Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20200 del 18/08/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 18/08/2017, (ud. 03/08/2017, dep.18/08/2017),  n. 20200

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10376-2011 proposto da:

RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A. P.IVA. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio dell’avvocato

CLAUDIO SCOGNAMIGLIO, che la rappresenta e difende unitamente agli

avvocati RENATO SCOGNAMIGLIO e PIERLUIGI LAX, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Z.H.S. C.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PIETRO BORSIERI 12, presso lo studio dell’avvocato SARA

D’ONOFRIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ANDREA SOLFANELLI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7694/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/04/2010, R. G. N. 4550/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2017 dal Consigliere Dott. BALESTRIERI FEDERICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA MARCELLO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione;

udito l’Avvocato CLAUDIO SCOGNAMIGLIO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Rai Radiotelevisione Italiana s.p.a. proponeva appello avverso la sentenza del 10.5.07 con cui il Tribunale di Roma aveva parzialmente accolto la domanda svolta dalla Z. per sentir dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato sin dal 22.9.97 – previo accertamento della nullità delle clausole oppositive del termine contenute negli 8 contratti di lavoro a termine stipulati tra le parti dal 1997 al 2004- oltre allo svolgimento da parte della ricorrente di attività lavorativa in regime di subordinazione anche nei periodi lavorati senza alcun contratto; accertare e dichiarare che la ricorrente aveva diritto al trattamento economico e normativo di video compositore di 3 livello.

Con la sentenza impugnata il Tribunale di Roma, riconosciuta l’esistenza del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, condannò la Rai alla reintegra della lavoratrice nel suo posto di lavoro con qualifica e mansioni espletate al momento del licenziamento, nonchè al risarcimento del danno pari alle retribuzioni maturate da tale data, oltre accessori ed al versamento dei contributi previdenziali.

La RAI chiedeva la riforma della sentenza con conseguente rigetto di tutte le domande attrici. Resisteva la lavoratrice.

Con sentenza depositata il 13.4.10, la Corte d’appello di Roma rigettava il gravame.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la RAI, affidato a cinque motivi. Resiste la Z. con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo la Rai s.p.a. denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1372 c.c..

Lamenta che la sentenza impugnata rigettò erroneamente la proposta eccezione di risoluzione del contratto per mutuo consenso.

Il motivo è infondato. Secondo il pacifico orientamento di questa Corte (cfr., ex plurimis, Cass. 11 marzo 2011 n. 5887, Cass. 9 aprile 2015 n. 7156; Cass. 12 gennaio 2015 n. 231, Cass. 28 gennaio 2014 n. 1780), ai fini della configurabilità della risoluzione del rapporto di lavoro per mutuo consenso (costituente una eccezione in senso stretto, Cass. 7 maggio 2009 n. 10526, il cui onere della prova grava evidentemente sull’eccepiente, Cass. 1 febbraio 2010 n. 2279), non è di per sè sufficiente la mera inerzia del lavoratore dopo la cessazione del rapporto, o il semplice ritardo nell’esercizio dei suoi diritti, essendo piuttosto necessario che sia fornita la prova di altre significative circostanze denotanti una chiara e certa volontà delle parti di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo (Cass. 15 novembre 2010 n. 23057). Nessuna delle circostanze indicate dalla citata giurisprudenza risulta fornita, con sufficiente grado di specificità, dalla ricorrente, che neppure specifica, peraltro, il lasso di tempo intercorso tra la cessazione di fatto del rapporto ed il primo atto di costituzione in mora.

2. – Con il secondo ed il terzo motivo la RAI denuncia la violazione del L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. e) anche in relazione all’art. 2697 c.c..

I motivi, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.

Questa Corte ha più volte osservato che a norma della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1, comma 2, lett. e), come modificato dalla L. 23 maggio 1977, n. 266 – la cui “ratio” è quella di consentire, al servizio radiotelevisivo di apprestare, a vantaggio dell’intera collettività, una maggiore varietà e ricchezza di programmi e spettacoli facendo ricorso all’apporto di diverse componenti culturali, artistiche e sociali, al fine di rappresentare, in modo più completo e dialettico, la realtà che si vuole illustrare – per le assunzioni di personale riferite a specifici spettacoli o programmi radiofonici o televisivi, è necessario che il relativo rapporto di lavoro risponda ad una esigenza di carattere temporaneo che, essendo destinata ad esaurirsi in un certo tempo, non consenta uno stabile inserimento del lavoratore nell’organizzazione dell’impresa (la trasmissione o lo spettacolo non devono essere necessariamente straordinari o occasionali, ma di durata limitata nell’arco di tempo della programmazione complessiva, e quindi destinati ad esaurirsi, Cass. ord. n. 3308/12); è inoltre necessaria la specificità dello spettacolo o del programma, e cioè che essi, oltre ad essere destinato ad una temporanea necessità (ancorchè esso venga ripetuto nel tempo ed in diverse puntate), sia caratterizzato dall’appartenenza ad una specie di un certo “genus” e sia, inoltre, individuato, determinato e nominato (non RG 10376/11essendo tali ultimi requisiti, pur necessari, sufficienti ad integrare la legittimità del termine); è necessario altresì che l’assunzione riguardi soggetti il cui apporto lavorativo si inserisca con vincolo di necessità diretta, anche se complementare e strumentale, nello specifico spettacolo o programma, sicchè non può considerarsi sufficiente ad integrare l’ipotesi di legittimo ricorso al contratto a tempo determinato la semplice qualifica tecnica o artistica del personale, correlata alla produzione di spettacoli o programmi radiofonici o televisivi, dovendo trattarsi di soggetti il cui apporto lavorativo sia tale da realizzare un peculiare contributo professionale, tecnico o artistico, che non sia facilmente fungibile con il contributo realizzabile dal personale a tempo indeterminato dell’impresa (su tale ultimo aspetto cfr. in particolare Cass. ord. n. 7222/12). I suddetti principi, inoltre, si applicano anche nel caso di assunzione a termine per l’effettuazione, nell’ambito di spettacoli o programmi “contenitore”, di singoli spettacoli o programmi aventi ad oggetto materie con qualche profilo comune, ed inseribili, pertanto, in un contesto più ampio e generale quale appunto quello proprio del “contenitore” (Cass. n. 16184 del 18/08/2004; Cass. n. 1291 del 24/01/2006; Cass. n. 24049 del 25/09/2008; Cass. n. 11573 del 26/05/2011; Cass. ord. n. 3308 del 02/03/2012; Cass. n. 4849 del 28/02/2014).

La sentenza impugnata si è attenuta a tali principi, evidenziando la pluralità di programmi, alcuni dei quali realizzati e trasmessi per molti anni (con conseguente difetto del requisito della temporaneità dell’esigenza lavorativa), cui la lavoratrice fu adibita; la mancanza di specificità, nel senso sopra riferito, degli stessi; l’assenza del vincolo di necessità diretta, sempre nel senso sopra riferito, evidenziando al riguardo correttamente che esso non può ritenersi implicito nello svolgimento da parte del lavoratore delle mansioni, anche tecniche, rientranti nella qualifica attribuitagli, evidenziando peraltro la natura sostanzialmente esecutiva di esse, inidonea ad esprimere quel particolare apporto culturale o tecnico richiesto per la realizzazione dei vari spettacoli o programmi.

Ha infine correttamente concluso per l’irrilevanza della legittimità o meno dei successivi contratti stipulati sotto il vigore della disciplina collettiva delegata L. n. 56 del 1987, ex art. 23, una volta dichiarati illegittimi i precedenti, con la conseguente instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (cfr., ex aliis, Cass. n. 6017/05, Cass. n. 2959/01). Le censure della ricorrente si sostanziano nella negazione di tali consolidati principi, sicchè debbono senz’altro rigettarsi.

3. – Con il quarto motivo la RAI denuncia un vizio di motivazione in ordine agli elementi idonei a fondare il giudizio di specificità dell’apporto lavorativo fornito dalla Z..

Il motivo è inammissibile, essendo diretto ad una diversa ricostruzione ed apprezzamento dei fatti rispetto a quello operato, con congrua motivazione, dalla sentenza impugnata, riportando allo scopo taluni brani di talune deposizioni testimoniali.

Deve infatti considerarsi che il controllo di logicità del giudizio di fatto, ivi compreso quello inerente l’interpretazione degli atti negoziali e quello denunciato sub violazione dell’artt. 115 e/o 116 c.p.c. (cfr. Cass. n. 15205/14, Cass. n. 12227/13), consentito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non equivale alla revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione, in realtà, non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità; ne consegue che risulta del tutto estranea all’ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la Corte di cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti di causa (Cass. 6 marzo 2006 n. 4766; Cass. 25 maggio 2006 n. 12445; Cass. 8 settembre 2006 n. 19274; Cass. 19 dicembre 2006 n. 27168; Cass. 27 febbraio 2007 n. 4500; Cass. 26 marzo 2010 n. 7394; Cass. 5 maggio 2010 n. 10833, Cass. n. 15205/14).

4.- Con il quinto motivo la RAI lamenta la mancata applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5.

Il motivo è fondato.

La L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, ha stabilito che “Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nella L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 8”.

La L. n. 92 del 2012, all’art. 1 comma 13, con chiara norma di interpretazione autentica ha poi disposto: “La disposizione di cui al della L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, comma 5, si interpreta nel senso che l’indennità ivi prevista ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro”.

Le S.U. di questa Corte (sent. n. 21691/2016) hanno stabilito che tale disciplina si applica anche ai giudizi in corso quale che sia l’epoca della sentenza impugnata e del ricorso per cassazione, salvo il limite del giudicato, nella specie insussistente.

La sentenza impugnata deve pertanto cassarsi in ordine alla determinazione della misura risarcitoria, con rinvio ad altro giudice per la sua quantificazione alla luce del predetto L. n. 183 del 2010, art. 32, per il periodo compreso tra la scadenza del termine e la sentenza che ha ordinato la ricostituzione del rapporto (cfr. Cass. n. 14461/15), con interessi e rivalutazione a decorrere dalla detta pronuncia (cfr. Cass. n. 3062/16), oltre che per la determinazione delle spese, comprese quelle inerenti il presente giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il quinto motivo del ricorso e rigetta i restanti. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 agosto 2017

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