Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20229 del 03/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 03/10/2011, (ud. 27/05/2011, dep. 03/10/2011), n.20229

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

G.A. residente in (OMISSIS), rappresentata e

difesa per procura in testa al ricorso dall’Avvocato Anselmelti Anna

Amedea elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avvocato

Giovanna Fiore in Roma, via degli Scipioni n. 94;

– ricorrente –

contro

Ga.Si. e C.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2845 della Corte di appello di Milano,

depositata il 12 novembre 2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27 maggio 2011 dai consigliere relatore dott. Mario Bertuzzi;

udite le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del

Sostituto Procuratore Generale dott. Costantino Fucci.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Collegio, letto il ricorso proposto da G.A. per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Milano n. 2845 del 12 novembre 2009, che aveva respinto il suo appello avverso la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato risolto per inadempimento dell’attuale ricorrente il contratto preliminare di compravendita dalla stessa stipulato con C.S. e Ga.Si. e quindi, in accoglimento dell’appello incidentale della controparte, aveva respinto la sua domanda per la restituzione delle somme anticipate per la ristrutturazione dell’immobile;

vista la relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. dal consigliere delegato dott. Mario Bertuzzi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, osservando che esso “quanto all’esposizione del fatto, si limita ad una insufficiente e brevissima narrativa della vicenda processuale accompagnata dalla mera riproduzione delle conclusioni rassegnate dalla parte nei giudizi di merito e dei dispositivi delle sentenze che li hanno conclusi, omettendo per contro pressochè completamente qualsiasi notizia circa lo svolgimento del giudizio da cui possa ricavarsi quali siano stati l’origine ed i contorni esatti dell’oggetto della controversia, quali le specifiche domande, eccezioni e difese articolate dalle parti e come si siano svolti, infine, gli stessi fatti di causa, con particolare riguardo al contenuto e consistenza delle questioni controversie ed alle ragioni in forza delle quali esse sono state decise, indicazioni che nemmeno emergono dalla lettura dei due motivi, che non appaiono in grado di evidenziare le questioni trattate e l’effettiva ratto decidendi della sentenza impugnata”;

rilevato che la relazione è stata regolarmente comunicata al Procuratore Generale, che non ha svolto controsservazioni, e notificata alla parte ricorrente, che ha depositato memoria;

che nella propria memoria la parte ricorrente ha dedotto che la lettura del ricorso, da considerarsi unitariamente, evidenzia in modo sufficiente ed adeguato l’oggetto del giudizio e la vicenda processuale sottostante con riguardo alle conclusioni delle parti, al tenore delle decisioni adottate e, soprattutto nella parte riguardante l’esposizione dei motivi, alle questioni trattate;

ritenuto che il ricorso si compone di una parte, dedicata all’esposizione del fatto, in cui viene indicato l’oggetto delle rispettive domande delle parti, le conclusioni rassegnate ed il dispositivo delle decisioni di merito e di una seconda parte, intestata ai motivi, in cui si assume che la odierna ricorrente aveva dimostrato l’esistenza dei vizi dell’immobile compromesso e quindi la legittimità della propria eccezione di inadempimento ed aveva provato di avere eseguito sull’immobile lavori per L. 90.000.000 e quindi la fondatezza della propria domanda di pagamento dell’indennità ex art. 1150 cod. civ.; che il ricorso è invece del tutto mancante in ordine alla indicazione delle effettive questioni controverse, delle posizioni assunte, in relazione ad esse, dalle parti nel corso dei giudizi di primo e di secondo grado e delle ragioni in forza delle quali esse sono state decise dai giudici di merito; che tali omissioni portano a ritenere che il ricorso non rispetti il requisito della esposizione sommaria dei fatti di causa, prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3,, dal momento che esse impediscono di fatto al Collegio di acquisire una conoscenza adeguata dei fatti di causa, la quale, merita precisare, non risponde ad un’esigenza formale, ma è requisito necessario – in un giudizio che, essendo di legittimità, non consente l’accesso diretto agli atti di causa – al fine poter apprezzare il quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione contestata e quindi di valutare, in riferimento ad esso, i motivi di censura sollevati;

che, in particolare, il ricorso, per il suo contenuto, in difetto sia del quadro processuale complessivo in cui dovrebbero collocarsi le questioni investite dalle censure, che dell’indispensabile termine di comparazione rappresentato dalle ragioni della sentenza impugnata in base alle quali esse sono state decise, non va oltre la mera indicazione dei temi della controversia e non consente nè di percepire esattamente nè di scrutinare i motivi proposti; che costituisce diritto vivente di questa Corte il principio secondo cui il ricorso per cassazione, pur non dovendo necessariamente contenere una parte relativa alla esposizione dei fatti strutturata come premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi, debba offrire, almeno nella trattazione dei motivi di impugnazione, elementi tali da consentire una cognizione chiara e completa non solo dei fatti che hanno ingenerato la lite, ma anche delle varie vicende del processo e delle posizioni eventualmente particolari dei vari soggetti che vi hanno partecipato, in modo che si possa di tutto ciò avere conoscenza esclusivamente dal ricorso medesimo, senza necessità di avvalersi di ulteriori elementi o atti, ivi compresa la sentenza impugnata (Cass. n. 4403 del 2006; Cass. n. 2432 del 2003; Cass. n. 4937 del 2000);

che le argomentazioni e la conclusione della relazione meritano di essere interamente condivise, apparendo rispondenti sia a quanto risulta dall’esame degli atti di causa, che al consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte;

che, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile per difetto del requisito richiesto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3;

che nulla deve disporsi sulle spese di giudizio, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 27 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2011

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