Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20199 del 07/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 07/10/2016, (ud. 25/05/2016, dep. 07/10/2016), n.20199

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9602-2013 proposto da:

LABOR DI Z.M. & CO SAS, (OMISSIS), in persona del socio

accomandatario e legale rappresentante pro tempore, Sig.

Z.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A CALDERARA 41, presso

lo studio dell’avvocato GUERRIERO PIERLUIGI E ORTENZI VANNA,

rappresentata e difesa dagli avvocati ANTONIETTA CARRETTA, GIUSEPPE

PICCOLI giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE RINGLER SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore T.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

DI PRISCILLA 4, presso lo studio dell’avvocato STEFANO COEN, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati POBITZER HANSJORG,

STEPHAN VALE giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 87/2012 della CORTE D’APPELLO di TRENTO –

SEZIONE DISTACCATA di BOLZANO, depositata il 16/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/05/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

udito l’Avvocato PIERLUIGI GUERRIERO per delega;

udito l’Avvocato BEATRICE RIZZACASA per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Labor di Z.M. & Co. s.a.s. proponeva opposizione al di. n. 515/2006 emesso dal Tribunale di Bolzano con il quale le era stato ingiunto il pagamento, in favore della Immobiliare Ringler S.r.l., di Euro 35.190,25, di cui Euro 32.055,25 a titolo di canoni di locazione ed Euro 135,00 per spese notarili per la formazione di estratto conto autentico, oltre interessi convenzionali e spese legali.

Il d.i. in parola era stato emesso su istanza della società opposta, la quale aveva dedotto che, con contratto stipulato nel (OMISSIS), aveva concesso in locazione ad uso commerciale una unità immobiliare sita in (OMISSIS) alla opponente (già Labor Omnia Vicit di Z.M. & Co. S.a.s.), la quale, dal (OMISSIS), aveva ceduto il ramo aziendale sito nel predetto immobile alla Euro Commercium S.r.l. che era subentrata nel predetto contratto di locazione, senza che la locatrice, resa edotta della cessione, avesse liberato la società cedente, che la cessionaria era fallita con sentenza del 22 dicembre 2005 del Tribunale di Bolzano, sicchè, in applicazione della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 36 la cedente era solidalmente obbligata per le obbligazioni inerenti al contratto di locazione non adempiute da parte della Euro Commercium S.r.l. per complessivi Euro 35.055,25, oltre interessi convenzionali

L’opponente chiedeva, per quanto ancora rileva in questa sede, la revoca del di. e,in via riconvenzionale, la condanna dell’opposta al risarcimento dei danni nonchè alla refusione dei pagamenti asseritamente indebiti, il tutto per complessivi Euro 80.981,25.

Tribunale adito con sentenza n. 434/2010 ritenendo, tra l’alto, che, ai sensi della L. n.392 del 1978, art. 32 le variazioni in aumento del canone non potevano essere superiori al 75% di quelle accertate dall’ISTAT, e che, pertanto, l’importo azionato a titolo di canoni andava ridotto di Euro 2.274,87, come determinato dal CTU, revocava il d.i. e condannava l’opponente al pagamento della minor somma di Euro 32.780,33, oltre spese legali.

Avverso tale decisione la Labor di Z.M. & Co. s.a.s. proponeva appello, cui resisteva l’appellata che proponeva, a sua volta, appello incidentale in ordine al mancato riconoscimento degli interessi convenzionali di cui al punto 2 del contratto di locazione.

La Corte di appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano, con sentenza depositata il 16 giugno 2012, disattendendo tutti i motivi dell’appello principale e accogliendo l’appello incidentale, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava la Labor di Z.M. & Co. s.a.s. a corrispondere, all’Immobiliare Ringler S.r.l., l’importo di Euro 32.780,33 con gli interessi convenzionali dalle scadenze indicate nelle singole fatture al saldo, confermava nel resto l’impugnata sentenza e condannava l’appellante principale alle spese di quel grado ed alle successive spese occorrende, come precisato nel dispositivo di quella sentenza.

Avverso la decisione della Corte di merito la Labor di Z.M. & Co. s.a.s. ha proposto ricorso per cassazione basato su sette motivi e illustrato da memoria.

Immobiliare Ringler srl ha resistito con controricorso e ha poi depositato documenti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità del deposito dei documenti effettuato dalla resistente, non trattandosi di documenti relativi all’ammissibilità del ricorso, diversamente da quanto previsto dall’art. 272 c.p.c., norma peraltro espressamente invocata dalla predetta parte nella nota datata 3 maggio 2016.

2. Con il primo motivo si lamenta “Erronea interpretazione e applicazione della L. n. 392 del 1978, artt. 27, 28 e 36 e dell’art. 1598 c.c. in ordine alla durata del contratto di locazione commerciale ceduto da paste opponente alla società terza Eurocommercium S.r.l. e in ordine alla connessa estensione, che cessa allo spirare della scadenza del contratto ceduto, della responsabilità sussidiaria del cedente”.

3. Il secondo motivo è rubricato “Erronea interpretazione delle norme della L. n. 392 del 1978, artt. 32 e 79 in ordine alla ritenuta conformità a tali norme della clausola del contratto di locazione de quo che prevede, a partire dal secondo anno di durata, aumenti progressivi del canone iniziale in misura eccedente il 75% dell’indice di svalutazione FOI; illogicità e contraddittorietà della motivazione resa al riguardo”.

4. Con il terzo motivo si deduce “Erronea interpretazione e applicazione delle norme degli artt. 99, 112 e 167 c.p.c. in relazione all’art. 1421 c.c. e L. n. 392 del 1978, artt. 32 e 79 nell’aver il giudice a quo denegato la declaratoria ex officio della nullità della clausola del contratto de quo relativa all’esigibilità automatica dell’adeguamento secondo l’indice FOI senza necessità di richiesta, per la ragione che siffatta pronuncia avrebbe comportato l’andare ultra petitum, non avendo la parte opponente contestato tempestivamente la validità della clausola in parte qua, dovendosi essa pertanto dare per pacifica ai sensi dell’art. 167 c.p.c.”.

5. Con il quarto motivo si lamenta “Erronea applicazione degli artt. 99, 100, 101 c.p.c. e art. 339 c.p.c. e sgg., per non essersi la Corte territoriale pronunciata in alcun modo circa il motivo di doglianza concernente l’erroneità della statuizione della sentenza del Tribunale, là ove essa indica in Euro 2.274,87 le maggiori somme percepite al locatore per effetto della rivalutazione del canone secondo il 100% dell’indice FOI, anzichè secondo il 75%, limite massimo ammissibile. Carenza assoluta, o, eventualmente contraddittorietà di motivazione su un punto decisivo della controversia in parte qua”.

6. Con il quinto motivo si lamenta “Erronea applicazione degli artt. 99, 100, 101 c.p.c. e art. 339 c.p.c. e sgg, per non essersi la Corte territoriale pronunciata in alcun modo circa motivo di doglianza concernente l’illegittimità della pretesa di spese condominiali di Euro 1.714,41, illegittimità sulla quale anche la sentenza del Tribunale non si era pronunciata, ovvero comunque aveva di fatto respinto la doglianza senza motivazione alcuna. Carenza assoluta, o, eventualmente, contraddittorietà di motivazione su un punto decisivo della controversia in parte qua”.

7. Con il sesto motivo si censura la sentenza impugnata per “Illegittima interpretazione degli artt. 1408, 1219 e 1454 c.c., in relazione alla L. n. 392 del 1978, art. 36 contraddittorietà ed illogicità di motivazione al riguardo”.

8. Con il settimo motivo si lamenta “Illegittima interpretazione e applicazione della L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 2, art. 1284 c.c. e art. 644 c.p.. Contraddittorietà della motivazione”, e tanto in relazione all’interesse moratorio convenzionale preteso dalla convenuta.

9. Tutti i motivi del ricorso proposti sono inammissibili ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, poichè con gli stessi la parte ricorrente fa sia espresso che comunque sostanziale riferimento al contratto intercorso tra le parti, sul quale sono fondate tutte le censure proposte, ma dal ricorso non si evince quando tale contratto sia stato depositato e dove attualmente si trovi, onde poterlo rinvenire, nè peraltro risulta – in violazione del cd. principio di autosufficienza del ricorso – riprodotto o comunque specificato il contenuto della documentazione che si assume prodotta dalla controparte ai fini monitori e di cui al quinto motivo.

Questa Corte ha più volte affermato il principio, che va in questa sede ribadito, secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto; tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimità (Cass., sez. un., 2 dicembre 2008, n. 28547).

In particolare, questa Corte ha precisato che in tema di ricorso per cassazione, l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, oltre a richiedere l’indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto; tale prescrizione va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per cui deve ritenersi, in particolare, soddisfatta: a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purchè nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile; b) qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o lo produca senza documento; c) qualora si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od all’ammissibilità del ricorso (art. 372 c.p.c.) oppure di documento attinente alla fondatezza del ricorso e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l’esaurimento della possibilità di produrlo, mediante la produzione del documento, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito del ricorso (Cass., sez. un., ord., 25 marzo 2010, n. 7161).

A quanto precede va pure aggiunto che la parte ricorrente neppure si è attenuta, in ricorso, a quanto indicato dall’art. 366 c.p.c., n. 3 che prescrive la sola esposizione sommaria dei fatti di causa.

10. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.

11. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

12. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori, come per legge, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 25 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2016

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