Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20204 del 03/10/2011
Cassazione civile sez. II, 03/10/2011, (ud. 15/04/2011, dep. 03/10/2011), n.20204
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 28005/2009 proposto da:
Z.R.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato
in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avv. GERACI DIEGO, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
A.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI GALLA E SIDAMA 49, presso il Dr. ALESSANDRO TRIBUNATO,
rappresentato e difeso dall’avvocato TRIBULATO Antonino, giusta
mandato a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1225/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANIA del
24.9.08, depositata il 22/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
15/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO DE CHIARA.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO
GIOVANNI RUSSO che nulla osserva.
Fatto
PREMESSO IN FATTO
che nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., si legge quanto segue:
“1. – Con la sentenza impugnata la Corte di Catania ha respinto (per quanto ancora rileva) l’appello proposto dai sigg. S. e Z.R.V. avverso le sentenze non definitive e definitiva di primo grado, con cui il Tribunale di Caltagirone aveva accertato il confine tra un loro fondo (per l’esattezza, un fondo già di proprietà del primo e da questi poi donato al secondo) e quello dell’attore, sig. A.G., e aveva condannato il convenuto Z.S. a demolire gli ampliamenti di un suo preesistente fabbricato e ad arretrare sino a distanza legale un pozzo nero.
Il sig. Z.R.V. ha quindi proposto ricorso per cassazione, cui il sig. A. ha resistito con controricorso.
2. – Il ricorso è inammissibile.
Le censure di vizio di motivazione e violazione di legge cumulativamente svolte nel ricorso restano, invero, oscure, sia a causa degli insufficienti riferimenti alla motivazione della sentenza impugnata, sia per la obiettiva incomprensibilità della questione di diritto posta a questa Corte (così sintetizzata nel quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., comma 1: “Piaccia alla Ecc.ma Corte Suprema di Cassazione statuire in diritto ricorrono le condizioni di eseguibilità di una condanna ad un facere in riferimento ad un bene incertus an e fondato sulla presunzione di esistenza, non riconducubile ad una reale individuazione del sito di collocamento”).
La censura di vizio di motivazione, poi, è priva della “chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione” (art. 366 bis c.p.c., comma 2)”.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che detta relazione è stata ritualmente comunicata al P.M. e notificata agli avvocati delle parti, i quali non hanno presentato conclusioni o memorie;
che la stessa è condivisa dal Collegio;
che, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile;
che le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 15 aprile 2011.
Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2011