Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20210 del 25/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 25/09/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 25/09/2020), n.20210

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1799-2014 proposto da:

ESPERIA SRL UNIPERSONALE, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

BENACO 5, presso lo studio dell’avvocato MORABITO MARIA CHIARA,

rappresentato e difeso dall’avvocato SANTI UMBERTO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 39/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di VENEZIA, depositata il 02/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/02/2020 dal Consigliere Dott. FRACANZANI MARCELLO MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La società contribuente esercitava attività di locazione di immobili ed era attinta da avviso di accertamento per l’anno di imposta 2007, ritenendo l’Ufficio trovarsi in una situazione di anomala non operatività, posto che il reddito dichiarato non era congruo rispetto ai parametri di cui alla L. n. 724 del 1994. L’atto impositivo era motivato sulla scorta della discrepanza del reddito esposto in dichiarazione rispetto all’assai più consistente (circa tredici volte maggiore) ricavato in applicazione dei parametri delle norme antielusive. Seguiva la ripresa a tassazione a fini Ires ed Irap, oltre all’irrogazione di sanzioni.

Reagiva la società contribuente, trovando apprezzamento delle proprie ragioni avanti al giudice di prossimità, sull’argomento risultare provato l’affitto del compendio immobiliare acquistato, tra l’altro avvalendosi di agenzie immobiliari.

Insorgeva l’Ufficio, protestando essersi dichiarata l’illegittimità dell’atto impositivo pur in assenza di prova dell’impossibilità di conseguire il reddito minimo previsto dalla norma antielusiva precitata.

Anche dalle risultanze di una perizia sui singoli immobili della società contribuente (compendio di Schio e compendio di Santorso), in parziale accoglimento dell’appello dell’Ufficio, la CTR rideterminava il reddito della contribuente, che ricorre quindi avverso questa sentenza, affidandosi a tre articolati motivi, cui replica con tempestivo controricorso l’Avvocatura generale dello Stato.

In prossimità dell’udienza la parte contribuente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Vengono proposti tre motivi di ricorso.

1. Con il primo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 4 per erronea applicazione dei canoni probatori penalistici alla

controprova del contribuente avverso la controprova del contribuente avverso la presunzione di inoperatività della società, nella sostanza lamentando il riferimento alla prova “oltre ogni ragionevole dubbio” che la parte contribuente non avrebbe fornito, mentre si trattava di superare una presunzione semplice. Il riferimento estrapolato dal contesto non spiega il senso della motivazione.

Occorre ricordare che la sentenza è un tutt’uno, in cui parte narrativa e parte motiva si compenetrano e si innervano reciprocamente dando il senso al dispositivo. Nel caso di specie, il giudicante ha fatto chiaro riferimento ad una perizia officiata e criticamente vagliata (pag. 5 e ss gravata sentenza), ritenuta più attendibile delle allegazioni delle parti e più adatta a rappresentare il valore del compendio immobiliare, anche tenendo conto del particolare luogo e momento storico. In questo senso, il giudice del merito può legittimamente porre a fondamento della propria decisione una perizia stragiudiziale, persino se contestata, bastando fornisca adeguata motivazione stante il principio del libero convincimento del giudice (Cfr. Cass., VI- 5 n. 26550/2011. Peraltro, il motivo mira dichiaratamente ad ottenere una riedizione della valutazione di merito, sostituendo i canoni probatori adottati dal giudicante con altri, è appena il caso di rammentare che il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione (tra le tante: Cass. 11 gennaio 2016 n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26610). Più in particolare, si deve precisare come sia oramai consolidato in giurisprudenza il principio che il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee alla sua formazione (cfr. Cass. IV, n. 3601/2006). Inoltre, l’osservanza degli artt. 115 e 116 c.p.c. non richiede che il giudice di merito dia conto dell’esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti. E’, infatti, necessario e sufficiente che egli esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo una motivazione logica ed adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla. Invece, devono reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito (Cfr. Cass. I, n. 520/2005) In altre parole, il giudice di merito non ha l’obbligo di soffermarsi a dare conto di ogni singolo elemento indiziario o probatorio acquisito in atti, potendo egli invece limitarsi a porre in luce quelli che, in base al giudizio effettuato, risultano gli elementi essenziali ai fini del decidere, purchè tale valutazione risulti logicamente coerente. Sotto tale profilo, dunque, l’odierna censura del ricorrente di non aver preso in esame tutti i singoli elementi risultanti in atti, costituisce una censura del merito della decisione, in quanto tende, implicitamente, a far valere una differente interpretazione del quadro indiziario, sulla base di una diversa valorizzazione di alcuni elementi rispetto ad altri. Il che esula dai poteri del giudice di legittimità (Cfr. Cass. V. n. 961/2015).

Il motivo è dunque infondato e va disatteso.

2. Con il secondo motivo si prospetta il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 per omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio ed oggetto di discussione fra le parti, segnatamente la circostanza che dopo il fallimento del locatore l’immobile sia stato sfitto ed invenduto, che vi siano stati tentativi di vendita, che vi fosse disomogeneità fra i prezzi di acquisto e quelli del momento dell’accertamento, nonchè l’eccesso di offerta che sviliva il prezzo, come riconosce lo stesso perito sul cui elaborato si innesta gravata sentenza. Il motivo tende ad introdurre valutazioni di merito inibite a questa Corte, restando l’iter argomentativo della sentenza in esame al di fuori del perimetro entro cui può esercitarsi il controllo di legalità di questa Corte. Per completezza argomentativa, quanto alla denuncia di vizio di motivazione, poichè è qui in esame un provvedimento pubblicato dopo il giorno 11 settembre 2012, resta applicabile ratione temporis il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) la cui riformulazione, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, secondo le Sezioni Unite deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. Un. 7 aprile 2014 n. 8053). In altri termini, occorre ricordare come la valutazione delle circostanze allegate, l’apprezzamento probatorio in genere, sia profilo squisitamente di merito, ove opera il canone fondamentale della sussunzione del fatto nella qualificazione giuridica disegnata dal legislatore, mentre -per contro- nel giudizio di legittimità tale profilo sia, anzi, debba essere precluso, svolgendosi un sindacato di natura oggettiva, riguardando un provvedimento giurisdizionale per scrutinarne la coerenza con il dato normativo sostanziale e processuale, ove la rilevanza del fatto storico, il suo accertamento e la sua valutazione non possono trovare luogo, se non -ed in minima parte- quali indici di un error in procedendo o in iudicando. Il motivo è quindi infondato e va disatteso.

3. Con il terzo motivo di profila il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione e falsa applicazione delle norme sulle società non operative ed in particolare della L. n. 724 del 1994, art. 30, nella sostanza lamentando la discrepanza fra modello fiscale e modello di mercato, per cui nella logica di mercato la società contribuente doveva considerarsi pienamente operativa, introducendo considerazioni sulla natura ed i rapporti con il nuovo locatore e sulla sua qualifica di operatore di comodo. Nel contrapporre profili di mercato al modello legale, il motivo introduce valutazioni di merito -già svolte nei precedenti gradi di giudizio, con esiti diversi, e non riproponibili in questa sede di legittimità.

Così come posto, il motivo va dichiarato inammissibile.

In conclusione, il ricorso è infondato e dev’essere rigettato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, la parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità a favore dell’Agenzia delle entrate, che liquida in Euro.cinquemilatrecento/00, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2020

 

 

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