Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20210 del 15/07/2021

Cassazione civile sez. I, 15/07/2021, (ud. 26/05/2021, dep. 15/07/2021), n.20210

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

S.R., rappr. e dif. dall’avv. Pasquale Ribecco,

studiolegaleribecco.pec.it, come da procura allegata in calce

all’atto;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappr. e difeso

ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– costituito –

per la cassazione della sentenza App. Catanzaro 10.1.2020, n. 19, in

R.G. 176/2019;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere relatore Dott.

Massimo Ferro alla Camera di consiglio del 26.5.2021.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. S.R. impugna la sentenza App. Catanzaro 10.1.2020, n. 19, in R.G. 176/2019 di rigetto dell’appello avverso l’ordinanza Trib. Catanzaro 6.12.2018 a sua volta reiettiva del ricorso avverso il provvedimento di diniego della tutela invocata dinanzi alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e da tale organo disattesa;

2. la corte, per quanto qui di interesse, ha ritenuto, all’esito dell’udienza e precisata la non utilità di un’ulteriore audizione: a) non attendibili le circostanze, relative al timore di conseguenze ritorsive a causa del rifiuto del padre di candidarsi per il partito (OMISSIS) e all’aggressione subita, quali non dettagliatamente riferite e per il contrasto con la non conoscenza di elementi essenziali, non avendo il ricorrente altrimenti giustificato tale genericità, né indicato le ragioni dell’omessa richiesta di tutela in patria per una vicenda comunque di rilievo al più penalistico; b) assente nel Paese il conflitto armato ai sensi dell’art. 14 cit., lett. c), non risultando segnalazioni di tal fatta per l’area di provenienza, secondo le fonti internazionali indicate, mancando poi precisi riferimenti nella stessa domanda; c) infondata la richiesta di protezione umanitaria, mancando situazioni di vulnerabilità connesse al rimpatrio, con certa compromissione grave dei diritti fondamentali;

3. il ricorrente propone tre motivi di ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo si deduce l’erroneità della sentenza ove il giudice ha omesso di esercitare i poteri ufficiosi in ordine alla credibilità, limitandosi a riprodurre le argomentazioni del grado precedente;

2. con il secondo motivo si censura la omessa valutazione del livello d’integrazione del ricorrente e i documenti prodotti, secondo un errato giudizio di non comparazione rispetto alla situazione personale del richiedente; il terzo motivo contesta l’omesso esame della enunciata ragione della migrazione, non per ragioni economiche, avendo peraltro il richiedente conseguito uno stabile status lavorativo (come sarto) e continuando a dedurre la compressione dell’esercizio dei diritti fondamentali in caso di rientro coattivo;

3. il primo motivo è inammissibile, correttamente conseguendo il diniego delle due protezioni maggiori dalla considerazione per cui, valutata la non credibilità per un verso e la insufficienza del quadro economico di povertà e instabilità politica del Bangladesh, il citato diniego procede dalla inesistenza di un vero e proprio conflitto armato nel Paese di provenienza secondo la nozione chiarita quale rilevante ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per cui essa, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria, così che il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. 18306/2019); d’altra parte, la valutazione sulla credibilità appartiene ad un apprezzamento di fatto di spettanza del giudice di merito, che vi ha provveduto rispettando il minimo costituzionale ex Cass. s.u. 8053/2014;

4. inoltre, va ripetuto che il richiedente ha l’onere di allegare in modo circostanziato i fatti costitutivi del suo diritto circa l’individualizzazione del rischio rispetto alla situazione del paese di provenienza, atteso che l’attenuazione del principio dispositivo, in cui la cooperazione istruttoria consiste, si colloca non sul versante dell’allegazione ma esclusivamente su quello della prova; ne consegue che solo quando il richiedente abbia adempiuto all’onere di allegazione sorge il potere-dovere del giudice di cooperazione istruttoria, che tuttavia è circoscritto alla verifica della situazione oggettiva del paese di origine e non alle individuali condizioni del soggetto richiedente (Cass. 9028/2021);

5. il secondo e terzo motivo sono fondati; la considerazione del significativo percorso professionale intrapreso (con contratto di lavoro a tempo indeterminato) e le competenze linguistiche acquisite impongono che il giudice di merito, almeno, dia conto – per la apparente decisività in astratto con cui i relativi elementi appaiono essere stati rappresentati – delle ragioni di una supposta indifferenza di un rientro nel Paese di provenienza, mancando sul punto ogni giustificazione; tali elementi inducono alla necessità di una diversa motivazione, quanto alla protezione umanitaria, sia sul versante della cd. comparazione, sia sulla identificazione in sé di una vulnerabilità già ora rilevante per come ripresa da Cass. s.u. 29459/2019;

il ricorso va dunque dichiarato inammissibile quanto al primo motivo, fondato quanto ai motivi secondo e terzo, cassa con rinvio alla Corte d’appello di Catanzaro, anche per la liquidazione delle spese del procedimento.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibili il primo motivo, fondati i motivi secondo e terzo del ricorso, cassa e rinvia alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del procedimento di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021

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