Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20205 del 25/09/2020
Cassazione civile sez. trib., 25/09/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 25/09/2020), n.20205
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2431-2013 proposto da:
G.S., elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. CUBONI 8,
presso lo studio dell’avvocato STEFANO TORALDO, rappresentato e
difeso dall’avvocato GIULIO NEVI;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 99/2012 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di
LATINA, depositata il 19/03/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
25/02/2020 dal Consigliere Dott. MARCELLO MARIA FRACANZANI.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. Il contribuente reagiva all’avviso di accertamento con cui le veniva riferito di riflesso il maggior reddito della soc. Il Capanno srl per l’anno di imposta 2004 nella misura proporzionale alla sua partecipazione al capitale sociale, pari al 30%.
Proponeva diverse censure tra cui, per quanto qui interessa, l’inversione di notifica dell’accertamento perfezionata al socio quando non lo era ancora verso alla società, quindi – in tesi – in assenza di valido accertamento. Svolgeva altre censure sul metodo e sul merito dell’accertamento societari ed anche sul proprio, segnatamente evidenziando non esser stato depurato il maggior reddito accertato in capo ai soci dalle imposte già assolte dalla società, generando così una doppia imposizione.
Il primo grado era favorevole alla parte contribuente, ma il giudice d’appello riformava la sentenza in accoglimento del gravame proposto dall’Ufficio, motivando per relationem sulla coeva sentenza pronunciata il medesimo giorno sul ricorso relativo alla società, precisando che la doglianza relativa al vizio di notifica non fosse stata riproposta al giudice di secondo grado.
Insorge il contribuente proponendo due articolati motivi cui replica svolgendo controricorso l’Avvocatura generale dello Stato.
In prossimità dell’udienza, la parte contribuente ha depositato memoria.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Vengono proposti due motivi di ricorso.
1. Con il primo motivo si solleva doglianza ex art. 360 c.p.c., n. 4 per vizio del procedimento, nella sostanza lamentando che non siano state tenute in conto le controdeduzioni puntuali proposte in secondo grado.
2. Con il secondo motivo si lamenta violazione ex art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5 per vizio del procedimento e per omesso esame “di un fatto pacifico tra le parti e risultante agli atti di causa”, criticando che la sentenza abbia ritenuto non essere stato riproposto il motivo di doglianza sull’irregolarità della notifica comportante l’inesistenza del valido accertamento in capo alla società. Sotto altro profilo si critica non evincersi dalla motivazione della sentenza le ragioni che hanno condotto i giudici dell’appello a riformare la sentenza di primo grado, rigettando le ragioni della contribuente, concretando quindi l’omissione di pronuncia; si prospetta anche violazione di legge per falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 e art. 39, comma 1, lett. d) e art. 40 nonchè D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 per carenza di motivazione dell’accertamento ed ancora violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4 per non aver indicato i giudici d’appello le ragioni del proprio convincimento.
I motivi possono essere trattati congiuntamente stante la loro connessione. Infatti, per la Suprema Corte, la motivazione per relationem “è legittima soltanto nel caso in cui a) si riferisca ad una sentenza che abbia già valore di giudicato tra le parti b) ovvero riproduca la motivazione di riferimento, autonomamente ed autosufficientemente recepita e vagliata nel contesto della motivazione condizionata” (Cass. Civ., Sez. Un., 4 giugno 2008, n. 14815).
Inoltre, si è affermato che, nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta “per relationem” rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purchè resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico – giuridica. La sentenza è, invece, nulla, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. Civ., 8 gennaio 2015, n. 107; Cass. Civ., 6 marzo 2018, n. 5209, 21978, 17403; Cass. Civ., 14 febbraio 2003, n. 2196). Deve, poi, considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (Cass. Civ., 22022 del 2017).
In conclusione, il ricorso è fondato e merita accoglimento.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR per il Lazio, in altra composizione, cui demanda anche la regolazione delle spese del presente grado del giudizio.
Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2020.
Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2020