Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20193 del 15/07/2021

Cassazione civile sez. I, 15/07/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 15/07/2021), n.20193

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 17479/2019 r.g. proposto da:

A.A.M., rappresentato e difeso, giusta procura speciale

apposta in calce al ricorso, dall’avvocato Stefania Santilli, presso

il cui studio in Milano, via Lamormora n. 42, è elettivamente

domiciliato;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Milano, depositato in data

18.4.2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/2/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con il decreto impugnato il Tribunale di Milano ha respinto la domanda di protezione internazionale ed umanitaria avanzata da A.A.M., cittadino del Ghana, dopo il diniego di tutela da parte della locale commissione territoriale, confermando, pertanto, il provvedimento reso in sede amministrativa.

Il tribunale, premesso che il richiedente aveva riferito di essere stato costretto a fuggire dal suo paese perché, in seguito ad una contesa familiare per la proprietà di un terreno, era stato aggredito da quattro persone, ne aveva ucciso una ed era ricercato dalla polizia, ha ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, sub art. 14, lett. a) e b), in ragione sia della complessiva valutazione di non credibilità del racconto, che risultava per molti aspetti non plausibile e lacunoso, sia della mancata allegazione di atti di persecuzione; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), per l’assenza di un rischio-paese riferito al Ghana collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela nemmeno sotto il profilo della protezione umanitaria, perché il ricorrente non aveva dimostrato un saldo radicamento nel contesto sociale italiano.

2. Contro il decreto, pubblicato il 18.4.2019, A.A.M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27 e degli artt. 2 e 3 Cedu, nonché omesso esame di fatti decisivi, lamentando che il tribunale abbia escluso la ricorrenza di atti di persecuzione nei suoi confronti e non abbia attivato i suoi poteri istruttori d’ufficio per acquisire informazioni sulla situazione politico-economico giudiziaria in cui versa il Ghana.

2. Con il secondo mezzo, che deduce violazione e falsa applicazione di numerosissime norme di legge nonché violazione dei parametri normativi dettati per la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c e per la definizione di danno grave, ribadisce che il giudice non ha adempiuto al proprio dovere di acquisire informazioni sulla situazione del suo Paese d’origine.

3. Con il terzo motivo censura il provvedimento impugnato per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2 e art. 10 Cost., comma 3, nonché per vizio di motivazione apparente e per omesso esame di fatto decisivo, in relazione al rigetto della domanda protezione umanitaria.

4. Il ricorso è inammissibile.

4.1 Il primo e il secondo motivo (che prospettano analoghe questioni e possono essere esaminati congiuntamente) sono inammissibili perché le censure in essi formulate non si confrontano con la principale ratio decidendi posta a sostegno del rigetto delle domande di status e di protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, lett. a) e b), costituita dall’accertata inattendibilità del racconto; la mancata impugnazione di tale ratio, rende inammissibile anche la doglianza sollevata in riferimento alla violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, comma 3, non avendo il giudice del merito obbligo di approfondimento istruttorio officioso in ordine alla situazione generale del Paese d’origine del richiedente asilo qualora ritenga in radice non credibili le sue dichiarazioni (fra molte, Cass. nn. 32028/2018, 17850/2018, 16295/2018, 7333/2015).

4.2 Il terzo motivo è del pari inammissibile perché il giudice del merito ha indicato le ragioni di fatto poste a fondamento della statuizione di rigetto della domanda di protezione umanitaria (mancata integrazione del richiedente in Italia; insussistenza di un pericolo di veder compromessi i suoi diritti fondamentali in caso di rientro nel Paese di origine, dove ha lasciato moglie e figli e dove potrebbe godere dell’appoggio anche di fratelli e sorelle) e le censure, lungi dall’indicare il fatto decisivo e controverso non esaminato dal tribunale che, ove considerato, avrebbe potuto condurre ad una diversa decisione, si risolvono in argomentazioni astratte, totalmente prive di qualsivoglia specifico riferimento alla motivazione che sorregge il capo della pronuncia impugnato.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2021

 

 

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