Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20212 del 03/10/2011

Cassazione civile sez. lav., 03/10/2011, (ud. 14/06/2011, dep. 03/10/2011), n.20212

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 17860/2010 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati CORETTI Antonietta, VINCENZO STUMPO, EMANUELE DE ROSE,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2669/2009 della CORTE D’APPELLO di BARI del

25.6.09, depositata il 30/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito per il ricorrente l’Avvocato Antonietta Coretti che si riporta

agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in Camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione ex art. 380-bis.

1. Con ricorso al Tribunale di Lucera, M.C., operaia agricola a tempo determinato, conveniva in giudizio l’Inps chiedendo che venisse accertato il suo diritto a un conguaglio dell’indennità di disoccupazione per l’anno 2000. La ricorrente – premesso che il trattamento di disoccupazione era stato corrisposto dall’Istituto sulla base del salario medio convenzionale congelato all’anno 1995 – sosteneva che il medesimo trattamento doveva essere invece calcolato, ai sensi del D.Lgs. n. 146 del 1997, art. 4, sui minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva provinciale, con conseguente diritto alle differenze tra quanto spettante e quanto percepito.

La domanda, a conferma della sentenza di primo grado, veniva accolta dalla Corte d’appello di Bari.

2. Con l’unico motivo l’Istituto ricorrente, lamentando violazione degli artt. 44, 49 e 53 del CCNL operai agricoli e florovivaisti del 1998 in relazione al D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 6, comma 4, lett. a), nonchè in relazione all’art. 1362 c.c., e segg., art. 2120 cod. civ. ed alla L. n. 297 del 1982, art. 4, commi 10 e 11, censura la sentenza per avere incluso nella retribuzione da prendere a base per la liquidazione dell’indennità di disoccupazione, anche la voce denominata “quota di TFR”, la quale invece non dovrebbe esserlo, per avere – contrariamente a quanto affermato la Corte territoriale – effettiva natura di retribuzione differita.

3. Il ricorso è manifestamente fondato, alla stregua di quanto deciso da ultimo dalla sentenza di questa Corte n. 202/2011 e da numerose altre conformi, con cui si è enunciato il seguente principio: “Confermandosi quanto già ritenuto dalla precedente sentenza di questa Corte n. 10546/2007 per cui “Ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione – definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il salario medio convenzionale del D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, ex art. 4 – non è comprensiva del trattamento di fine rapporto”, va ulteriormente affermato che, sulla base del suddetto principio, la voce denominata “quota di TFR” dai contratti collettivi vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della indennità di disoccupazione, in considerazione della volontà espressa dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere in forza della disposizione di cui al D.L. 14 giugno 1996, n. 318, art. 3, convertito in L. 29 luglio 1996, n. 402, a norma del quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli istituti legali da parte della autonomia collettiva”. Nello stesso senso cfr. ora il D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 18, convertito dalla L. n. 111 del 2011.

4. Il ricorso deve quindi essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa per nuovo esame ad altro giudice (stessa Corte in diversa composizione), che si atterrà al già indicato principio di diritto. Allo stesso giudice si demanda anche la regolazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa al sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2011

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