Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20191 del 18/08/2017


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Cassazione civile, sez. I, 18/08/2017, (ud. 05/07/2017, dep.18/08/2017),  n. 20191

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

FALLIMENTO (OMISSIS) in liq. s.r.l., in persona del cur.fall. p.t.,

rappr. e dif. dall’avv. Francesco Macario, elett. dom. presso lo

studio di questi, in Roma, in Lungotevere Marzio n.1, come da

procura a margine dell’atto;

– ricorrente –

contro

STONE PROJECT s.r.l., in persona del l.r.p.t., rappr. e dif.

dall’avv. Fortunato Caldarella, elett. dom. presso lo studio

dell’avv. Antonio Ieradi, in Roma, via Crescenzio n. 25, come da

procura a margine dell’atto;

– controricorrente e ricorrente in via incidentale –

per la cassazione del decreto Trib. Foggia 14.6.2012, n. 112/2011,

R.G. 112/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 5 luglio 2017 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;

uditi gli avvocati A. Canon per il ricorrente e F. Vacca per il

controricorrente;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e l’inammissibilità del ricorso incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liq. (Fallimento) impugna il decreto Trib. Foggia 14.6.2012, n. 112/2011, R.G. 112/2011, con cui veniva parzialmente accolta l’opposizione allo stato passivo di Stone Project s.r.l. (Stone) avverso il mancato accoglimento senza riserva – da parte del giudice delegato – della propria domanda di rivendicazione e restituzione di terreno e di impianto di frantumazione inerti, mentre la stessa veniva rigettata (così confermando il relativo decreto del g.d.) quanto a parallela istanza L. Fall., ex art. 103 di beni mobili descritti in fattura n. (OMISSIS) emessa da un terzo ((OMISSIS)).

2. Il tribunale riteneva così di dover superare la riserva “dell’esito delle azioni di simulazione e revocatoria che la curatela si accinge ad instaurare” apposta dal g.d. in sede di formale accoglimento della rivendica del terreno e poi il rigetto quanto al citato impianto, motivato sulla vendita da altra società (Tecnoecology s.r.l.) alla fallita, considerando ammissibile la domanda (avendo Stone prospettato di essere proprietaria e a tale titolo richiedente la restituzione) e per essa i nuovi documenti (depositati con l’opposizione) e dunque precisando che: a) la atipicità della riserva apposta alla domanda relativa al terreno doveva considerarsi d’ufficio tamquam non esset, tanto più che nel caso lo scioglimento non rinviava all’esito di una controversia pendente al momento del deposito dello stato passivo, bensì di un giudizio ancora da instaurare dal curatore ed anzi riconnesso ad azione (revocatoria) intrapresa solo dopo e dal curatore del distinto fallimento di P.A. (socia di entrambe le società e che avrebbe venduto beni non suoi alla Stone e comunque girato danaro della (OMISSIS)); b) parimenti andava accolta la rivendica dell’impianto in base al principio di accessione, trattandosi di costruzione infissa al suolo ed unicum divenuto inscindibile; c) il rigetto doveva mantenersi quanto ai beni asseritamente acquistati dalla P., poichè acquisiti dal curatore presso la sede effettiva della società fallita, come emerso in altro procedimento di reclamo avanti al tribunale in punto di sigillazione dei beni e con riguardo ad un mutuo garantito da privilegio su quei beni a favore di una banca e dei patti parasociali, non avendo in tema l’opponente superato la prova di cui all’art. 619 c.p.c. della proprietà e dell’affidamento, allo scopo essendo inidonei fattura ed estratti contabili.

3. Il ricorso è affidato a tre motivi, cui resiste Stone con controricorso e ricorso incidentale su un motivo. Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente in via principale deduce la violazione di legge, quanto alla L. Fall., art. 103 e 96, avendo il decreto erroneamente applicato i principi attinenti alla prova della proprietà rivendicata dal terzo verso il fallimento e parimenti disatteso, per la specificità del caso, la possibilità giuridica di ammissione con riserva a fronte di radicale contestazione del diritto stesso da parte dell’organo concorsuale, semmai applicandosi quella regola di tipicità solo all’ammissione di crediti pecuniari.

2. Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 934 c.c., nonchè il vizio di motivazione, per avere il tribunale mancato di escludere l’effetto acquisitivo nonostante molteplici indici negoziali che avrebbero dovuto condurre a significare la realizzazione dell’impianto da parte di un terzo soggetto (Tecnoecology s.r.l.), che l’aveva costruito con materiali e sulla base di rapporti contrattuali, in forza di una concessione ad aedificandum ad effetti obbligatori, così trasformandosi il “terreno” nel diverso bene “impianto”.

3. Con il terzo motivo, si deducono violazione della L. Fall., artt. 99, artt. 115 e 116 c.p.c., art. 97 disp att. c.p.c., oltre che vizio di motivazione, quanto alla pretesa sufficienza e chiarezza dei motivi dell’opposizione accolta.

4. Il ricorrente in via incidentale deduce con unico complesso motivo la violazione della L. Fall., art. 103 e dell’art. 621 c.p.c., oltre al vizio di motivazione, avendo erroneamente il decreto assunto il luogo di rinvenimento dei beni rivendicati quale sede effettiva della fallita e per conseguenza regolato l’onere della prova a carico della rivendicante, anche con riguardo a documenti invero ammissibili perchè integrativi di quelli prodotti in sede di opposizione e benchè inseriti nel processo solo con la costituzione di nuovo difensore.

5. Il primo motivo è infondato. Nel nostro ordinamento concorsuale, e con maggior nettezza dopo la riforma del D.Lgs. n. 5 del 2006, le ammissioni al passivo con riserva – unica questione esaminabile, stante la mancata contestazione sul punto, avanti al tribunale, del fallimento reclamato – restano disciplinate, tanto per le domande di credito che per quelle dirette alla restituzione ovvero alla rivendica di un bene, anche immobile, da un unico regime, qualificato per la tassatività delle fattispecie, in parte rinviante ai “casi stabiliti dalla legge” ed in altra parte alle tre classi di cui alla L. Fall., art. 96, comma 2. Non entrano invero nella norma considerazioni più elastiche facoltizzanti il giudice (delegato o collegiale) ad assumere le conseguenze – di mera difficoltà pratica – connesse ad una retrocessione del bene riconsegnato ove un diverso accertamento giudiziale della sua spettanza neghi l’originaria pretesa, una volta riconosciuta nella unitaria sede della verifica del passivo e dei diritti reali dei terzi.

6. Ove pertanto gli organi concorsuali dubitino della pienezza dominicale (o del diritto alla restituzione) quale insinuata dal terzo nel fallimento, il provvedimento riflettente tale non sufficienza di prova è, propriamente, il diniego dell’ammissione stessa. Nella vicenda, l’apposizione originaria della riserva riguardò l’esito di un giudizio del tutto generico ancora da promuovere e che, in ipotesi di successo, avrebbe determinato solo in modo indiretto la rimozione del titolo per il quale Stone agiva, rivendicando questa un terreno acquistato per rogito notarile e riferendosi la medesima decretazione del giudice delegato ad un’iniziativa – per come accertato in sede di reclamo – attivata dopo il deposito dello stato passivo di (OMISSIS) e per di più dal curatore fallimentare del fallimento di un terzo. La circostanza, di per sè (e anche non considerando il rigetto della domanda del fallimento P., con statuizione passata in giudicato in base alla produzione documentale a corredo della memoria), preclude una ulteriore riflessione in ordine alla atipicità ed inammissibilità della citata riserva, correttamente rimossa ex officio dal tribunale perchè del tutto estranea anche ad ogni generosa dilatazione, si osserva, della condizionalità di cui alla L. Fall., art. 96, comma 2, n. 1, che semmai concerne il “credito” (lato sensu comprensivo del diritto fatto valere con l’insinuazione) e non la “azione” (cui sembra tuttora riferirsi il motivo) e che come non vale per la domanda (Cass. 7297/2015), nemmeno opera – per identità di ratio – per la decisione che ciononostante regoli in siffatta dipendenza l’ammissione. Quest’ultima, ove così disposta, va pertanto considerata quale tout court di accoglimento del diritto fatto valere, rimossa la riserva inammissibile.

7. Il secondo motivo è inammissibile, apparendo incontroverso che l’impianto di frantumazione rivendicato dalla Stone (ed allegato quale diverso da quello asseritamente allestito da terzi, per essere stato piuttosto il risultato di un autonomo investimento quale proprietaria del fondo) era stato apprezzato dal tribunale, in ciò risolvendosi la motivazione di accoglimento del reclamo, quale inscindibilmente connesso al suolo, secondo la nozione di “costruzione” in accessione di cui all’art. 934 c.c., operante ipso jure (Cass. 3103/1987, 13215/2006) e dunque sulla base di una valutazione di mero fatto, non censurabile in questa sede. Invero il motivo, oltre ad opporre rilievi documentali genericamente ascritti a fasi pregresse del giudizio o del più ampio contenzioso ma non riportati specificamente, non si concentra nemmeno sulla assorbente ratio decidendi per la quale l’impianto era divenuto un tutt’uno con il terreno e dunque esso stesso costruzione. Nè dalle generiche allegazioni di dubbio circa l’apporto di terzi alla predetta costruzione può discendere il più sicuro superamento della rilevabilità del difetto d’interesse del ricorrente che non ha con maggior chiarezza ricostruito una certa situazione dominicale in capo alla fallita, quale più corretta condizione di rigetto della domanda e nemmeno infine essendo dato intravvedere come la generica “rete negoziale” con terzi avrebbe potuto condurre ad un diverso diritto reale incompatibile con quello oggetto della domanda della società già proprietaria del suolo.

8. Il terzo motivo è inammissibile, posto che le rationes decidendi alla base dell’accoglimento del reclamo (inapponibilità della riserva atipica e accessione della costruzione al suolo) hanno assunto portata esplicitamente assorbente rispetto ad ogni altra produzione documentale, divenendo così carente di interesse, in questa sede, la parte che deduca un vizio nell’acquisizione di quegli elementi.

9. Il ricorso incidentale è inammissibile, per ciascuno dei profili denunziati, posto che: a) quanto ai documenti prodotti tardivamente e tali ritenuti in decreto, il ricorrente omette di precisarne il tenore, e dunque ogni decisività e in ogni caso si tratta di produzione correttamente non acquisita al materiale di valutazione, posta la delimitazione processuale più volte ribadita da questa Corte avuto riguardo al deposito del ricorso (Cass.15037/2016); b) l’apprezzamento espresso dal giudice del merito, condotto sia sul fatto della effettività della sede della fallita, sia sulla mancata prova, ad opera del terzo rivendicante, del titolo non dominicale in capo alla fallita e nonostante il rinvenimento nella relativa disponibilità apparente e della proprietà di chi agisce, si è sostanziato in una valutazione in questa sede insindacabile, trattandosi di censura condotta sulla motivazione e per sostituirvi una diversa conclusione a sè favorevole; c) la decisione si è poi conformata al principio per cui “in tema di rivendicazione di beni mobili rinvenuti nella casa o nell’azienda del fallito ed acquisiti dal curatore, incombe sul ricorrente, L. Fall., ex art. 103, l’onere di dare dimostrazione del proprio diritto sui medesimi beni, trovando applicazione il regime probatorio previsto dall’art. 621 c.p.c., che sebbene si riferisca espressamente soltanto alla prova per testimoni, trova applicazione anche alla prova presuntiva, in virtù del richiamo contenuto nell’art. 2729 c.c.”. (Cass. 23215/2012).

10. Il ricorso principale va dunque rigettato, dichiarato inammissibile l’incidentale, con condanna alle spese del procedimento secondo la regola della soccombenza, compensate per un terzo e liquidazione come da dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente procedimento, liquidate in finali Euro 6.200 (di cui Euro 200 per esborsi), già computate secondo la compensazione per un terzo, oltre al 15% a forfait sui compensi e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 agosto 2017

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