Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20219 del 03/10/2011

Cassazione civile sez. III, 03/10/2011, (ud. 11/07/2011, dep. 03/10/2011), n.20219

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14929/2009 proposto da:

A.A., P.P.A. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso lo

studio dell’avvocato SASSANI BRUNO NICOLA, rappresentati e difesi

dall’avvocato PERUZZI Piero Antonio giusto mandato in atti;

– ricorrenti –

contro

B.P., G.N., elettivamente domiciliati

in ROMA, LARGO DI TORRE ARGENTINA 11, presso lo studio dell’avvocato

DI MATTIA Giancarlo, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato DATI GIUSEPPE giusto mandato in atti;

– controricorrenti –

e contro

D.V. (OMISSIS), D.P.V.

(OMISSIS), S.L. (OMISSIS), R.

M. (OMISSIS);

– intimati –

nonchè da:

D.P.V. (OMISSIS), R.M.

(OMISSIS), D.V. (OMISSIS), S.

L. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, LARGO

DI TORRE ARGENTINA 11, presso lo studio dell’avvocato DI MATTIA

GIANCARLO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato DATI

GIUSEPPE giusto mandato in atti;

– ricorrenti incidentali –

contro

A.A., P.P.A. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso lo

studio dell’avvocato SASSANI BRUNO NICOLA, rappresentati e difesi

dall’avvocato PERUZZI PIERO ANTONIO giusto mandato in atti;

– controricorrenti all’incidentale –

e contro

B.P., G.N.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 460/2009 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 07/04/2009, R.G.N. 2115/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/07/2011 dal Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO;

udito l’Avvocato PIERO ANTONIO PERUZZI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per l’accoglimento del 1^ motivo

p.q.r. del ricorso principale, rigetto degli altri; inammissibilità

del ricorso incidentale in subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 10 marzo – 7 aprile 2009, la Corte di Appello di Firenze, riformando integralmente la decisione di primo grado, ha rigettato la domanda degli originari (quattro) attori, intesa ad ottenere la condanna di P.P.A. e A.A. al risarcimento dei danni derivati dallo smottamento del terreno, che secondo la tesi prospettata dagli attori sarebbe stato causato da lavori eseguiti dai coniugi P. – A. nella trasformazione di un sentiero a monte dei loro edifici, con la rimozione di un masso che fungeva da spartiacque.

I lavori avevano interessato una zona collinare, con forte pendenza, nella quale si era verificata una frana, in occasione di piogge torrenziali (7 novembre 1994). Mentre il primo giudice aveva ritenuto che le opere realizzate dai due convenuti fossero state, quanto meno, concausa della frana che aveva provocato danni agli immobili degli attori, con la sola esclusione di un quinto attore ( G. F.) il cui immobile non aveva riportato danni, i giudici di appello rigettavano integralmente la domanda attrice.

Ciò sulla base della consulenza tecnica di ufficio, disposta in grado di appello, che aveva individuato la causa esclusiva della frana nella “saturazione e collasso del terreno, impregnata di acqua per le forti piogge conseguenti ad eccezionali avversità atmosferiche” che non trovavano riscontro nei ventotto anni precedenti l’evento (p. 5 della sentenza impugnata che fa riferimento anche ai dati pluviometrici non contestati).

A supporto della propria decisione, la Corte fiorentina richiamava il dato degli smottamenti e frane che avevano interessato la zona interessata dallo stesso evento meteorologico nello stesso periodo e la circostanza che ad uno degli attori (il S.) il Comune di Pescaglia (Lucca) aveva concesso il massimo contributo erogabile per gli immobili danneggiati dal maltempo, “sull’evidente presupposto del riconoscimento, da parte della P.A., che i danni furono causati dallo straordinario evento”.

I giudici di appello compensavano per metà le spese del giudizio di primo e secondo grado (oltre che quelle dell’a.t.p.) ponendo la residua metà a carico solidale degli attori.

Vi è ricorso principale dei coniugi A. – P., cui resistono con controricorso G.N. e B. P..

Resistono con distinto controricorso D.P.V., D. V., R.M., S.L., che propongono anche ricorso incidentale non condizionato.

A. – P. resistono con controricorso al ricorso incidentale. Gli stessi hanno prodotto memoria ex art. 378 c.p.c..

Il Collegio ha raccomandato la adozione di motivazione abbreviata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve disporsi, innanzi tutto, la riunione dei ricorsi proposti contro la medesima decisione.

Tutto il ricorso incidentale, D.P. ed altri, deve essere esaminato con carattere di priorità per evidenti ragioni logiche.

Nel ricorso incidentale si deduce la improcedibilità del ricorso per cassazione, perchè notificato in unica copia a tutti i controricorrenti.

Sul punto si richiama la giurisprudenza di questa Corte (S.U., 29290 del 15 dicembre 2008), la quale ha riconosciuto che gli atti di impugnazione possono ben essere notificati al difensore domiciliatario in unica copia, quando – come nel caso di specie – lo stesso difenda e rappresenti tutte le parti.

“La notificazione dell’atto d’impugnazione eseguita presso il procuratore costituito per più parti, mediante consegna di una sola copia (o di un numero inferiore), è valida ed efficace sia nel processo ordinario che in quello tributario, in virtù della generale applicazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, alla luce del quale deve ritenersi che non solo in ordine alle notificazioni endoprocessuali, regolate dall’art. 170 cod. proc. civ., ma anche per quelle disciplinate dall’art. 330 cod. proc. civ., comma 1, il procuratore costituito non è un mero consegnatario dell’atto di impugnazione ma ne e1 il destinatario, analogamente a quanto si verifica in ordine alla notificazione della sentenza a fini della decorrenza del termine d’impugnazione ex art. 285 cod. proc. civ., in quanto investito dell’inderogabile obbligo di fornire, anche in virtù dello sviluppo degli strumenti tecnici di riproduzione degli atti, ai propri rappresentati tutte le informazioni relative allo svolgimento e all’esito del processo”.

L’unico motivo di ricorso incidentale D.P. si articola in quattro sotto motivi.

4.1.1. 4.1.2 e 4.1.3. (pg. 20) motivazione insufficiente e contraddittoria in ordine alla individuazione delle cause della frana.

I quattro ricorrenti incidentali ripercorrono la motivazione dei giudici di appello e la pongono a confronto con la ctu.

4.2 motivazione insufficiente e contraddittoria sul punto in cui la Corte territoriale avrebbe osservato che l’aumento di acqua che ruscellava sulle proprietà dei danneggiati a seguito dei lavori eseguiti dai convenuti non era stato accertato dal ctu con la conseguenza della impossibilità di raggiungere la prova della sussistenza di un nesso di causalità tra opere eseguite e danni subiti. La prova era in atti: pag. 16 ctu ed allegato 3 ctu 3 maggio 2002, p. 14 e 22.

4.3 questo sottomotivo proposto in via subordinata (al mancato accoglimento degli altri due) denuncia violazione dell’art. 92 c.p.c., per non avere i giudici di appello disposto la compensazione integrale delle spese del giudizio, pur avendo riconosciuto la incertezza della origine della frana. I danni si erano verificati poco dopo la esecuzione dei lavori da parte dei coniugi.

4.4. con questo sottomotivo si denuncia motivazione erronea sempre in ordine alla mancata compensazione delle spese.

Con ricorso principale i coniugi A. – P. denunciano:

– violazione art. 360 c.p.c., n. 3 art. 91 c.p.c.. La tesi dei ricorrenti principali è che gli stessi sono vittime di una vera e propria macchinazione, ordita dagli originari attori, che li hanno trascinati in un giudizio protrattosi per oltre diciassette anni, con spese ingenti e gravi turbamenti e patemi d’animo.

Poichè gli attori originari erano rimasti integralmente soccombenti, gli stessi avrebbero dovuto essere condannati al pagamento di tutte le spese, da liquidarsi secondo tariffa.

Invece, i giudici di appello avevano ridotto onorari, spese e competenze, senza indicare le voci ed importi non dovuti.

In pratica, gli importi richiesti erano stati più dimezzati sia per l’a.t.p. che per il giudizio di primo e secondo grado.

– vizi motivazione art. 360 c.p.c., n. 5.

non vi era alcuna incertezza in ordine alla causa della frana: nè la Corte aveva specificato in cosa consistesse la originaria incertezza e quando questa, eventualmente, sarebbe venuta a cessare. Gli attori, in ogni caso, avrebbero dovuto valutare – prima di intentare la causa – tutte le possibili altre cause dell’evento: oltre alle precipitazioni atmosferiche, la rottura del tubo dell’acquedotto con conseguente caduta della facciata della abitazione S., la pendenza, conformazione e natura del terreno franato, la presenza di pluviali discendenti posti a distanza ravvicinata da casa S..

Sin dall’a.t.p. i coniugi A. – P. avevano indicati tali possibili concause dello smottamento. Doveva poi aggiungersi che il S. aveva fatto domanda di risarcimento per L. 57 milioni, ottenuti dal Comune, di fronte ad un danno eliminabile con una spesa di soli L. 7 milioni – omessa pronuncia, vizi della motivazione sulla richiesta di condanna per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c..

Secondo i ricorrenti principali, la sentenza non era stata pronunciata nei confronti degli eredi di G.F. (anche questi avrebbero dovuto essere condannati al pagamento in solido delle spese del giudizio).

G.F., gravemente ammalato e presente con il suo procuratore speciale, era deceduto ma la morte di costui non era mai stata dichiarata in giudizio. L’atto di appello era stato notificato in data 13 settembre 2005 al procuratore speciale G. N. presso gli avv. Dati e Zauli, ma nessuno si era costituito in appello. Per questo motivo il ricorso per cassazione era notificato anche agli eredi di G.F., per evitare eccezioni di mancanza di integrazione del contraddittorio, violazione di norme di legge, per omessa pronuncia della decisione anche nei confronti di G.N. quale procuratore di F., contumace in appello.

Poichè la sentenza di appello aveva riformato integralmente quella di primo grado, era evidente che anche i capi della prima decisione avrebbero dovuto essere modificato, per quanto riguarda il regime delle spese. Il quesito di diritto è posto a pag. 24: la modifica della sentenza di primo grado, disposta in sede di appello, deve estendersi anche ad una delle parti appellate che sia rimasta contumace, anche se regolarmente citata in appello?.

Controricorso G. – B..

G.F. era deceduto nel (OMISSIS), nove anni prima che fosse depositata la decisione di primo grado. La sentenza di primo grado era stata notificata al procuratore presso il domicilio eletto.

Tale notifica non era valida. Il mandato a suo tempo conferito a G.N. si era estinto dal momento della morte. Gli appellanti avrebbero dovuto notificare l’appello agli eredi in proprio.

La sentenza di primo grado era comunque passata in giudicato.

Il primo giudice aveva compensato le spese tra G. e le altre parti dopo aver riconosciuto che G. non aveva subito danni e che la posizione del G. non aveva comportato alcun aggravio di spese per i convenuti.

In ogni caso, erroneamente i ricorrenti principali avevano chiesto la condanna in solido dei due eredi, mentre ciascuno degli eredi, per legge, è chiamato a rispondere pro quota.

Osserva il Collegio.

Le censure formulate dai ricorrenti incidentali D.P.V., D.V., R.M., S.L. sollecitano a questa Corte una diversa interpretazione delle risultanze processuali, inammissibili in questa sede.

I giudici di appello hanno spiegato le ragioni per le quali hanno ritenuto che la frana in questione fosse avvenuta “per saturazione e collasso del terreno, impregnato di acqua per le forti piogge conseguenti ad eccezionali avversità atmosferiche”. Hanno dato conto delle osservazioni formulate dai consulenti tecnici di parte, dei dati pluviometrici relativi al giorno 7 novembre 1994 e di quelli dell’intero mese.

Hanno spiegato le ragioni per le quali non hanno condiviso la affermazione del consulente tecnico di ufficio, in ordine ad un tempo di ritorno infradecennale del fenomeno, ritenendo più attendibile il periodo di tempo più lungo evidenziato dal consulente tecnico di parte appellante, indicativo della sua elevata gravosità, il quale era tale da escludere la rilevante concorrenza di altre cause della frana. Gli stessi giudici hanno poi ricordato che nel periodo considerato, numerose frane e smottamenti di terreno si erano verificati nella zona interessata dallo stesso evento meteorologico.

Tutto ciò confermava la esclusione di un nesso causalità tra le opere realizzate dai coniugi P. – A. e la frana verificatasi.

La Corte territoriale ha sottolineato, infine, la circostanza che almeno uno degli originari attori ( S.) aveva ricevuto un rilevante contributo dal Comune di Pescaglia, erogato per gli immobili danneggiati dal maltempo.

Quanto alle censure formulate dai ricorrenti principali, le stesse sono infondate.

La Corte territoriale ha spiegato che la obiettiva incertezza in ordine alla causa della frana aveva pienamente giustificato la introduzione del giudizio e dunque anche la compensazione per metà delle spese del giudizio di primo e secondo grado.

Si tratta di una valutazione di merito, logicamente motivata, che sfugge dunque a qualsiasi censura (anche di segno opposto, sollevata dai ricorrenti incidentali D.P. che lamentano la mancata totale compensazione delle spese di tutti e due i gradi di giudizio).

Quanto alla misura delle competenze, spese ed onorari, i ricorrenti principali deducono che la Corte territoriale avrebbe ridotto della metà l’importo delle somme richieste senza dar conto delle riduzioni disposte. Ma non indicano specificamente quali minimi tariffari sarebbero stati, in concreto, violati dalla Corte territoriale.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 3178 del 4 marzo 2003): “La determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, essendo rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, non e1 sindacabile in sede di legittimità, a meno che non sia specificamente invocata la violazione dei minimi tariffari, che, per l’autosufficienza del ricorso, deve essere dedotta con riferimento non solo alle singole voci ma anche agli importi considerati, così da consentire alla Corte il controllo senza l’esame degli atti, trattandosi di error “in iudicando”.

Tale indicazione specifica non è contenuta nel motivo di ricorso, donde la inaimnissibilità della censura.

Quanto alla posizione di G. e B., il Tribunale aveva rigettato la domanda di risarcimento proposta dal loro dante causa, sul rilievo che lo stesso non aveva subito danni.

Le spese del giudizio erano state integralmente compensate tra le parti sul rilievo che l’esame della posizione del G. non aveva causato aggravio per la difesa dei convenuti.

L’appello dei coniugi P. – A. era stato notificato al procuratore speciale del G., che non si è costituito nè ha comunicato l’avvenuto decesso del proprio rappresentato, avvenuto da molti anni.

In mancanza di specifica impugnazione degli eredi del G., gli appellanti non avevano alcuna ragione per chiamarli nuovamente in giudizio dinanzi alla Corte di appello (se non per richiedere il pagamento delle spese del giudizio di primo grado).

Una domanda di questo genere non risulta, peraltro, proposta con quel grado di specificità che la particolare situazione processuale richiedeva.

Infatti, le conclusioni assunte con l’atto di appello non riguardano la posizione particolare del G., soccombente integralmente nel giudizio di primo grado, ma solo le parti risultate vittoriose (appunto tutti gli altri attori, con esclusione del G.).

La richiesta di condanna al pagamento delle spese, anche per il giudizio di primo grado, era formulata dagli appellanti P. – A. in diretta relazione alla richiesta riforma della decisione di primo grado, ed al rigetto delle domande avversarie.

Tuttavia, il rigetto della domanda del G. era passata in giudicato in mancanza di impugnazione dei suoi eredi.

Correttamente, dunque, la Corte territoriale non aveva emesso alcuna pronuncia nei confronti del G..

Conclusivamente i ricorsi devono essere rigettati, con la compensazione delle spese del giudizio di cassazione tra tutte le parti.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2011

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