Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20207 del 25/09/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20207 Anno 2014
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: MAMMONE GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 22062-2011 proposto da:
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE —
INPS (c.f. 80078750587), in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via
Cesare Beccaria n. 29, presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto,
rappresentato e difeso dagli Avv.ti Vincenzo Triolo, Antonietta
Coretti, Vincenzo Stumpo ed Emanuele De Rose per procura in calce
al ricorso;
– ricorrente contro
D’ANDREA PASQUALE;
– intimato avverso la sentenza n. 4433/2010 della Corte d’appello di Bari,
depositata in data 24.09.10;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
8.07.14 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone.
Ritenuto in fatto e diritto
1.- D’Andrea Pasquale, operaio agricolo a tempo determinato si
rivolse al giudice del lavoro di Trani per ottenere il ricalcolo
dell’indennità di disoccupazione agricola corrisposta e già percepita per

Data pubblicazione: 25/09/2014

7. INPS c. D’Andrea Pasquale (r.g. 22062-11)

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l’anno 2002, ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. 16.4.97 n. 146, in relazione alla
retribuzione fissata dalla contrattazione integrativa collettiva della
provincia, anziché in base al salario medio convenzionale rilevato
nell’anno 1995 e non più incrementato.
2.- Il Tribunale accoglieva la domanda, condannando l’INPS a
riliquidare l’indennità di disoccupazione per l’anno di riferimento,
ponendo a base del calcolo il salario fissato pro tempore dalla
contrattazione provinciale, compresa la c.d. quota di trattamento di
fine rapporto, oltre accessori. Proposto appello dall’INPS, la Corte
d’appello di Bari con sentenza 25.09.10, dopo avere escluso che nel
caso di specie fosse intervenuta decadenza ex art. 47, c. 3, del d.P.R.
30.04.70 n. 639, rigettava l’impugnazione.
3.- Proponeva ricorso per cassazione l’INPS con due motivi: 1)
violazione dell’art. 47, c. 3, del d.P.R. 30.04.70 n. 639 e successive
modificazioni, contestando l’assunto della Corte d’appello che la
decadenza ivi prevista non si applica nel caso di richiesta di
riliquidazione di prestazioni previdenziali; 2) violazione degli artt. 44,
49 e 53 del cali operai agricoli e florovivaisti del 10.7.98, in relazione
all’art. 6, c. 4, lett. a) del d.lgs. 2.9.97 n. 314 ed agli artt. 1362 segg. e
2120 c.c., nonché 4, c. 10 e 11, della 1. 29.5.82 n. 297, contestando la
tesi della Corte d’appello che l’emolumento denominato trattamento di
fine rapporto (t.f.r.) corrisposto agli operai agricoli a tempo
determinato costituisca una componente della retribuzione, come tale
idonea a determinare la indennità di disoccupazione, e non salario
differito, escluso ai sensi del detto art. 6, c. 4, lett a) sia dalla base
imponibile dei contributi previdenziali, sia dalla retribuzione utile per il
calcolo delle prestazioni temporanee in agricoltura. Non svolgeva
attività difensiva D’Andrea.
4.- Il consigliere relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis
c.p.c., che è stata notificata ai difensori costituiti con l’avviso di
convocazione dell’adunanza della camera di consiglio.
5.- Quanto al primo motivo ed ai limiti di applicabilità dell’art.
47 del d.P.R. n. 639 del 1970 e successive modificazioni, deve qui
richiamarsi la sentenza a Sezioni unite 29.05.09 n. 12720, per la quale la
decadenza ivi prevista non si applica nel caso di riliquidazione di
prestazioni previdenziali. Tale principio è stato recentemente ribadito
dalla sentenza 8.05.12 n. 6959, alla luce del recentissimo d.l. 6.07.11 n.
98, art. 38, c. 1, lett. d) (conv. dalla 1. 15.0711 n. 111), la quale ha
ritenuto che il legislatore -modificando con limitata efficacia retroattiva
la regola preesistente, come consolidata per effetto della detta
pronuncia delle Sezioni unite – conferma indirettamente la
corrispondenza di quest’ultima all’originario contenuto dell’art. 47, nel
testo vigente fino alla novella del 2011, ed ha pertanto ritenuto
inapplicabile le disposizioni del citato art. 47 (prima delle integrazioni

Per questi motivi
La Corte rigetta il primo motivo ed accoglie il secondo; cassa
l’impugnata sentenza e, provvedendo nel merito, rigetta la domanda
7. INPS c. D’Andrea Pasquale (r.g. 22062-11)

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dell’art. 38 del d.l. n. 98 del 2011) all’ipotesi di richiesta di
riliquidazione di prestazioni previdenziali riconosciute solo
parzialmente, e come tali liquidate dall’ente previdenziale
6.- Quanto al secondo motivo, deve rilevarsi che confermando
quanto già ritenuto con la sentenza 9.5.07 n. 10546, secondo cui “ai
fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la
nozione di retribuzione – definita dalla contrattazione collettiva
provinciale, da porre a confronto con il salario medio convenzionale ex
art. 4 d.lgs. 16.4.97 n. 146 – non è comprensiva del trattamento di fine
rapporto”, questa Corte ha ulteriormente affermato che “sulla base del
suddetto principio, la voce denominata quota di t.fr dai contratti
collettivi vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va esclusa dal
computo della indennità di disoccupazione, in considerazione della
volontà espressa dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere in
forza della disposizione di cui al d.l. 14.6.96 n. 318, art. 3, conv. dalla 1.
29.7.96, n. 402, a norma del quale, agli effetti previdenziali, la
retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi, non può essere
individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi.
Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto a
quella indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima
alterazione degli istituti legali da parte dell’autonomia collettiva” (v.
Cass. 5.1.11 n. 202 e numerose altre conformi).
7.- Tale orientamento è stato confermato dal legislatore che con
il d.l. 6.07.11 n. 98, conv. dalla 1. 15.07.11 n. 111, all’art. 18 ha previsto
che “l’articolo 4 del d.lgs.16 aprile 1997 n. 146, e l’articolo 1, comma
5, del d.l. 10 gennaio 2006 n. 2, convertito, con modificazioni, dalla
legge 11 marzo 2006 n. 81, si interpretano nel senso che la
retribuzione, utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore
degli operai agricoli a tempo determinato, non è comprensiva della
voce del trattamento di fine rapporto comunque denominato dalla
contrattazione collettiva” (c. 18).
8.- In conclusione, il ricorso deve essere accolto e la sentenza
impugnata deve essere cassata. Non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384, c. 2, c.p.c. può provvedersi
nel merito e rigettarsi la domanda di computo della quota di
trattamento di fine rapporto.
9.- In ragione dell’intervento della legge di interpretazione
autentica, che ha sopito ogni divergenza, sussistono giusti motivi per
procedere alla compensazione delle spese dell’intero giudizio.

quanto alla richiesta di computo della quota di trattamento di fine
rapporto nella base di calcolo dell’indennità di disoccupazione,
compensando le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma in data 8 luglio 2014

Il Presidente

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