Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 202 del 09/01/2017

Cassazione civile, sez. II, 09/01/2017, (ud. 16/11/2016, dep.09/01/2017),  n. 202

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24266-2013 proposto da:

P.A., (OMISSIS)” elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

PINTORETTO 88, presso lo studio dell’avvocato CIRO GALIANO,

rappresentato e difeso dall’avvocato CRISTIANO PAGANO;

– ricorrente –

contro

C.R., C.S., C.D.,

CA.DO.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 423/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 12/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/11/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata in data 8.10.1996, P.A. conveniva davanti al Pretore di Termini Imerese C.D., Ca.Do., C.R. e C.S., per sentirli condannare all’eliminazione delle vedute dirette realizzate in violazione delle distanze dalla propria costruzione. Al riguardo, l’attore rilevava: che era proprietario di un vano terraneo con retrostante corte esclusiva in (OMISSIS); che i convenuti erano rispettivamente usufruttuari e nudi proprietari di un fabbricato con cortile avente accesso da via (OMISSIS); che tra i due fabbricati insisteva una strada privata della larghezza di ml. 2,95, gravata da servitù di passaggio a vantaggio di entrambi gli immobili, il cui asse costituiva il confine tra le due proprietà; che i convenuti avevano aperto tre vedute dirette in violazione delle distanze prescritte dalla strada e dalla sua costruzione. Si costituivano i nudi proprietari C.R. e C.S., i quali eccepivano che l’immobile era stato costruito nel 1975, in assenza di prescrizioni urbanistiche e concessioni edilizie; che era stata rispettata la distanza legale delle vedute dal confine di ml. 1,50 prescritta dalle norme del Codice Civile; che, comunque, il diritto a mantenere le vedute si era consolidato in ragione dell’acquisto per usucapione. Per l’effetto, C.R. e C.S. chiedevano il rigetto della domanda attorea e, in via riconvenzionale, l’accertamento dell’acquisto del diritto a mantenere le vedute per intervenuta usucapione o, in via gradata, l’accertamento della regolarità dell’esercizio del diritto di veduta. Veniva espletata una consulenza tecnica d’ufficio e, all’esito, il Tribunale di Termini Imerese (cui il procedimento era stato attribuito a seguito della soppressione dell’ufficio pretorile intervenuta con il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51) rigettava la domanda, sostenendo che le vedute si trovavano ad una distanza di ml. 2,10 dal confine, distanza conforme alle disposizioni codicistiche, poichè non era stato dimostrato che alla data di costruzione dell’immobile vi fosse un regolamento comunale che stabiliva prescrizioni diverse sulle distanze. Veniva, invece, respinta la domanda riconvenzionale di usucapione, in quanto non era stato dimostrato il momento in cui aveva avuto inizio il possesso di dette vedute.

Avverso tale sentenza proponeva appello davanti alla Corte d’Appello di Palermo P.A., il quale deduceva: che nel giudizio di prime cure non era stata dichiarata la contumacia di C.D. e Ca.Do.; che il regolamento edilizio del Comune di (OMISSIS) stabiliva una distanza superiore a quella legale di ml. 1,50; che, pertanto, le vedute erano illegittime. Si costituivano C.R. e C.S., i quali chiedevano il rigetto dell’impugnazione.

Con sentenza n. 423/2013 depositata il 12.03.2013, l’appello era rigettato. In particolare, la pronuncia della Corte di Palermo evidenziava: che la normativa applicabile in tema di distanze legali dal confine era quella del Codice Civile, poichè come emergeva dalla nota del 24.10.2003 a firma dei responsabili dell’area tecnica del Comune di (OMISSIS), il piano di fabbricazione era entrato in vigore nell’anno 1979, mentre la costruzione su cui erano state aperte le vedute risaliva all’anno 1975, sicchè all’epoca di realizzazione dell’abuso non vi era alcuno strumento urbanistico che derogasse alle prescrizioni codicistiche; che, nella specie, era stata dunque rispettata la distanza di ml. 1,50 indicata dall’art. 905 c.c. per le vedute dirette; che i documenti prodotti da parte istante, e in particolare la certificazione del 3.12.2003 del Comune di (OMISSIS), non erano utilizzabili per la decisione, in quanto prodotti tardivamente; che, peraltro, dalla predetta certificazione, sebbene risultasse che nel periodo precedente all’adozione del programma di fabbricazione del 1979 il Comune di (OMISSIS) si avvaleva di un regolamento edilizio con annesso programma di fabbricazione del giugno 1975, non emergeva affatto quale dovesse essere la distanza dei fabbricati dal confine.

Avverso l’indicata sentenza della Corte d’Appello di Palermo ha proposto ricorso per cassazione P.A., articolato su un unico motivo. Gli intimati C.D., Ca.Do., C.R. e C.S. non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del regolamento comunale edilizio del Comune di (OMISSIS), in vigore nel 1975, dell’art. 7 t.u. sugli enti locali e 4 della L. 5 giugno 2003, n. 131, art. 4 nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, per non avere la corte di merito ritenuto conoscibile, oltre ogni termine decadenziale, la normativa secondaria vigente alla data del 1975, quale fonte di diritto integrativa della normativa codicistica.

Il motivo dedotto è fondato nella parte in cui allega la violazione di legge (essendo inammissibile, invece, la censura di insufficiente e contraddittoria motivazione alla luce del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, convertito con nella L. n. 134 del 2012, n. 134).

La sentenza di primo grado aveva sostenuto che il P. non avesse dimostrato che nell’anno 1975, epoca di realizzazione del manufatto da parte dei convenuti, vi fosse un regolamento comunale che derogasse alle norme del Codice Civile in materia di distanze legali, e perciò aveva concluso che la distanza delle vedute dal confine fosse conforme a legge. La Corte d’Appello di Palermo ha ribadito che, trovandosi le denunciate aperture alla distanza di m. 2,10 dalla proprietà P., le stesse rispettassero la distanza minima di un metro e mezzo prescritta dall’art. 905 c.c., essendo tardiva la produzione documentale della certificazione del 3 dicembre 2003 del Comune di (OMISSIS), nella quale comunque emergeva che già prima del 1979 il Comune si avvaleva di un regolamento edilizio con annesso programma di fabbricazione approvato nel giugno 1975, senza che, peraltro, tale certificato chiarisse quale distanza dovesse tenere il fabbricato dal muro di confine.

Come da questa Corte più volte affermato, la disciplina della distanza delle vedute dal confine, in quanto finalizzata alla tutela del mero interesse privato alla salvaguardia del fondo vicino dalle indiscrezioni dipendenti dalla loro apertura, trova la sua fonte esclusivamente nell’art. 905 c.c. (che richiede una distanza di un metro e mezzo), norma che, a differenza di quanto stabilito dall’art. 873 c.c., non può ritenersi integrata da eventuali regolamenti locali in tema di distanze, salvo che la maggior distanza delle costruzioni, prevista dai regolamenti locali, sia riferita specificamente al confine, nel qual caso le norme regolamentari regolano anche la distanza delle vedute dal confine (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4967 del 12/03/2015; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18595 del 29/10/2012; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2765 del 26/02/2001).

L’errore della Corte d’Appello di Catania sta nell’aver subordinato l’applicabilità alla fattispecie di causa del regolamento edilizio del 1975 alla tempestiva produzione di un documento, proveniente dalla parte, che “certificasse” quale distanza dovesse separare i fabbricati dal confine. E’ vero, invece, che le prescrizioni dei piani regolatori generali e degli annessi regolamenti comunali edilizi che disciplinano le distanze nelle costruzioni, anche con riguardo ai confini, in quanto integrative del codice civile, hanno valore di norme giuridiche di natura secondaria, sicchè il giudice, in virtù del principio iura novit curia, deve acquisirne diretta conoscenza d’ufficio, quando la violazione di queste sia dedotta dalla parte (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14446 del 15/06/2010; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 25501 del 02/12/2014). Pertanto, nessuna preclusione o insufficienza istruttoria avrebbe potuto impedire alla Corte di merito siffatta conoscenza, in ragione della natura delle norme regolamentari richiamate. Il giudice di merito avrebbe dovuto prendere in considerazione tali riferimenti regolamentari al fine di verificare la vigenza all’epoca della costruzione oggetto di lite di un regolamento locale in tema di distanze idoneo a disciplinare anche la distanza delle vedute dal confine.

Conseguono l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Palermo, la quale procederà a riesaminare la causa uniformandosi ai rilievi svolti ed ai principi affermati. Al giudice di rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2017

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