Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2020 del 24/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 24/01/2022, (ud. 22/10/2021, dep. 24/01/2022), n.2020

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26562-2020 proposto da:

TECNOCASA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 7,

presso lo studio TONUCCI, rappresentata e difesa dall’avvocato

ARMENIO DONATO;

– ricorrenti –

contro

BANCA POPOLARE di PUGLIA E BASILICATA – SOC. COOP. ARL, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA TREVISO 31, presso lo studio dell’avvocato SAPONARA MARCO,

rappresentata e difesa dall’avvocato TOLENTINO RAIMONDO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 633/2020 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 06/05/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FALABELLA

MASSIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Tecnocasa s.r.l. ha proposto opposizione all’esecuzione intrapresa ai suoi danni da Banca Popolare di Puglia e Basilicata soc. coop. a r.l. per il soddisfacimento del credito di 111.557.590: credito derivante da un mutuo risultante da atto pubblico del 20 dicembre 1994.

Con l’opposizione Tecnocasa ha dedotto, tra l’altro, di vantare, nei confronti della nominata banca, un credito derivante da un conto corrente di corrispondenza; rapporto, questo, che era oggetto di accertamento nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo intercorrente tra le medesime parti, e seguito al provvedimento monitorio pronunciato dal Tribunale di Bari nei propri confronti. Ha esposto che dalla consulenza tecnica espletata nel detto giudizio sarebbe emerso un credito a saldo della società correntista.

Nel contraddittorio con la banca, costituita in giudizio, il Tribunale di Bari ha rigettato l’opposizione all’esecuzione, rilevando -per quanto qui rileva – essere inammissibile l’accertamento del controcredito dell’opponente e insussistenti i presupposti della compensazione, sia legale che giudiziale.

2. – Il gravame proposto da Tecnocasa è stato respinto dalla Corte di appello di Bari con sentenza del 6 maggio 2020.

3. – Tecnocasa ricorre ora per cassazione, facendo valere tre motivi di impugnazione illustrati da memoria. Resiste con controricorso Banca Popolare di Puglia e Basilicata, che pure h:a depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo oppone la nullità della sentenza e del procedimento per erronea interpretazione e lettura degli atti processuali. Con l’atto introduttivo del giudizio di appello — è spiegato – l’odierna ricorrente aveva chiarito che il giudizio ex art. 645 c.p.c. intrapreso a fronte della pronuncia, nei propri confronti, del provvedimento monitorio di cui si è detto, non aveva ad oggetto il credito eccepito in compensazione nel procedimento di opposizione all’esecuzione: sicché la pendenza di quel giudizio non impediva l’accertamento del credito in parola. In particolare, con l’opposizione a decreto ingiuntivo era stato domandata la declaratoria del credito azionato in via monitoria, e non già l’accertamento di crediti dell’opponente.

Il secondo mezzo oppone la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 12 preleggi. Deduce la ricorrente essere coperto da giudicato l’accertamento della circostanza secondo cui Tecnocasa, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, si era limitata a domandare “da rideterrninazione della somma effettivamente dovuta dai debitori” e non anche l’accertamento di sue ragioni creditorie.

Col terzo motivo è lamentata la nullità della sentenza e del procedimento, in relazione all’art. 112 c.p.c.. Viene spiegato che alla data della pronuncia dell’impugnata sentenza non era pendente alcun giudizio che avesse ad oggetto, in tutto o in parte, le domande di merito proposte da Tecnocasa nella controversia avente ad oggetto l’opposizione all’esecuzione. La Corte di Bari avrebbe dovuto quindi pronunciarsi con riguardo a tali domande.

2. – I tre motivi non meritano accoglimento.

2.1. – Come dedotto dalla stessa ricorrente (primo mezzo: pag. 14 del ricorso), con l’opposizione a decreto ingiuntivo era stato domandato di “rideterminare il saldo del conto corrente alla chiusura, sulla base dei tassi di interesse da applicare per l’intera durata del rapporto di conto corrente in accoglimento delle eccezioni esposte”. Tale accertamento implicava necessariamente la verifica dell’an e, in caso positivo, del quantum del credito vantato dall’odierna ricorrente: tant’e’ che, come ricorda la sentenza impugnata, il giudizio di opposizione in questione si è concluso con un accertamento del rapporto di dare e avere tra le parti (anche se nella circostanza non vi era stata pronuncia “sul saldo del conto corrente alla sua chiusura ” e non si era provveduto “sul residuo credito della correntista, stante il difetto di domanda riconvenzionale in tal senso”). Appare quindi senz’altro corretta l’affermazione, resa dalla Corte di appello nell’impugnata sentenza (pag. 6), per cui la domanda di accertamento dell’esatto saldo del conto corrente, previa declaratoria di nullità di una o più clausole contrattuali, mirava “alla individuazione, attraverso la rielaborazione del rapporto, del saldo effettivo, depurato degli addebiti nulli, con conseguente, possibile riduzione dell’esposizione debitoria o, addirittura, passaggio a credito del saldo di conto corrente”.

Ciò detto, secondo un insegnamento da considerarsi pacifico, se è controversa, nel medesimo giudizio instaurato dal creditore principale o in altro già pendente, l’esistenza del controcredito opposto in compensazione, il giudice non può pronunciare la compensazione, neppure quella giudiziale, perché quest’ultima, ex art. 1243 c.c., comma 2, presuppone l’accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale è fatta valere, mentre non può fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall’esito di un separato giudizio in corso e prima che il relativo accertamento sia divenuto definitivo (Cass. Sez. U. 15 novembre 2016, n. 23225; Cass. 4 dicembre 2018, n. 31359).

Nella pendenza del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo non poteva dunque eccepirsi la compensazione del credito vantato dall’odierna ricorrente per il saldo del conto corrente col credito azionato in via esecutiva dalla banca, e portato dal contratto di mutuo.

2.2. – Resta da dire della censura di cui al terzo motivo.

Sul punto si osserva quanto segue.

E’ senz’altro vero che al momento in cui è stata resa la sentenza impugnata il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo era stato definito con pronuncia passata in giudicato (cfr. pag. 4 della decisione della Corte di appello). E’ altrettanto vero, però che la Corte di appello ha ritenuto non indicativo l’accertamento compiuto in quanto la sentenza passata in giudicato non conteneva “una chiara ed espressa pronuncia sul saldo del conto corrente intrattenuto dalla Tecnocasa alla data dell’I 1 aprile 1997” (pronuncia oggetto del ricorso per cassazione, pag. 7). Ora, la ricorrente non impugna detta affermazione. La società istante oppone, invece, che la sentenza impugnata risulterebbe affetta, sul punto, da omessa pronuncia. Il che certamente non e’, visto che la Corte di appello ha preso posizione sulla questione (e cioè sull’eccezione basata sull’intervento della sentenza passata in giudicato, assumendo che questa non conteneva una pronuncia sul saldo del conto: una statuizione, cioè, sull’unico dato che avrebbe potuto assumere rilievo ai fini della compensazione, in quanto rappresentativo di un credito certo, liquido ed esigibile di una parte nei confronti dell’altra.

3. – Il ricorso va dunque respinto.

4. – Le spese di giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6a Sezione Civile, il 22 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2022

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