Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20217 del 07/10/2016


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Cassazione civile sez. lav., 07/10/2016, (ud. 07/07/2016, dep. 07/10/2016), n.20217

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. VENUTI Pietro – rel. Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6629-2011 proposto da:

TESS S.R.L., P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 6,

presso (STUDIO AVV. LUCARELLI E/0 AVV. FRANCESCO LONGO BIFARO,

rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO MANDANICI, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

e contro

D.P.G., C.F. (OMISSIS);

– intimato –

Nonchè da:

D.P.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CRESCENZIO 9, presso lo studio dell’avvocato MARIO CALDARERA,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALBERTO CICLONE, giusta delega

in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

TESS S.R.L., P.I.(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 6,

presso (STUDIO AVV. LUCARELLI E/0 AVV. FRANCESCO LONGO BIFARO,

rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO MANDANICI, giusta

delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1601/2010 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 12/01/2011, R.G. N. 827/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/07/2016 dal Consigliere Dott. PIETRO VENUTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale,

inammissibilità e in subordine rigetto ricorso incidentale

autonomo, assorbimento ricorso incidentale condizionato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Messina, con sentenza depositata il 12 gennaio 2011, in riforma della decisione di accoglimento di primo grado, ha respinto la domanda proposta nei confronti di D.P.G. dalla s.r.l. TESS, la quale, a seguito delle dimissioni del predetto dipendente, aveva chiesto la condanna del medesimo al risarcimento dei danni per violazione dell’obbligo di fedeltà e per il compimento di atti di concorrenza sleale, che avevano determinato la perdita di clienti, i quali, per effetto della condotta del D.P., avevano disdetto i contratti con la società, aventi ad oggetto la manutenzione del software acquistato dalla società, i relativi programmi e la conseguente assistenza.

La Corte anzidetta ha ritenuto provati gli atti di concorrenza sleale attuati attraverso lo sviamento della clientela, avendo, tra l’altro, lo stesso lavoratore ammesso di avere predisposto le lettere di disdetta dei contratti di assistenza trasmesse alla società TASS dai clienti, intraprendendo in forma autonoma la stessa attività svolta in precedenza come dipendente della società. Erano tuttavia carenti i presupposti per la condanna al risarcimento dei danni, posto che la società non aveva precisato la loro entità nè fornito alcun elemento al riguardo, nonostante che tali elementi potessero essere desunti dal calo degli affari conclusi con i clienti, rapportati alle vendite e al servizio di assistenza, preferendo la società affidarsi ad una consulenza contabile per lo svolgimento della quale la medesima non aveva fornito alcun dato, omettendo di produrre i libri contabili o, quanto meno, i contratti di assistenza.

Nè, ad avviso della Corte territoriale, poteva essere accolta la richiesta di condanna generica al risarcimento di detti danni. Con l’atto introduttivo del giudizio la società aveva infatti chiesto la determinazione equitativa del danno, mentre nella successiva memoria non aveva avanzato alcuna richiesta di condanna generica, limitandosi ad insistere nella nomina di un consulente tecnico d’ufficio. In ogni caso non potevano essere compensati con i danni liquidati alla società gli emolumenti dovuti al lavoratore, connessi al rapporto di lavoro.

In definitiva, ha concluso la Corte territoriale, esclusa la sussistenza dei danni lamentati dalla società, la medesima era tenuta al pagamento, a favore del D.G., dell’ultima mensilità nonchè al trattamento di fine rapporto residuo, nella misura determinata dal c.t.u., pari ad Euro 554,98, non contestata dalla società.

Per la cassazione di questa sentenza propone ricorso la società sulla base di due motivi. Resiste con controricorso il D.P., proponendo ricorso incidentale per due motivi nonchè ricorso incidentale condizionato per un solo motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 278 e 345 c.p.c. nonchè vizio di omessa pronuncia.

Rileva che la sentenza impugnata, nel ritenere sussistente la condotta di concorrenza sleale posta in essere dal d.P., ha erroneamente rigettato la richiesta di condanna generica avanzata dalla società perchè proposta in sede di appello. Tale richiesta era stata formulata in sede di discussione orale davanti al Tribunale e comunque era ben possibile, anche in sede di appello, senza incorrere nel divieto di domande nuove previsto dall’art. 345 c.p.c., “circoscrivere all’an debeatur la propria domanda originariamente estesa anche al quantum”. Si trattava infatti non già di una nuova domanda, ma di una emendatio libelli.

Nè, aggiunge la ricorrente, la controparte aveva contestato la modifica dell’originaria domanda, essendosi limitata a dedurre una presunta inammissibilità della richiesta di condanna generica per la sua tardività.

2. Con il secondo motivo la società, denunciando violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., deduce che la Corte di merito, tenuto conto della accertata responsabilità della controparte in ordine alla domanda di concorrenza sleale, avrebbe dovuto condannarla al pagamento delle spese di entrambi i gradi del giudizio, anzichè compensarle integralmente.

3. Con il primo motivo del ricorso incidentale è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 2120 c.c., artt. 112, 115 e 116 c.p.c. nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Si deduce che con il ricorso in appello e con la successiva memoria il D.P. aveva lamentato che il primo giudice aveva conferito al c.t.u. l’incarico di determinare il trattamento di fine rapporto solo dal (OMISSIS), anzichè dal (OMISSIS), data di inizio dello stesso, detratto l’acconto ricevuto nell'(OMISSIS). Era stata quindi chiesta la rinnovazione della consulenza tecnica. La Corte di merito ha ignorato tale richiesta, ritenendo erroneamente che l’importo determinato dal c.t.u. non avesse formato oggetto di contestazione.

4. Con il secondo motivo del ricorso incidentale è censurata la sentenza impugnata con riguardo alle spese processuali di entrambi i gradi del giudizio. Si deduce che esse non avrebbero dovuto essere compensate, ma poste a carico della società, una volta che la domanda da quest’ultima proposta era stata rigettata, mentre era stata accolta quella del D.P., sia pure per un importo inferiore a quello richiesto.

5. Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato, denunciandosi violazione e falsa applicazione dell’art. 2598 c.c., n. 3 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., si censura la sentenza impugnata per avere ritenuto sussistenti gli atti di concorrenza sleale.

Si rileva che la Corte di merito non ha correttamente valutato al riguardo il materiale probatorio acquisito e comunque, anche a voler ritenere la sussistenza di una concorrenza sleale, questa era avvenuta “esclusivamente in occasione e dopo la cessazione del rapporto di lavoro”.

6. Il primo motivo del ricorso principale non è fondato.

Il giudice di primo grado ha accolto la domanda della società, condannando il D.P., a titolo risarcitorio per atti di concorrenza sleale, al pagamento della somma di Euro 16.546,12.

Contro tale sentenza ha proposto appello il D.P., contestando la condotta di concorrenza sleale e chiedendo comunque il rigetto della domanda per mancanza di prova sui danni subiti dalla società.

La società ha proposto appello incidentale, chiedendo il rigetta del gravame e comunque che fosse eventualmente emessa una sentenza di condanna generica in relazione ai danni subiti, ove ritenuti non provati.

La Corte di merito ha confermato la sentenza di primo grado in ordine alla ritenuta sussistenza degli atti di concorrenza sleale, ma ha respinto la domanda della società per mancanza di prova circa i danni subiti in conseguenza di tali atti.

Così essendo, correttamente il giudice d’appello ha ritenuto inammissibile la domanda di condanna generica proposta dalla società. Questa infatti, a prescindere se si trattasse di nuova domanda o di un mutamento della domanda, era preclusa dall’avere la sentenza impugnata ritenuto non provati i danni, ciò che escludeva che tale statuizione potesse essere rimessa in discussione attraverso una pronuncia di condanna generica avente ad oggetto la determinazione dei danni medesimi.

In altre parole, avendo la sentenza impugnata respinto la domanda risarcitoria della società per i danni asseritamente subiti, non era ipotizzabile una sentenza di condanna generica avente ad oggetto la determinazione degli stressi.

7. Parimenti infondato è il primo motivo del ricorso incidentale.

La Corte di merito, con riguardo alla consulenza tecnica espletata in primo grado, ha respinto le censure avanzate dal lavoratore, rilevando che mai era stata richiesta “la determinazione del TFR in base ad elementi non considerati ovvero per un periodo di tempo maggiore, ma soltanto con riguardo all’ultimo periodo, andante dalle dimissioni alla cessazione”.

Ha aggiunto che “la domanda non era stata prospettata con riguardo ad altre ragioni e quindi non trovava diversa e ulteriore causa petendi”.

Il D.P. ha contestato tale affermazione, rilevando che con il ricorso in appello e successivamente era stata chiesta la rinnovazione della consulenza tecnica, posto che il primo giudice aveva dato incarico al c.t.u. di determinare il trattamento di fine rapporto solo dal (OMISSIS) sino alla data di cessazione del rapporto di lavoro, anzichè dal (OMISSIS), data di inizio del rapporto, detratto l’acconto ricevuto nell'(OMISSIS).

Ma, sul punto, il ricorrente incidentale si limita a richiamare il ricorso in appello, senza trascriverne i passi salienti e senza produrlo unitamente al ricorso per cassazione, in violazione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, limitandosi ad indicare, tra i documenti prodotti in questa sede, i fascicoli di parte delle fasi di merito.

Parimenti non risulta prodotto unitamente al ricorso per cassazione l’atto processuale (memoria difensiva con riconvenzionale) con cui era stata chiesta in primo grado la determinazione del trattamento di fine rapporto, al fine di confutare l’affermazione della Corte di merito secondo cui la consulenza tecnica era stata disposta in conformità alla “domanda” prospettata dal lavoratore.

8. Infondati sono infine il secondo motivo del ricorso principale e il secondo motivo del ricorso incidentale aventi entrambi ad oggetto le spese processuali delle fasi di merito, avendo la Corte territoriale, nel compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio, fatto corretto riferimento all’esito finale della lite, e cioè alla soccombenza reciproca delle parti.

9. Resta assorbito il ricorso incidentale condizionato proposto dal D.P., essendo esso subordinato all’accoglimento del ricorso principale della società.

10. L’esito del presente giudizio giustifica la compensazione delle spese processuali tra le parti.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale, assorbito quello incidentale condizionato. Compensa tre la parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2016

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