Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20223 del 21/08/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 21/08/2017, (ud. 21/04/2017, dep.21/08/2017),  n. 20223

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24609-2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G.

FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO MARESCA, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

G.F., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA PANAMA N. 74, presso lo studio dell’avvocato GIANNI EMILIO

IACOBELLI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7309/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 18/10/2010 R.G.N. 5776/08.

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 18/10/2010, confermava la pronuncia del Tribunale della stessa sede con cui era stata accolta la domanda proposta da G.F., diretta alla declaratoria di nullità, per genericità della causale, del contratto di lavoro a tempo determinato da lui stipulato con la società Poste Italiane, D.Lgs. n. 368 del 2001, ex art. 1, il 3/10/03 e con scadenza al 15/1/04 (motivato da “ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale inquadrato nell’area operativa e addetto al servizio di recapito presso il Polo Corrispondenza (OMISSIS), assente con diritto alla conservazione del posto”), e dichiarato sussistente tra le parti un rapporto di lavoro subordinato dalla data di assunzione, con condanna della società Poste al risarcimento del danno;

per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la società Poste, affidato a sette motivi;

resiste il Germano con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con sette motivi la società denuncia contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio e violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 c.c. in relazione al rigetto della eccezione di risoluzione del contratto per mutuo consenso (primo e secondo motivo); violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2 sotto il profilo della pretesa genericità della clausola appositiva del termine (terzo motivo); violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2 in relazione alla asserita necessità di indicazione del nominativo del lavoratore sostituito (quarto motivo); insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia con riferimento alla mancata ammissione degli articolati mezzi di prova (quinto motivo); violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, dell’art. 12 preleggi, degli artt. 1362 c.c. e segg. nonchè dell’art. 1419 c.c. (sesto motivo); applicabilità L. n. 183 del 2010, art. 32, commi 5 e 7 (settimo motivo);

2. i primi due motivi sono infondati;

deve rilevarsi come questa Corte abbia più volte affermato il principio alla cui stregua “nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto dell’illegittima apposizione al contratto di un termine finale ormai scaduto, affinchè possa configurarsi una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonchè del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo; la valutazione del significato e della portata del complesso di tali elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto” (vedi, ex plurimis, Cass. n. 6549 del 2015, Cass. n. 17940 del 2014, Cass. n. 26935 del 2008); tale principio va enunciato anche in questa sede, rilevando, inoltre che, come pure è stato precisato, “grava sul datore di lavoro, che eccepisca la risoluzione per mutuo consenso, l’onere di provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi la volontà chiara e certa delle parti di volere porre definitivamente fine ad ogni rapporto di lavoro” (cfr. Cass. n. 17070 del 2002);

nella specie la Corte d’Appello ha osservato che il decorso del tempo è solo uno dei possibili elementi oggetto della indagine giudiziale, cui devono aggiungersi ulteriori dati positivi ed univoci che obiettivamente depongano per l’avvenuto scioglimento del contratto;

ha, quindi, rimarcato la mancanza di ogni diversa allegazione di altre condotte del lavoratore, concludenti nel senso di una implicita volontà solutoria del rapporto ed ulteriori rispetto al mero decorso del tempo (nella specie, peraltro, di durata inferiore ai tre anni);

la statuizione emessa dalla Corte territoriale, in quanto sorretta da congrua motivazione e coerente con i dicta giurisprudenziali emessi sulla delibata questione, si sottrae alle critiche formulate dalla società;

3. il terzo e quarto motivo – con i quali la società lamenta che la corte territoriale abbia escluso la legittimità della clausola appositiva del termine, non essendo necessaria all’uopo, l’indicazione del nominativo dei lavoratori sostituiti, peraltro specificamente indicati nei capitoli di prova erroneamente non ammessi dalla Corte di merito – sono fondati;

questa Corte ha infatti chiarito (Cass. n. 27052 del 2011, n. 1577 e n. 1576 del 2010) che il quadro normativo che emerge a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001 è caratterizzato dall’abbandono del sistema rigido previsto dalla L. n. 230 del 1962 – che prevedeva la tipizzazione delle fattispecie legittimanti il ricorso al contratto a tempo determinato – e dall’introduzione di un sistema articolato per clausole generali in cui l’apposizione del termine è consentita a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo);

si è infatti affermato che l’onere di specificazione della causale nell’atto scritto costituisce una perimetrazione della facoltà riconosciuta al datore di lavoro di far ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato per soddisfare una vasta gamma di esigenze aziendali (di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o aziendale), a prescindere da fattispecie predeterminate;

il venir meno del sistema delle fattispecie legittimanti impone che il concetto di specificità sia collegato a situazioni aziendali non più standardizzate ma obiettive, con riferimento alle realtà specifiche in cui il contratto viene ad essere applicato; il concetto di specificità risente, dunque, di un certo grado di elasticità che, in sede di controllo giudiziale, deve essere valutato dal giudice secondo criteri di congruità e ragionevolezza;

4. è stato in particolare precisato (vedi in motivazione Cass. n. 27052 del 2011) che il contratto a termine, se in una situazione aziendale elementare è configurabile come strumento idoneo a consentire la sostituzione di un singolo lavoratore addetto a specifica e ben determinata mansione, allo stesso modo in una situazione aziendale complessa è configurabile come strumento di inserimento del lavoratore assunto in un processo in cui la sostituzione sia riferita non ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica che sia occasionalmente scoperta;

in quest’ultimo caso, il requisito della specificità può ritenersi soddisfatto non tanto con l’indicazione nominativa del lavoratore o dei lavoratori sostituiti, quanto con la verifica della corrispondenza quantitativa tra il numero dei lavoratori assunti con contratto a termine per lo svolgimento di una data funzione aziendale e scoperture che per quella stessa funzione si sono realizzate per il periodo dell’assunzione;

5. l’apposizione del termine per ragioni sostitutive è dunque legittima, se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando in ogni caso la verificabilità circa la sussistenza effettiva del presupposto di legittimità prospettato (v. fra le altre, in motivazione, Cass. n. 565 del 2012, Cass. n. 8966 del 2012);

dette conclusioni sono state condivise e fatte proprie dalla Corte Costituzionale che, tornata a pronunciare nuovamente sulla questione, ha evidenziato come “il criterio della identificazione nominativa del personale sostituito è da ritenere certamente il più semplice e idoneo a soddisfare l’esigenza di una nitida individuazione della ragione sostitutiva, ma non l’unico. Non si può escludere, infatti, la legittimità di criteri alternativi di specificazione, semprechè essi siano adeguati allo stesso fine e ancorati a dati di fatto oggettivi. E così, anche quando ci si trovi – come ha rilevato la Corte di cassazione – di fronte ad ipotesi di supplenza più complesse, nelle quali l’indicazione preventiva del lavoratore sostituito non sia praticabile per la notevole dimensione dell’azienda o per l’elevato numero degli avvicendamenti, la trasparenza della scelta dev’essere, nondimeno, garantita. In altre parole, si deve assicurare in ogni modo che la causa della sostituzione di personale sia effettiva, immutabile nel corso del rapporto e verificabile, ove revocata in dubbio”. (Corte Cost. n. 107 del 2013);

6. la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi, che devono essere qui ribaditi, giacchè, pur avendo dato atto dell’orientamento di questa Corte, di fatto lo ha disatteso allorquando ha ritenuto di dovere valorizzare solo mancata indicazione delle ragioni di assenza del personale sostituito e l’ampiezza dell’area geografica di riferimento, omettendo di adeguatamente valutare l’indicazione del termine iniziale e finale del rapporto, del luogo di svolgimento della prestazione, delle mansioni del personale da sostituire, del fatto che si trattava di sostituire personale con diritto alla conservazione del posto di lavoro (vedi in motivazione Cass. n. 182 del 2016 riferita alla situazione di carenza temporanea di personale verificatasi presso il Polo Corrispondenza (OMISSIS), Cass. nn. 7133 e 13155 del 2016 relative a fattispecie inerenti alla Regione Sud 1 ed al Polo Corrispondenza (OMISSIS), Cass. n.3928 del 2015 riferita al Polo Corrispondenza (OMISSIS));

la Corte di merito ha infatti disatteso tale indirizzo e, disapplicando il “criterio elastico” dettato da questa Corte, ha ritenuto generica la indicazione delle ragioni sostitutive contenuta nel contratto de quo;

7. i suddetti motivi terzo e quarto vanno pertanto accolti, con conseguente assorbimento di quelli ulteriori, successivi in ordine logico; l’impugnata sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio, alla Corte di Appello designata in dispositivo, la quale provvederà attenendosi al principio sopra ribadito, statuendo anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

la Corte rigetta i primi due motivi di ricorso, accoglie il terzo e il quarto, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello Roma, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 21 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2017

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