Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20229 del 25/09/2020

Cassazione civile sez. I, 25/09/2020, (ud. 24/07/2020, dep. 25/09/2020), n.20229

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 2722/2019 proposto da:

S.I., elettivamente domiciliato in Roma Viale Eritrea 96,

presso lo studio dell’avvocato De Palma Claudia, e rappresentato e

difeso dall’avvocato Martini Federica, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 05/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/07/2020 dal Cons. Dott. CLOTILDE PARISE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con decreto n. 7292/2018 del 5-11-2018 comunicato l’l1-12-2018 il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso di S.I., cittadino della (OMISSIS), avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, all’esito del rigetto della relativa domanda da parte della Commissione Territoriale. Il Tribunale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere di etnia peul e di essere fuggito perchè perseguitato da soggetti di etnia (OMISSIS), per motivi di natura etnico-politica. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale della Guinea, descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo il ricorrente lamenta “Violazione della L. n. 46 del 2017, art. 35 bis, comma 11, lett. a), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Si duole il ricorrente della sua mancata audizione e deduce che ciò ha determinato la violazione dei principi del contraddittorio, del giusto processo e del diritto di difesa. Censura l’interpretazione dell’art. 35 bis citato fornita dal Tribunale, che assume abbia confuso le diverse ipotesi normative in cui è obbligatorio fissare l’udienza, rientrando il caso concreto nell’ipotesi di cui alla lett. a) di detta norma, non essendo disponibile la videoregistrazione dell’audizione del richiedente avvenuta avanti alla C.T.. Ad avviso del ricorrente, ciò ha comportato l’impossibilità di fornire ulteriori prove a difesa e la mancata audizione, in violazione dei suindicati principi.

Con il secondo motivo denuncia “Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Si duole del giudizio di non credibilità della sua vicenda personale espresso dal Tribunale, lamenta il mancato approfondimento istruttorio sugli scontri tra le etnie (OMISSIS) e (OMISSIS) in Guinea e deduce che il Tribunale ha mal interpretato i fatti raccontati, traendone conclusioni frettolose.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta “Violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Deduce di aver soggiornato per circa due anni in Libia, ove era stato anche detenuto in carcere, prima di arrivare in Italia. Lamenta che il Tribunale non abbia valutato “la situazione culturale emotiva ed anagrafica del ricorrente durante il soggiorno in Libia”, e deduce di aver pertanto diritto al riconoscimento dello status di rifugiato.

Con il quarto motivo lamenta, in subordine, “Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Richiamando la normativa di riferimento, la giurisprudenza di questa Corte, nonchè informazioni reperibili dal sito (OMISSIS), dal report Amnesty International 2015-2016 e da articoli sugli scontri etnici, assume che in Guinea vi sia una situazione di conflitto interno e violenza indiscriminata.

Con l’ultimo motivo lamenta, in ulteriore subordine, “Violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. In ordine al diniego del riconoscimento della protezione umanitaria, ribadisce l’attendibilità del suo racconto e si duole della valutazione delle prove in ordine al suo inserimento nel contesto italiano, richiamando la documentazione prodotta in primo grado circa la frequenza di corsi di lingua italiana e di formazione professionale, nonchè la sentenza di questa Corte n. 4455/2018. In ordine alla vulnerabilità, rimarca di essere scappato giovanissimo dalla Nigeria (pag. n. 18 rectius Guinea), di avere un livello minimo di scolarizzazione e deduce che in caso di rimpatrio sarebbe privo di mezzi di sostentamento.

Ritiene il Collegio opportuno disporre il rinvio a nuovo ruolo, con riferimento alla censura articolata nel primo motivo (necessità o meno del rinnovo dell’audizione del richiedente asilo per essere la causa definibile sulla base degli atti a disposizione e limiti del sindacato della S.C. sulla corrispondente valutazione dei Giudici di merito), trattandosi di questione oggetto anche di numerosi altri ricorsi per i quali è stata fissata, a breve, la trattazione in pubblica udienza avanti alla Prima Sezione Civile (tra le tante, cfr. ordinanze interlocutorie n. 34044/2019, n. 22916/2019 e n. 33389/2019), in attesa delle decisioni suddetti ricorsi.

P.Q.M.

La Corte dispone il rinvio a nuovo ruolo.

Così deciso in Roma, il 24 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2020

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