Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20209 del 15/07/2021

Cassazione civile sez. I, 15/07/2021, (ud. 25/05/2021, dep. 15/07/2021), n.20209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 26559/2020 r.g. proposto da:

O.I., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e

difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso,

dall’Avvocato Mario Di Frenna, presso il cui studio è elettivamente

domiciliato in Reggio Emilia, Via Malta n. 7.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro.

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna, depositata in

data 8.1.2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/5/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bologna ha rigettato l’appello proposto da O.I., cittadino della Nigeria (Edo State), nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa in data 4.1.2017 dal Tribunale di Bologna, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha narrato: i) di essere nato e vissuto in Nigeria (Edo State); ii) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese perché minacciato di morte dai figli della matrigna.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, sub art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto, che risultava, per molti aspetti, non plausibile, lacunoso e fortemente contraddittorio ed anche perché in Nigeria sono esistenti istituzioni pubbliche cui ricorrere per superare i pericoli denunciati nel ricorso; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito all’Edo State, stato nigeriano di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che la valutazione di non credibilità escludeva tale possibilità e perché il ricorrente non aveva dimostrato un saldo radicamento nel contesto sociale italiano, non rilevando a tal fine solo le prospettate possibilità di inserimento sociale.

2. La sentenza, pubblicata l’8.1.2020, è stata impugnata da O.I. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14, nonché del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e dell’art. 5, comma 6, del TUI.

2. Con il secondo mezzo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di “motivazione omessa, insufficiente, e/o contraddittoria su fatti o questioni controverse e decise ai fini del giudizio”.

Il ricorrente, nei due motivi ora esposti e trattati congiuntamente, si duole, in primo luogo, dell’erroneità della decisione impugnata in relazione al giudizio negativo sulla credibilità del racconto e, dall’altro, in ordine alla valutazione di non pericolosità interna della Nigeria. Il ricorrente censura, inoltre, il provvedimento impugnato in ordine al giudizio di mancata dimostrazione della sua condizione di soggetto vulnerabile, al fine del rilascio del permesso di soggiorno per finalità umanitarie.

3. Il ricorso è inammissibile.

E’ possibile trattare unitariamente i motivi di doglianza che, nonostante attingano istituti diversi, sono stati tuttavia presentati dal ricorrente all’interno di un unico motivo di censura.

Le censure così prospettate dal ricorrente sono inammissibili.

3.1 In primo luogo è contestata dal ricorrente la valutazione di non credibilità del racconto, motivo peraltro declinato sotto l’egida applicativa del vizio di violazione di legge, con riguardo al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3.

La censura, già per come prospettata, è inammissibile.

3.1.1 Sul punto, giova ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019). Più precisamente, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr. sempre, Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019).

3.1.2 Orbene, osserva la Corte che, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, la parte ricorrente pretende, ora, un’inammissibile rivalutazione del contenuto delle sue dichiarazioni e del giudizio di sua complessiva attendibilità profilo che è irricevibile in questo giudizio di legittimità perché non dedotto nel senso sopra chiarito e perché comunque rivolto ad uno scrutinio di merito delle dichiarazioni che invece è inibito al giudice di legittimità.

3.2 Sotto altro profilo, va osservato che – in relazione alla dedotta violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), denunciata con riguardo al mancato approfondimento istruttorio officioso relativo alla situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale” -, alla stregua delle indicazioni ermeneutiche impartite da questa Corte, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, predetto art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (Grande Sezione, 18 dicembre 2014; C-542/13, par. 36; C-285/12; C-465/07), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 13858 del 31/05/2018).

Il motivo – così articolato in relazione al diniego della reclamata protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c – è inammissibile perché volto a sollecitare questa Corte ad una rivalutazione delle fonti informative per accreditare, in questo giudizio di legittimità, un diverso apprezzamento della situazione di pericolosità interna della Nigeria e in particolare dell’Edo State, giudizio quest’ultimo inibito alla corte di legittimità ed invece rimesso alla cognizione esclusiva dei giudici del merito, la cui motivazione è stata articolata – sul punto qui in discussione – in modo adeguato e scevro da criticità argomentative, avendo specificato, anche tramite la consultazione di qualificate fonti informative, che negli Stati del sud della Nigeria non si assiste ad un conflitto armato generalizzato, tale da integrare il pericolo di danno protetto dalla norma sopra ricordata.

3.3 Del pari inammissibili risultano le doglianze dedotte dal ricorrente in riferimento al diniego dell’invocata protezione umanitaria, in quanto solo genericamente formulate con richiami alla disciplina applicabile senza riuscire a confutare la ratio decidendi posta a sostegno del rigetto della richiesta tutela, e cioè la valutazione di non credibilità del racconto, e senza neanche specificare ove in appello fossero state dedotte le questioni (relative al profilo dell’integrazione sociale) di cui si lamenta in questa sede l’omessa valutazione da parte della corte territoriale.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021

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