Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20219 del 25/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 25/07/2019, (ud. 04/06/2019, dep. 25/07/2019), n.20219

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24155-2018 proposto da:

A.K., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLIRIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ENNIO CERIO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro-tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto n. R.G. 103/2018 del TRIBUNALE di CAMPOBASSO,

depositato il 26/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/06/2019 dal Consigliere relatore Dott. ROSARIO

CAIAZZO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

A.K., cittadino pakistano, impugnò, innanzi al Tribunale di Campobasso, il provvedimento emesso dalla Commissione territoriale di diniego della protezione internazionale; il Tribunale, con decreto emesso il 26.6.18, rigettò il ricorso, osservando che: il racconto del ricorrente era palesemente lacunoso e pieno di incongruenze, essendo relativo ad una vicenda di natura assolutamente privata e personale; dal recente rapporto del Ministero degli Esteri, consultato nel febbraio 2018, non era emerso che il Pakistan fosse oggetto di guerre civili o situazioni di conflitto generalizzato, circoscritti ad alcune zone del Paese diverse da quella di provenienza del Khalil; non sussistevano i presupposti del permesso umanitario in quanto il ricorrente non risultava malato e senza legami specifici e personali con l’Italia.

Il K. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

Resiste il Ministero dell’Interno con controricorso.

Diritto

RITENUTO

CHE:

Con l’unico motivo di ricorso è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in quanto il Tribunale, da un lato, ha valutato la situazione della regione del Pakistan, di provenienza del ricorrente, sulla base di un non specificato rapporto ministeriale, senza utilizzare altre fonti qualificate, e dall’altro ha erroneamente ritenuto inverosimile il racconto del ricorrente circa i presupposti della protezione sussidiaria ed umanitaria, omettendo di attivare i poteri istruttori ufficiosi.

Il ricorso è inammissibile.

Occorre premettere che, secondo un consolidato orientamento di questa Corte, in materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona. Qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass., n. 16925/18; n. 26921/17).

Nel caso concreto, in ordine alla protezione sussidiaria, il Tribunale ha ritenuto non credibile il racconto reso dal ricorrente in quanto presentava lacune ed incongruenze;

peraltro, il Tribunale ha escluso la protezione suddetta sulla base dell’esame del recente rapporto del Ministero degli esteri di cui il ricorrente ha contestato l’attendibilità in maniera generica e senza indicare le ragioni dell’eventuale difformità dal contenuto di altre fonti informative. Il giudizio di non credibilità del ricorrente esclude, comunque, in applicazione del suddetto orientamento di questa Corte, l’obbligo del Tribunale di procedere ad ulteriori accertamenti.

Il motivo è inammissibile anche nella parte relativa al riconoscimento della protezione umanitaria. Al riguardo, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie deve essere frutto di valutazione autonoma in relazione ad una condizione di vulnerabilità in capo al richiedente, assumendo al riguardo rilievo, in assenza di prove del racconto dell’interessato ed in difetto di sollecitazioni ad acquisizioni documentali, quantomeno la credibilità soggettiva del medesimo (Cass., n. 11267/19).

Nel caso concreto, il motivo è diretto al riesame dei fatti inerenti all’esclusione dei presupposti del permesso umanitario, senza prospettare specifiche doglianze; al riguardo, il Tribunale ha ritenuto insussistente il pericolo della compromissione del nucleo minimo dei diritti fondamentali, in caso di rientro in Bangladesh.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Ministero controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida nella somma di Euro 2100,00 oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, , dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2019

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