaria, mancando l’esposizione al rischio di un danno grave, come contemplato dalle citate disposizioni.

Quanto alla protezione ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), la pronuncia ha osservato che il (OMISSIS) godeva di una relativa stabilità e che non sussistevano conflitti che potessero mettere a rischio fasce indiscriminate della popolazione. Infine, riguardo alla protezione umanitaria, si è osservato che il ricorrente non aveva allegato e dimostrato circostanze di particolare vulnerabilità, né prodotto elementi documentali che attestassero un adeguato grado di inserimento in Italia.

Per la cassazione del decreto F.O. propone ricorso in due motivi.

Il Ministero dell’interno è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 2697,2727 c.c., art. 115,116 c.p.c., D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, commi 2 e 3, e D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 3, lett. a) e c), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per aver la pronuncia respinto la domanda di protezione in violazione del criterio di riparto dell’onere della prova, essendo stata omessa qualsivoglia verifica d’ufficio riguardo alle condizioni di sicurezza interna del paese di origine, le discriminazioni per motivi religiosi e la violazione dei diritti fondamentali della persona, avendo il giudice valorizzato la sola inattendibilità dei fatti rappresentati in giudizio.

Il secondo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando che il tribunale abbia immotivatamente respinto la domanda di protezione umanitaria, senza tener conto delle precarie condizioni di vita del ricorrente e delle gravi limitazioni al godimento dei diritti fondamentali nel paese di origine, anche con riferimento al periodo trascorso in Libia, dove il richiedente asilo aveva soggiornato per mesi, avendo il tribunale respinto la domanda con una motivazione gravemente carente.

2. Il primo motivo è infondato.

Il tribunale ha ritenuto decisivi sia l’inattendibilità del ricorso del richiedente asilo – con apprezzamento non specificamente censurato alla stregua degli indicatori di genuinità di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, – sia la datazione dei fatti di persecuzione religiosa, peraltro perpetrati in ambito familiare, ritenendo motivatamente carente l’attualità del pericolo di un danno grave.

Tale specifica ratio decidendi non risulta attinta da alcuna contestazione, essendo sufficiente per respingere la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, non occorrendo alcun approfondimento istruttorio circa la situazione del paese di provenienza con specifico riguardo alle discriminazioni per ragioni di carattere religioso.

Lo “status” di rifugiato deve essere riconosciuto qualora lo straniero abbia subito la violazione di diritti umani fondamentali sanciti da documenti internazionali o abbia il fondato timore di essere personalmente perseguitato nel Paese di origine.

Pur ammettendo che l’onere della prova dei requisiti fondanti lo “status” di rifugiato debba essere valutate con minor rigore, poiché tanto più grave risulta la persecuzione tanto minore è la possibilità per lo straniero di fornirla, chi intende chiederne il riconoscimento deve allegare e provare il pericolo cui andrebbe incontro con il rimpatrio, con precisi riferimenti all’effettività e all’attualità del rischio, non essendo sufficiente il generico riferimento a situazioni politico-economiche di dissesto del Paese di origine o a persecuzioni nei confronti di non specificate etnie di appartenenza ovvero il richiamo al fatto notorio, non accompagnato dall’indicazione di specifiche circostanze riguardanti direttamente il richiedente (Cass. 26278/2005).

3. Anche il secondo motivo è infondato.

La censura – nel lamentare che il tribunale non abbia valutato la sussistenza dei presupposti della protezione umanitaria anche con riferimento al paese di transito- appare generica, non precisando se nel ricorso introduttivo fosse stata specificamente allegata una condizione di fragilità ricollegabile al grado di tutela e alla violazione dei diritti umani in Libia, tale da influire sulle vicenda personale del ricorrente e di, giustificare il rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie.

Peraltro, il D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, nel prevedere che “ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati”, deve essere interpretato nel senso che l’obbligo di acquisizione di tali informazioni da parte delle commissioni territoriali e del giudice deve essere osservato in riferimento ai fatti esposti ed ai motivi svolti in seno alla richiesta di protezione internazionale, non potendo per contro addebitarsi la mancata attivazione dei poteri istruttori officiosi, in ordine alla ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione, riferita a circostanze non dedotte (Cass. 2355/2020; Cass. 30105/2018).

Per il resto, la ritenuta non attualità del pericolo dedotto in giudizio e la datazione dei fatti narrati consentivano di escludere l’esistenza di una situazione di vulnerabilità di partenza e di respingere la domanda, anche per effetto dell’operata comparazione con l’integrazione conseguita in Italia, essendo emerso solo lo svolgimento di attività sportive e la partecipazione ad un tirocinio formativo.

Il ricorso è quindi respinto.

Nulla sulle spese, non avendo il Ministero svolto difese.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 16 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021

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